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Figlio con problemi psicologici ha diritto al mantenimento?

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(@angelo-greco)
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Quando un figlio maggiorenne ha diritto al mantenimento da parte dei genitori?

La Cassazione, con una recente ordinanza (n. 5177/2024), ha risolto una delicata controversia: la richiesta di mantenimento, nei confronti del padre, avanzata da una ragazza trentenne con disturbo borderline. Tale patologia – a detta della figlia – rendeva la stessa incapace di trovare un lavoro e quindi di mantenersi.

La Corte ha così tratto, da tale vicenda, l’occasione per trattare il delicato tema del diritto al mantenimento del figlio con problemi psicologici. In quali casi l’handicap giustifica il permanere del sostegno economico da parte dei genitori, benché sia stata superata una certa età? Dinanzi a un ragazzo ormai trent’enne, che dovrebbe aver terminato il percorso di studi, il mantenimento può essere legittimato da una qualsiasi forma di disabilità?

La questione, come sempre in questi casi, va valutata caso per caso e, soprattutto, in base alla gravità dei problemi psicologici e mentali. Cerchiamo allora di fare il punto della situazione.

Quando un figlio maggiorenne ha diritto al mantenimento?

Il figlio minorenne e quello portatore di grave handicap hanno sempre diritto al mantenimento. Quello invece maggiorenne non ancora autosufficiente può rivendicare la stessa pretesa solo a patto che stia proseguendo un proficuo percorso di studi o di formazione post scolastica. In caso contrario deve dare prova di attivarsi con diligenza nella ricerca di un posto di lavoro.

Il giudice deve valutare, caso per caso, le circostanze che giustificano il mantenimento, tenendo conto dell’età del figlio e del suo percorso di formazione. Il diritto al mantenimento non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo, in quanto il suo scopo è quello di supportare il figlio nel raggiungimento di un’indipendenza economica.

Questo significa che al crescere dell’età aumenta la presunzione che lo stato di disoccupazione non dipenda da “sfortuna”, da “difficoltà di inserimento” o dal “percorso di studi intrapreso”, bensì dall’inerzia e dall’incapacità del giovane di “sapersi accontentare” (com’è giusto che sia quando si è a carico di altre persone).

Questo perché il diritto del figlio al mantenimento si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni (Cass. sent. n. 17183/2020).

A chi spetta la prova dell’indipendenza economica del figlio?

Non è il genitore a dover dimostrare che il figlio maggiorenne è divenuto indipendente economicamente.

L’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del figlio stesso ormai divenuto maggiorenne. Il figlio deve fornire la prova di aver curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e si sia attivato nella ricerca di un lavoro.

Di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento.

Viceversa, per il figlio ormai adulto, che ha superato l’età degli studi (di norma 25 anni) sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa (Cass. sent. n. 26875/2023).

Per finire, quando il figlio raggiunge i 30 anni, il giudice può già presumere, senza possibilità di prova contraria, che il suo stato di disoccupazione sia colpevole e quindi disporre la cessazione del diritto al mantenimento.

Quando una invalidità o un problema psichico influisce sul mantenimento?

Se il riconoscimento del diritto al mantenimento dipende dal fatto che il figlio abbia curato con impegno la propria preparazione professionale o tecnica e si sia attivato nella ricerca di un lavoro, allora la presenza di una patologia (fisica o psichica) influisce sul diritto al mantenimento solo se questa limita le capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa.

Il diritto al mantenimento permane sempre quindi solo in caso di condizioni di grave handicap.

Quindi dinanzi a un disturbo borderline di non particolare gravità, la figlia trentenne perde il diritto al mantenimento, come nel caso deciso dalla Cassazione nella pronuncia in commento.

Come si mantiene il figlio con problemi psichici?

Secondo la Cassazione, il figlio di genitori divorziati, nel caso in cui abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito un’occupazione lavorativa stabile (o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente), non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa mediante il mantenimento del genitore. Egli deve far ricorso invece agli strumenti di ausiliosociale erogati dallo Stato che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito (Cass. 29264/2022).

Questo principio non soffre eccezioni ove il figlio maggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia (nel caso di specie depressiva), ma non tale da integrare la condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento (Cass. sent. n. 23133/2023).

 
Pubblicato : 28 Febbraio 2024 17:15