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Il contratto di distribuzione commerciale

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(@antonio-pagano)
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Una nuova tipologia di contratto nata nella prassi commerciale

Come può fare un imprenditore a vendere i propri servizi o beni senza curarsi direttamente della vendita?

Il fenomeno della distribuzione commerciale su larga scala ha generato tutta una serie di accordi che consentono al produttore di raggiungere il consumatore finale dei beni o dei servizi prodotti senza occuparsi della loro vendita.

Il contratto di distribuzione commerciale ha risposto a questa esigenza; si tratta di un contratto di creazione giurisprudenziale che non è ad oggi ancora oggetto di una espressa regolamentazione legislativa.

Esso si atteggia a “contratto quadro”, all’interno del quale il concedente (o fornitore) ed il concessionario (o distributore) concludono una serie di contratti di vendita.

Assume la struttura di contratto misto, a metà tra il contratto di compravendita ed il contratto di mandato.

Le origini del contratto: il contratto estimatorio e di somministrazione

Nelle prime forme insorte secondo gli schemi negoziali tipici del Codice Civile, la funzione del mandato era prevalente: ciò che veniva affidato all’altro contraente era il concludere dei contratti.

Tipica espressione di questa collaborazione tra produttore e distributore è il contratto estimatorio [1], a mezzo del quale un soggetto consegna ad un altro uno o più beni con l’obbligo di pagarne il prezzo al momento della vendita al cliente finale.

Il contratto estimatorio, conosciuto anche come contratto in conto vendita, è quello per esempio che viene utilizzato da chi ha un’edicola, un negozio di abbigliamento, una libreria o un negozio di oggetti usati: in esso il negozio (cioè colui che vende al dettaglio) incasserà il prezzo finale e pagherà all’artigiano il prezzo di fornitura pattuito, mentre se la merce non sarà venduta sarà restituita all’artigiano entro il termine pattuito.

Chiaramente in tale forma, è ancora il produttore (o artigiano o concedente) che si assume il rischio della vendita, potendo il distributore liberarsi dell’obbligo di pagarne il prezzo laddove il bene resti invenduto e sia restituito nel termine.

Anche il contratto di somministrazione [2] si presta ad essere adoperato ai fini della rivendita dei beni oggetto di somministrazione periodica (tipico esempio, le energie); ma – sebbene sia presente una forma di collaborazione, impegnandosi colui che riceve tali beni (cosiddetto somministrato) a promuoverne anche la vendita – è e resta un contratto di vendita, che è indirizzato ad un utente finale.

Tratti distintivi del contratto di distribuzione commerciale

Il contratto estimatorio non assolveva la funzione né realizzava lo scopo del produttore, che è quello di vendere i beni prodotti direttamente ad un distributore, senza raggiungere il consumatore finale, alla pari del contratto di somministrazione, che si rivolge anch’esso all’utente finale.

Serviva quindi una tipologia di accordo che assolvesse alla funzione descritta, cioè vendere i propri beni e servizi, non curandosi della vendita all’utente finale ed anche scaricando sul distributore il rischio d’impresa.

Non è tanto la gestione a proprio rischio a caratterizzare il contratto di distribuzione, visto che alle volte il distributore potrebbe avere come unico o prevalente fornitore quel determinato produttore.

E neppure l’esclusiva, visto che spesso vi è una rivendita autorizzata da parte del produttore solo nei confronti di alcuni distributori; da questo punto di vista si distingue questa forma appena vista rispetto ad esempio al franchising, che comporta non solo un’esclusiva sulla vendita di un determinato bene o servizio, ma anche l’utilizzo del brand, il know how, l’insegna, il logo, ect.

A caratterizzare questo contratto è esattamente la caratteristica anzi detta e cioè il volere il concedente (produttore, artigiano o fornitore che sia) piazzare e vendere i propri servizi o beni senza raggiungere il consumatore finale.

In questa ottica si spiegano le clausole, sempre ricorrenti in tale tipologia di contratto, di acquisto di quantità minime di prodotto o riserva di scorte in magazzino: pertanto, il produttore si accorderà col distributore sul fatto che quest’ultimo dovrà acquistare determinati quantitativi di prodotto, con un pagamento che seguirà cadenze diverse da quelle della vendita al dettaglio.

A caratterizzare questo contratto è il fatto di isolare le varie fasi della distribuzione del prodotto: più il fornitore è di grandi dimensioni o occupa grosse fette di mercato, maggiori saranno i passaggi della distribuzione: è chiaro che una multinazionale, con brand mondiale e mercato globale, avrà un proprio distributore continentale, che al di sotto avrà dei distributori nazionali, fino ad arrivare ai negozi che vendono direttamente al consumatore.

Un produttore locale, artigianale, viceversa, per la peculiarità o la limitazione territoriale della sua produzione, avrà uno o più distribuzioni locali o, magari, potrà vendere all’estero tramite un distributore che curi anche un’attività di import/export.

A tale funzione prevalente, spesso può associarsi anche un’attività promozionale da parte del distributore: pertanto quest’ultimo, nel rifornirsi del prodotto (che pagherà a scadenze ed ovviamente a prezzi diversi dall’utente finale) si farà anche carico di far conoscere il prodotto, ampliandone platea di compratori e diffusione sul territorio assegnatogli.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Antonio Pagano

 
Pubblicato : 16 Novembre 2023 18:00