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Il capo non ha sempre ragione: cosa dice la legge?

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(@antonio-pagano)
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Una rassegna sulle principali tipologie di ordini illegittimi.

Tutti quanti conosciamo la famosa frase “il capo ha sempre ragione”. Ma è sempre così?

Ovvero esistono dei casi in cui ci si può opporre o rifiutare un ordine illegittimo?

Esaminiamo i più ricorrenti in maniera approfondita.

Forze dell’ordine

Ed iniziamo da quello più evidente: le forze dell’ordine.

Anzitutto l’articolo 51 del codice penale statuisce che l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità esclude la punibilità.

Pertanto chi adempie ad un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo proveniente da una Pubblica Autorità non può essere punito.

Ma cosa accade se un superiore gerarchico impartisce un ordine illegittimo? Il sottoposto è tenuto ad eseguirlo comunque o può legittimamente rifiutarsi? E nel caso vi ottemperi, ne risponde congiuntamente al superiore che l’ha impartito?

La legge stabilisce che qualora un fatto costituente reato venga commesso per ordine dell’Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine.

La normativa impone 2 condizioni per la non punibilità del sottoposto:

  1. risponde del reato anche chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo [1].
  2. non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.

Quindi o colui che riceve l’ordine ha errato sul fatto che fosse legittimo o non aveva alcuna possibilità di valutarlo (si pensi ad esempio ad ordini impartiti in tempo di guerra: davvero difficile compiere una valutazione di legittimità in tali circostanze).

Nello specifico, la normativa militare conosce delle eccezioni ancora più evidenti: il militare al quale è impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisca comunque manifestamente reato, ha il dovere di non eseguire l’ordine e di informare al più presto i superiori.

Quindi, nel caso in cui l’ordine sia di tipo sovversivo, il militare non solo ha il dovere di non eseguire l’ordine, ma deve attivarsi per impedire che venga eseguito [2].

In tale ultima ipotesi, ad esempio, è certo che il militare risponda dell’ordine illegittimo congiuntamente al superiore che l’abbia impartito.

Ordini illegittimi in rapporti di lavoro subordinato

Ma al fuori di questi casi particolari, più comunemente, nei rapporti di lavoro a carattere subordinato, cosa accade?

Tra i doveri che contraddistinguono il rapporto di lavoro a carattere subordinato v’è quello di obbedienza, ossia di fedele e puntuale esecuzione delle direttive, così come impartite dal datore di lavoro.

Tuttavia, anche qui, il lavoratore è legittimato a non eseguire quegli ordini illeciti e contrari alle norme ed ai principi del nostro ordinamento che possano comportare una responsabilità penale dell’esecutore.

Le casistiche in tali fattispecie si sprecano.

In un’interessantissima pronuncia [3], la Cassazione – confermando le sentenze dei giudici di merito – riteneva responsabile in solido col datore di lavoro quel dipendente che modificava, su ordine del proprio superiore gerarchico, la data di scadenza riportata su alcune confezioni di un prodotto alimentare.

Il lavoratore si difendeva sostenendo di aver adempiuto all’ordine nel timore di ripercussioni negative sul proprio lavoro e sulla propria occupazione, invocando lo stato di necessità; ma la Suprema Corte negava la scriminante [4] dello stato di necessità, di cui all’art. 54 c.p., sostenendo che tale pericolo di ritorsioni potesse essere facilmente evitato denunziando la condotta illecita del superiore all’Autorità Giudiziaria o denunciandolo ad altri superiori gerarchici.

Pertanto deduciamo che non solo nel campo della sicurezza e difesa nazionale, ma anche in quello della salute pubblica (in campo alimentare in primis) un ordine illegittimo può essere rifiutato e, nel caso contrario di adempimento, v’è corresponsabilità da parte di chi lo esegua.

L’ordine illegittimo nel pubbligo impiego

E come non citare un esempio di rifiuto ad ordine illegittimo in tema di pubblico impiego.

Con particolare riferimento all’ambito dell’impiego pubblico, si parla addirittura di “diritto/dovere di rimostranza”, in forza del quale il dipendente pubblico ha la facoltà, laddove gli venga impartito un ordine di servizio sulla cui liceità sia in legittimo dubbio, di opporsi alla sua esecuzione, senza subire le conseguenze di quello che, formalmente, potrebbe essere letto come un inadempimento dei propri obblighi lavorativi.

In tale ottica, ad esempio, veniva condannato (e conseguentemente legittimamente licenziato) quel dipendente pubblico che aveva contabilizzato dei lavori mai eseguiti, seppur adempiendo ad un ordine che gli proveniva da un superiore in scala gerarchica [5].

A nulla vale per il lavoratore trincerarsi dietro la scusante di aver adempiuto ad un ordine impartitogli da un superiore: in più di un caso, difatti, la Cassazione ha ritenuto prevalente la valutazione che il dipendente deve compiere nel valutare la legittimità dell’ordine impartito, anteponendolo alla necessità di eseguirlo.

In una passata pronuncia [6] l’Agenzia delle entrate intimava il licenziamento per giusta causa ad un proprio dipendente il quale, su ordine di un superiore, aveva proceduto a notificare dei verbali di accertamento senza prima provvedere ad altri adempimenti preventivi a ciò necessari ed altresì percependo, per l’attività così compiuta, una retribuzione assolutamente non dovuta.

 
Pubblicato : 19 Novembre 2023 12:15