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Fondi comuni di investimento

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(@paolo-remer)
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Conosciamo uno strumento per ridurre i rischi dei risparmiatori: a chi è adatto, come funziona, quali opportunità offre, quanto costa.

Se qualche volta ti sei informato su come gestire i tuoi risparmi, molto probabilmente avrai sentito parlare dei fondi comuni di investimento. Esistono in Italia da 40 anni, ma non hanno mai veramente decollato: nonostante le centinaia di miliardi raccolti, sono rimasti un prodotto quasi di nicchia, che molti risparmiatori ancora non conoscono bene. E, dunque, ne diffidano, nonostante gli sforzi dei promotori e degli impiegati di banca (molti dei quali, però, preferiscono proporre i prodotti “della casa”, anziché quelli di società esterne, magari meno costosi e più convenienti).

Prima di destinare una parte dei tuoi risparmi a questi prodotti, ti serve sapere cosa sono, che caratteristiche hanno, come funzionano e quali garanzie ed opportunità offrono. Questo articolo ti servirà ad informarti bene sull’argomento, in modo da compiere scelte consapevoli.

Ti anticipiamo subito che i fondi comuni di investimento sono prodotti alla portata di tutti, ma non sono adatti agli investitori “mordi e fuggi”, desiderosi di realizzare un profitto nel più breve tempo possibile; sono strumenti ideati per la pianificazione finanziaria di chi vuole investire a medio e a lungo termine, anche se esistono alcune tipologie di fondi che consentono di “parcheggiare” i propri risparmi per un periodo relativamente breve, come forma di deposito della liquidità.

Fondo comune di investimento: cos’è?

Secondo il Testo Unico della Finanza [1] il fondo comune di investimento è uno strumento di risparmio gestito (non, quindi, “fai da te”) che si caratterizza per la presenza di questi due requisiti fondamentali:

  • la pluralità dei partecipanti, in modo che il fondo costituisca un grande salvadanaio comune (per questo sono detti anche «fondi aperti», in modo da differenziarli dai fondi chiusi e riservati), in cui ciascun risparmiatore mette una parte di denaro: le somme, in forma di quote del fondo, continuano ad appartenergli, anche se l’investimento viene compiuto in forma collettiva a cura della società di gestione del risparmio (Sgr), la quale acquista i titoli selezionati che costituiscono il patrimonio del fondo;
  • l’autonomia della società di gestione, che creando il fondo in cui affluisce il denaro dei sottoscrittori ed impiegando nelle forme previste le somme ricevute, costituisce un patrimonio collettivo, che rimane distinto e separato da quello della società stessa.

Fondo comune di investimento: a chi è adatto?

I fondi comuni di investimento consentono a chiunque abbia una minima capacità di risparmio di investire, anche con somme molto piccole, dai 50 euro al mese in su, in tutte le tipologie di titoli quotati sui vari mercati mondiali: azioni, obbligazioni, titoli di Stato, immobili, materie prime, valute.

Grazie a questa ampiezza e varietà, con i fondi comuni si può raggiungere un livello di diversificazione dei propri investimenti che altrimenti il piccolo risparmiatore non potrebbe mai ottenere, se con quelle somme ridotte decidesse di acquistare una manciata di titoli; la selezione sarebbe inevitabilmente troppo ristretta, e dunque inadeguata, a meno di non puntare sugli Etf (Exchange Traded Fund) che rappresentano una valida alternativa ai fondi e in parecchi casi sono più economici dal punto di vista delle commissioni e dei costi di gestone, ma richiedono un minimo di conoscenza del funzionamento dei mercati finanziari.

Fondi comuni di investimento: quali tipologie?

I fondi comuni di investimento vengono divisi in due macrocategorie, secondo la classificazione di Assogestioni (l’associazione italiana delle Sgr):

  • da un lato ci sono i fondi monetari, che hanno un orizzonte temporale di breve periodo, e perciò investono esclusivamente in obbligazioni, titoli e certificati di prossima scadenza (qualche mese o al massimo un anno);
  • dall’altro lato c’è un’ampia varietà di fondi a medio e a lungo termine, che a loro volta si suddividono nelle tipologie dei fondi azionari, obbligazionari, «bilanciati» (un mix con una parte azionaria ed una obbligazionaria, ad esempio 50% ciascuna, oppure 30% e 70% e «flessibili», che non hanno vincoli di investimento in un settore predeterminato, e lasciano libera la società di gestione nel decidere di volta in volta dove puntare, in relazione all’andamento dei mercati finanziari.

Fondi comuni di investimento: come sceglierli?

Per orientarsi tra queste tipologie completamente diverse fra loro, il risparmiatore deve conoscere le caratteristiche dei fondi che gli vengono proposti (o che egli stesso trova su internet, in caso di acquisto online), per capire quali si adattano meglio alle sue esigenze e quali, invece, sono da escludere.

È sempre preferibile investire nei fondi «armonizzati», chiamati così perché costituiti nell’Unione Europea o comunque aderenti alla normativa comunitaria di protezione dei risparmiatori.

Fondi comuni di investimento: quali rischi?

È importante osservare che ognuna delle tipologie dei fondi di investimento che abbiamo descritto presenta uno specifico livello di rischio, che normalmente è più elevato per i fondi azionari – i più esposti alle fluttuazioni delle quotazioni di Borsa – rispetto a quelli obbligazionari, anche se pure per essi una variazione dei tassi di interesse può incidere notevolmente sui valori dei titoli presenti in portafoglio. Il rischio minore è quello dei fondi monetari, che sono investiti esclusivamente in attività a breve termine.

La società di gestione, all’atto della sottoscrizione, deve rappresentare preliminarmente al risparmiatore il livello di rischio del fondo, e non solo il rendimento atteso in base alla composizione del portafoglio (il cosiddetto benchmark, stimato sulla base dei rendimenti passati, che non forniscono alcuna garanzia di ripetersi in futuro) evitando di proporgli impieghi del proprio denaro incompatibili con la sua propensione al rischio ed il suo grado di preparazione finanziaria; questi elementi devono essere misurati con uno specifico questionario.

Fondi comuni di investimento: quanto costano?

I costi sostenuti da chi entra in un fondo comune di investimento sono di vario tipo. Esistono, innanzitutto, delle commissioni di ingresso, con una quota che viene prelevata prima di investire la somma versata (ad esempio, se la commissione applicata è dell’1% su 1.000 euro, saranno investiti nel fondo 990 euro, mentre 10 euro saranno trattenuti dalla Sgr come remunerazione).

Molte società di gestione hanno escluso le commissioni di ingresso (in passato erano applicate anche analoghe commissioni di uscita, all’atto del prelievo delle somme versate nel fondo), ma sono quasi sempre previste delle commissioni di gestione, applicate periodicamente – di solito, al termine di ogni anno – sulle somme versate. L’entità di queste commissioni – che deve essere resa nota al risparmiatore prima della sottoscrizione, ed ogni eventuale successiva variazione deve essergli comunicata con almeno 60 giorni di anticipo – dipende dalla tipologia del fondo, e in genere è più elevata per i fondi azionari, che richiedono un maggiore impegno alla società di gestione.

Fondi comuni: a cosa fare attenzione

Alcuni fondi prevedono anche delle commissioni di performance (dette anche commissioni di incentivo) che vengono applicate quando il rendimento del fondo è positivo oltre certi parametri soglia: ad esempio, se nell’anno considerato il fondo “batte” del 10% la performance dell’indice borsistico di riferimento, su questo risultato differenziale si applicherà la commissione extra destinata a premiare il gestore che si è dimostrato bravo.

Per conoscere il costo effettivo e totale di un fondo comune di investimento, e poterlo paragonare a quello di altri prodotti similari, bisogna utilizzare un indicatore chiamato Ter (Total expense ratio): è un indice sintetico e riepilogativo di tutte le spese legate al fondo, che la società di gestione è tenuta a comunicare al risparmiatore.

Infine, è utile sapere che anche i fondi comuni di investimento hanno un rating, cioè un giudizio dato da alcune società specializzate nella valutazione degli strumenti finanziari, e che può essere facilmente consultato sui quotidiani e siti specializzati in economia e finanza. Le “pagelle” vengono espresse con le consuete stelle, ed è possibile approfondire. In questo modo, con un po’ di attenzione, è possibile selezionare i fondi che hanno una storia migliore.

 
Pubblicato : 23 Settembre 2023 18:00