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I diritti e i doveri di chi partecipa a un concorso pubblico

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(@paolo-remer)
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Quali sono le facoltà e gli obblighi del candidato alle selezioni: domanda, partecipazione, graduatorie, esito e ricorsi; a cosa deve attenersi la PA che indice il bando.

Per poter essere assunti in pianta stabile da una Pubblica Amministrazione, salvi casi eccezionali, bisogna superare un concorso pubblico. È la nostra Costituzione, all’articolo 97, ad imporre questo principio, con l’evidente scopo di garantire la dovuta imparzialità ed evitare favoritismi, fin dal momento del reclutamento del personale.

Ma quali sono i diritti e i doveri di chi partecipa ad un concorso pubblico? Comunemente si pensa solo ai primi, specialmente quando vengono violati, come nel caso in cui emerga una disparità di trattamento; ma spesso si dimentica che anche i partecipanti alle selezioni hanno dei precisi obblighi, sin dal momento della presentazione della domanda.

Concorso pubblico: regole di svolgimento

Dalla disposizione costituzionale che abbiamo citato in apertura emerge un chiaro principio di fondo: è quello dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione, che si traduce nella trattamento dei candidati e nel divieto di discriminazione.

In concreto, ciò significa che tutti possono, e devono, avere accesso al concorso, nei limiti stabiliti dal bando di partecipazione, che costituisce la legge speciale di riferimento per ogni specifica selezione. Ma questi atti amministrativi, a loro volta, devono rispettare la normativa generale in materia: la discrezionalità dell’amministrazione che indice il bando, quindi, è molto ridotta, sia che si tratti di un grande Ministero, o di un Corpo di polizia, o di un piccolo Comune.

Concorsi pubblici: fonti normative

Dal 2001, il Testo Unico del Pubblico Impiego (Tupi) ha accorpato tutte le precedenti disposizioni e ha dato attuazione al dettato costituzionale sull’accesso alle Pubbliche Amministrazioni mediante concorso.

Fra poco esamineremo in dettaglio queste norme; premettiamo che il Tupi è stato integrato nel 2015 dalla cosiddetta «Legge Madia» [1], che ha previsto l’emanazione di «linee guida di indirizzo amministrativo sullo svolgimento delle prove concorsuali e sulla valutazione dei titoli, ispirate alle migliori pratiche a livello nazionale e internazionale in materia di reclutamento del personale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente in materia».

Queste linee guida consistono in direttive adottate, dal 2018 in poi, dal Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, che stabiliscono le metodologie e le cosiddette  best pratices (le migliori prassi) alle quali tutte le PA che indicono un concorso si devono attenere nell’emanazione dei bandi e nell’espletamento delle prove concorsuali.

Concorsi pubblici: limiti di partecipazione

I bandi di concorso possono prevedere delle limitazioni in base a determinati requisiti – titoli di studio, età idoneità fisica, specializzazioni conseguite, ecc. – che, però, per risultare legittime devono essere sempre generali, ossia non “ritagliate” nel senso di favorire, o escludere, qualcuno.

La violazione di questa regola può portare all’impugnazione del bando per illegittimità, con ricorso al giudice amministrativo (Tar in primo grado e Consiglio di Stato in secondo grado di giudizio). Nei casi più gravi, quando la violazione della regola di imparzialità e parità di trattamento lede il diritto dei cittadini alla partecipazione, può essere disposto l’annullamento dell’intero concorso, anziché stabilire soltanto l’ammissione del ricorrente che era stato escluso per mancanza dei requisiti poi giudicati illegittimi.

Concorsi interni e con riserva di personale

Il Testo Unico del Pubblico impiego [1] dispone che le assunzioni nella P.A. devono avvenire attraverso «procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno».

Se la regola generale è quella dell’accesso a tutti i partecipanti (salvi i limiti soggettivi di ciascuno, cui abbiamo accennato sopra) non bisogna dimenticare che esistono, poi, i cosiddetti concorsi interni, riservati a chi già fa parte della PA che indice il bando, per far conseguire una qualifica superiore. Altri tipi di concorso, invece, aperti a tutti i cittadini che desiderano partecipare: questi ultimi sono i cosiddetti concorsi di primo grado.

Spesso si adotta la formula “mista” del concorso con riserva di personale, dove una quota è riservata agli appartenenti alla Pubblica Amministrazione in possesso di determinati gradi, requisiti, titoli o qualifiche, ed un’altra quota è per i candidati provenienti dall’esterno alla PA, come coloro che sono al primo impiego.

Concorsi pubblici: domande frequenti

Prima di affrontare l’esposizione dei diritti e dei doveri di chi partecipa ad un concorso pubblico, entriamo nel clima rispondendo ad alcuni comuni quesiti pratici che si pongono i candidati. Dalle risposte a queste frequenti domande potrai già intuire quali sono gli oneri e le facoltà di chi presenta la domanda e vuole partecipare alle selezioni, ma potrebbe incappare in vari disguidi.

Posso inviare la domanda via Pec?

La Pec (posta elettronica certificata) equivale alla tradizionale lettera raccomandata con avviso di ricevimento: la prova del recapito è contenuta nella Rac (ricevuta di avvenuta consegna) inviata al mittente per confermare che il messaggio è stato trasmesso e correttamente inserito nella casella del destinatario, nella data ed ora di ricezione indicati. Di solito la Rac arriva dopo pochi minuti dalla trasmissione del messaggio: è quindi uno strumento molto più celere e pratico della raccomandata a/r, per la quale bisogna aspettare giorni, o settimane, per la restituzione della cartolina di ricevuta di ritorno.

Si può, quindi, inviare la domanda di partecipazione ad un concorso pubblico via Pec, a condizione che il bando lo consenta (talvolta sono previste altre forme, come la compilazione di moduli online). Due consigli pratici: utilizzare i modelli di domanda ufficiali, contenuti nel bando, e ricordarsi di allegare sempre la copia scansionata di un proprio documento di identità valido, a meno che le modalità del bando non prevedano l’utilizzo della firma digitale del candidato.

Posso chiedere il rinvio delle prove per malattia?

Il candidato seriamente malato o gravemente infortunato e, pertanto, impossibilitato a presentarsi nel luogo, giorno ed ora fissati per lo svolgimento delle prove può chiedere il rinvio all’Amministrazione che ha indetto la selezione, con istanza motivata e corredata di certificato medico: infatti le ragioni di salute che legittimano la richiesta di differimento devono essere oggettive e comprovate [2]. La certificazione di una gravidanza a rischio costituisce di per sé una causa di impedimento della candidata gestante a partecipare [2].

In tali situazioni, l’Amministrazione, riconoscendo la reale impossibilità del candidato a svolgere la prova nella data programmata, dovrà indire una sessione suppletiva comunicando la nuova data ed ora delle prove.

Ho diritto a un permesso dal lavoro per partecipare ai concorsi pubblici?

I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, possono fruire di permessi dal lavoro per la partecipazione a concorsi pubblici ed esami, secondo quanto previsto dal Ccnl di riferimento. Di regola, i permessi sono retribuiti e vengono concessi entro un limite massimo di giorni all’anno (ad esempio, 8 nel comparto scuola), e talvolta solo per i giorni di svolgimento delle prove (non sono compresi, quindi, gli eventuali giorni di viaggio e pernottamento nel luogo delle selezioni).

Un’alternativa è quella di chiedere al datore di lavoro un permesso per motivi personali, che offre il vantaggio di non dover indicare la ragione della fruizione, se si preferisce tenerla riservata.

Posso impugnare i giudizi della commissione?

I giudizi espressi dalla commissione esaminatrice sono documentati nei punteggi attribuiti alle varie prove svolte dal candidato, e a monte esiste un verbale delle operazioni, che documenta quali e quanti compiti ed elaborati sono stati valutati e corretti in ogni sessione di lavoro dai membri della commissione e delle eventuali sottocommissioni.

Tranne che nel caso di dei test con domande a risposta obbligata, dove la correzione è automatica, esiste un ampio margine di discrezionalità nelle valutazioni della qualità degli elaborati, ed è proprio questo il punto critico che dà adito alle maggiori controversie: se il candidato ritiene di essere stato ingiustamente escluso, o comunque indebitamente giudicato, con l’attribuzione di voti e punteggi inferiori a quelli spettanti, può chiedere la revisione dei giudizi della commissione, e formulare all’Amministrazione istanza di accesso agli elaborati, per visionare il verbale delle operazioni svolte.

Da questa analisi potrebbero emergere gravi irregolarità, come la correzione massiccia e multipla di compiti in un’unica giornata di lavoro, o il mancato rispetto della griglia di valutazione, che la commissione deve rispettare (ad esempio, attribuendo una parte del punteggio alla correttezza espositiva, ed un’altra parte alla qualità tecnica del lavoro, entro fasce minime e massime predeterminate).

Il giudizio negativo si può impugnare con ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) quando l’attribuzione dei giudizi e dei punteggi risulta manifestamente erronea, mentre il Tar non può intervenire nel sindacare la discrezionalità dell’amministrazione, se risulta correttamente esercitata al fine di valutare l’idoneità tecnica, culturale e attitudinale dei candidati [3].

In altre parole, i margini entro cui il Tar può sindacare le valutazioni espresse dalle commissioni esaminatrici sono piuttosto ristretti. Quindi è consigliabile presentare ricorso al giudice amministrativo quando vi è stato un errore di fatto evidente nell’attribuzione di giudizi, voti e punteggi, o comunque una contraddittorietà palese delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice.

Diritti dei partecipanti a un concorso pubblico

I fondamentali diritti dei partecipanti a un concorso pubblico sono elencati nel Testo Unico del Pubblico Impiego [4] e si traducono in correlativi doveri a carico della PA che indice il bando, e precisamente deve:

  • dare «adeguata pubblicità» della selezione e delle modalità di svolgimento delle prove, ad esempio pubblicando il bando nell’apposita sezione della Gazzetta Ufficiale – la 4° serie, intitolata «Concorsi ed esami» – o comunque sul sito istituzionale dell’Ente, e comunicando ai partecipanti le date delle prove, se non calendarizzate nel bando stesso;
  • questa pubblicità è espressione del più generale diritto alla trasparenza, che implica il diritto per tutti i partecipanti, candidati o semplici aspiranti a conoscere tutte le informazioni rilevanti riguardanti il concorso: quindi i requisiti di partecipazione, i criteri di selezione, le modalità di selezione e di assunzione non possono mai essere tenuti nascosti, o, peggio ancora, segreti, in maniera da poter essere rivelati a pochi “prescelti” (magari a ridosso della scadenza dei termini per la presentazione delle domande, in modo da impedire ad altri interessati di partecipare), ma devono essere rese note in anticipo a tutti, e ciò di regola avviene con la tempestiva pubblicazione ed ampia diffusione del bando;
  • assicurare « economicità e celerità di espletamento» del concorso, che deve svolgersi, e concludersi, entro tempi ragionevoli;
  • ricorrere «ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione»: questi test d’ingresso, sempre più diffusi, non sono, dunque, illegittimi, purché risultino attagliati alla tipologia di posti da ricoprire con la selezione (ad esempio, è legittimo un quiz di cultura generale per i partecipanti ad un concorso per entrare nella Polizia locale, ma domande di medicina in un concorso per ingegneri non sarebbero ammissibili);
  • adottare «meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire»: qui assumono particolare rilevanza, agli effetti pratici, le cosiddette griglie di valutazione ed i criteri dei punteggi attribuiti, che, ove possibile, devono essere predeterminati dal bando entro determinate fasce, o range di valori, per ciascuna prova svolta e valutata dalle commissioni esaminatrici;
  • rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori, per evitare qualsiasi forma di discriminazione – basata non solo sul sesso, ma anche sulla razza, la religione, l’orientamento sessuale o altre caratteristiche personali – che sarebbe di per sé illegittima; pertanto, tutti i partecipanti ad un concorso hanno diritto alla perfetta parità di trattamento;
  • composizione delle commissioni esaminatrici «esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso»: i commissari, di regola, devono essere scelti tra i funzionari in servizio nelle PA, in docenti di ruolo, o in esperti estranei che, comunque, non ricoprano cariche politiche e non siano rappresentanti sindacali.

Diritti dei candidati ai concorsi nella Pa: come si esercitano?

Traducendo questi diritti nel concreto, ogni candidato ad un concorso pubblico può, e deve essere messo nelle condizioni di:

  • conoscere in anticipo i programmi e le materie su cui verteranno tutte le prove concorsuali, scritte ed orali, comprese le selezioni preliminari attitudinali e di idoneità fisica o culturale;
  • apprendere i nominativi dei componenti delle commissioni, ed eventuali sottocommissioni, esaminatrici per tutte le prove da svolgere;
  • sapere quali saranno i criteri di valutazione delle prove svolte e di correzione degli elaborati, con i range minimi e massimi delle fasce di punteggio attribuibili per ciascuna fase della selezione;
  • nel caso di concorsi misti, capire se e quanto “pesano” e contano i titoli dei concorrenti interni rispetto a quelli degli esterni, e la composizione numerica degli eventuali posti riservati ai primi;
  • essere informato sull’esito delle prove, consultando le graduatorie che, non appena elaborate ed approvate, devono essere rese accessibili a tutti i partecipanti (ad esempio, mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’Amministrazione) e riportare per ciascun nominativo i dati sintetici dei punteggi o voti attribuiti in totale e, ove occorra, suddivisi con una tabella per ciascuna componente (ad esempio: punteggio per il titolo di studio, aggiunta per master, valutazione prove scritte, esito prove attitudinali, giudizio colloquio orale, ecc.).

Diritti concorsuali violati: cosa fare?

Oltre a questi diritti, i partecipanti ad un concorso, pur non vantando, prima della formale vincita del concorso stesso e della nomina, un diritto pieno all’assunzione, ma soltanto un’aspettativa – e, dunque, un interesse legittimo – hanno sempre facoltà di presentare ricorsi al giudice amministrativo (la competenza del giudice ordinario subentra solo dopo l’avvenuta assunzione), o reclami alla stessa PA che ha indetto le selezioni ed agli organi sovraordinati, se vi sono, per lamentare tutti i casi di trattamento ingiusto, o di scorrettezze rilevate durante le prove: ad esempio, un candidato si accorge che un membro della commissione “passa il compito” ad un altro candidato, o rileva irregolarità nell’apertura delle buste.

Anche quando le graduatorie sono già state formate e pubblicate – quindi, nel momento in cui si conosce la classifica degli idonei e dei non idonei, ed è chiaro chi ha vinto il concorso – potrebbe emergere una omessa valutazione di titoli che erano stati indicati ed allegati alla domanda o comunque esposti in sede di partecipazione, oppure, come abbiamo detto sopra, una errata attribuzione di voti e punteggi, che consente, nei casi di errore evidente, di presentare ricorso al Tar contro l’illegittima esclusione, ed anche contro l’idoneità raggiunta in una posizione inferiore a quella ritenuta spettante (ad esempio, il terzo classificato può ricorrere contro il primo ed il secondo se può dimostrare che lo “scavalcamento” è stato erroneo).

Doveri dei partecipanti ad un concorso pubblico

Quanto ai doveri dei partecipanti a un concorso pubblico, bisogna distinguere tra gli oneri posti a carico del candidato ed i veri e propri obblighi derivanti dalla legge. Gli oneri sono posti nell’interesse precipuo del partecipante stesso, mentre gli obblighi tutelano anche interessi altrui, e generali. Quindi il mancato rispetto degli oneri non comporta illegittimità, mentre l’inosservanza degli obblighi ha sempre conseguenze sotto questo profilo, anche a carico del candidato stesso, e non solo per ciò che concerne lo svolgimento del concorso ed il suo esito.

Partecipazione alle prove 

Gli oneri comportano la conoscenza delle regole e dei requisiti del concorso al quale si partecipa: ad esempio, un candidato non potrà lamentarsi di non aver partecipato ad una prova selettiva se non si è presentato per sua dimenticanza, quando la data e l’orario di presentazione erano stati indicati chiaramente nel bando o negli avvisi successivi. Rimane fermo, come abbiamo detto, il diritto del candidato ad ottenere il rinvio ad altra data delle prove cui non ha potuto partecipare a causa di una malattia documentata, o di una gravidanza a rischio.

Documenti da allegare alla domanda

Chi presenta la domanda di partecipazione dimenticando di allegare determinati documenti indispensabili per l’inserimento del suo nominativo e per le successive valutazioni non potrà dolersi della sua omissione, se l’elenco degli attestati, certificati (o dichiarazioni sostitutive in forma di autocertificazioni), diplomi ed altri titoli di valutazione era stato chiaramente indicato nel bando. Le commissioni sono molto severe nello scartare preliminarmente tutti i candidati che non hanno dimostrato nelle forme previste i propri requisiti di partecipazione al concorso.

Dichiarazioni mendaci

Un obbligo ineludibile di ogni partecipante ad un concorso pubblico è quello di veridicità nelle dichiarazioni: la maggior parte dei requisiti vengono attestati con dichiarazioni sostitutive di notorietà, ossia mediante un’autocertificazione presentata dal candidato stesso, ma le dichiarazioni mendaci costituiscono reato, quindi vengono perseguite penalmente, e in ogni caso, anche a prescindere dall’eventuale condanna, possono comportare la decadenza dalla nomina, dopo la vincita del concorso, se sono risultate determinanti per il superamento: ad esempio, un candidato al ruolo di insegnante dichiara, falsamente, il possesso di una determinata laurea abilitante per le cattedre e le materie di insegnamento messe a concorso; un aspirante poliziotto tace su una pregressa condanna per spaccio di sostanze stupefacenti, dichiarando falsamente di non avere nessun precedente penale.

Comportamenti vietati durante le prove di concorso

La violazione degli obblighi concorsuali che abbiamo sintetizzato può comportare, nei casi previsti dalla legge o dal bando, l’esclusione dal concorso e, anche a posteriori, la decadenza dalla nomina, se risulta conseguita con dichiarazioni false circa il possesso di requisiti in realtà inesistenti. Ma ci sono altre cose importanti da non trascurare, perché possono comportare l’espulsione del candidato. Vediamole.

Divieto di copiare e farsi aiutare nelle prove

Un obbligo, spesso sottovalutato nella pratica, è quello del rispetto delle regole di correttezza e lealtà durante lo svolgimento delle prove concorsuali. Il nocciolo consiste nel semplice e chiaro “non copiare” – che nei bandi è quasi sempre espresso in forma molto più articolata, ad esempio con il divieto di avvalersi di supporti esterni per la redazione degli elaborati o dei test: quindi niente libri, appunti e smartphone o altri dispositivi connessi ad internet o con amici e parenti fuori dall’aula.

Spesso i bandi prevedono altre disposizioni di supporto per lo svolgimento delle operazioni concorsuali nelle varie fasi, come il divieto di interloquire con gli altri candidati e con i commissari stessi, tranne che per le domande “di servizio” (ad esempio, la richiesta di potersi recare ai servizi igienici).

Cosa non si può portare in aula

Bisogna tenere conto anche dei provvedimenti integrativi adottati dalla commissione esaminatrice, che solitamente prevede e comunica ai candidati, prima dell’inizio delle prove e dei test o anche prima dell’ingresso in aula, quali sono i comportamenti vietati: ad esempio, tenere spento il cellulare, e collocarlo sul banco, o non portarlo affatto; non apporre segni distintivi e di riconoscimento sull’elaborato; non avvalersi di testi di consultazione diversi da quelli preventivamente autorizzati, ecc.

In alcuni casi viene imposto anche il divieto di portare alimenti o bevande che non siano in involucri e confezioni trasparenti. Sembra irragionevole, ma si tratta di norme regolamentari poste a garanzia del corretto espletamento delle prove, e dunque dettate nell’interesse generale di tutti i partecipanti alla selezione.

Quando si viene esclusi ed espulsi dal concorso

La violazione di queste disposizioni può comportare, con provvedimento motivato della commissione esaminatrice, sulla base di quanto riscontrato dai commissari di vigilanza presenti, l’espulsione immediata del candidato, con la conseguente impossibilità di poter partecipare alle prove successive previste dall’iter concorsuale.

Anche disturbare, turbare o comunque ledere il regolare e ordinato svolgimento delle prove concorsuali in qualsiasi modo – ad esempio, minacciando o percuotendo un altro partecipante, oppure circuendo o tentando di circuire un commissario esaminatore, o cercando di alterare i risultati delle operazioni svolte dalle commissioni prima che le graduatorie vengano ufficialmente approvate e pubblicate – costituisce un illecito, e può comportare l’esclusione del responsabile dal concorso (o l’espunzione del suo nominativo dalla graduatoria utile, se già formata), oltre a integrare ipotesi di reati contro la PA che vanno dall’interruzione di pubblico servizio, al concorso in abuso d’ufficio con il membro interno che ha aderito alle illecite pressioni e pretese, alla vera e propria corruzione del pubblico funzionario per indurlo a compiere atti contrari ai propri doveri d’ufficio.

 
Pubblicato : 22 Maggio 2023 06:00