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Figlio con lavoro precario: ha diritto all’assegno di mantenimento?

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(@mariano-acquaviva)
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Assegno di mantenimento per i figli maggiorenni: limite d’età, contratto di lavoro a tempo determinato, rimborso spese e borse di studio.

Quando i genitori si separano i figli hanno il diritto di continuare a frequentare entrambi e di percepire un mantenimento fino a che non diventano economicamente indipendenti. Poiché la legge non stabilisce un’età precisa superata la quale si perde il diritto a essere mantenuti, la giurisprudenza è dovuta intervenire a porre dei limiti per evitare che il genitore sia costretto a pagare un assegno mensile a vita.

Una recente sentenza del Tribunale di Campobasso [1] è intervenuta sulla questione abbracciando l’orientamento più rigoroso, quello secondo il quale un figlio maggiorenne, se ottiene un posto di lavoro anche solo a tempo determinato, perde per sempre il diritto al mantenimento.

Come diremo, si tratta di un orientamento non del tutto pacifico, contrastato da tutte quelle sentenze che, al contrario, ritengono che un lavoro precario non sia sufficiente a far decadere l’assegno di mantenimento. Approfondiamo la questione.

Figlio maggiorenne: quando perde il diritto al mantenimento?

Si è soliti affermare che il figlio maggiorenne perde il diritto al mantenimento non appena diventa economicamente indipendente. Ciò che conta, quindi, non è l’età, bensì il momento in cui acquisisce l’autosufficienza economica.

È anche pacifico che il diritto al mantenimento, una volta perso, non si riacquista più. Ad esempio, il figlio che è stato licenziato dal datore non deve più essere mantenuto dai genitori, anche se versasse in pessime condizioni economiche.

Ciò che sopravvive è soltanto il diritto agli alimenti, una prestazione economica inferiore al mantenimento, sufficiente solamente per far fronte alle basilari esigenze di vita (vitto e alloggio, sostanzialmente).

A che età si perde il diritto al mantenimento?

Nel tentativo di fornire indicazioni più precise e di fissare un criterio oggettivo che impedisca al figlio maggiorenne di pretendere il mantenimento per tutta la vita, la giurisprudenza ha provato a stabilire un limite d’età superato il quale la mancata indipendenza economica non deve più essere considerata una sfortuna bensì una colpa.

E così, è possibile rinvenire sentenze [2] che stabiliscono in 34 anni la soglia superata la quale il figlio, anche se disoccupato, perde per sempre il diritto al mantenimento.

In ogni caso, la Cassazione è concorde nel ritenere che più avanza l’età del figlio e più è ragionevole presumere che lo stato di inoccupazione del medesimo sia dovuto a inerzia personale (non giustificabile) piuttosto che a ragioni esterne [3].

Ciò significa che il figlio che alla soglia dei 40 anni non ha ancora trovato un’occupazione deve, al fine di poter vantare il diritto di essere ancora mantenuto dai genitori, dimostrare di essersi adoperato per la ricerca di un impiego (ad esempio, dimostrare di essersi iscritto presso centri per l’impiego, di aver inviato curricula alle aziende, di aver partecipato a concorsi o a selezioni del personale, ecc.).

Insomma: arrivata a una certa età, deve essere il figlio che vuole continuare a beneficiare del mantenimento a dimostrare che lo stato di disoccupazione non è a lui imputabile.

Per ulteriori approfondimenti, si legga l’articolo dal titolo Assegno mantenimento figli: fino a che età?

Figlio con lavoro precario: ha diritto al mantenimento?

Anche con riguardo al tipo di impiego la giurisprudenza si dimostra piuttosto ondivaga: a fronte di una tesi [4] per cui il figlio assunto a tempo determinato conserva il diritto al mantenimento, si contrappone un altro orientamento del tutto opposto [5], in cui si inserisce la sopracitata sentenza del Tribunale di Campobasso.

Secondo il giudice molisano, un contratto, anche a scadenza, segna l’ingresso irreversibile nel mondo del lavoro e, dunque, la perdita dell’assegno di mantenimento.

Il tribunale ha evidenziato che il figlio divenuto maggiorenne non ha un diritto perenne al mantenimento da parte del genitore.

Per la precisione, «il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso».

In sostanza, «il diritto del figlio maggiorenne ad essere mantenuto dai genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e formativo, nel rispetto delle sue capacità ed aspirazioni. Ciò comporta che l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento per i figli cessa qualora venga dimostrato l’avvenuto l’ingresso dei figli nel mondo del lavoro, seppure con lavori saltuari ed a tempo determinato».

Insomma: se il figlio maggiorenne ha oramai raggiunto l’età adulta e, nonostante il supporto economico dei genitori di cui ha goduto nel tempo, non è riuscito a trovare un adeguato impiego, dovrà far fronte alle proprie esigenze di vita mediante i sussidi statali (ad esempio, il reddito di cittadinanza) e non per mezzo del mantenimento.

L’orientamento appena illustrato va “stemperato” con gli altri principi ricordati a diverse riprese dalla Suprema Corte [6], secondo la quale non è tanto la natura del contratto (se a tempo indeterminato o determinato) bensì l’adeguatezza dell’occupazione reperita a determinare la perdita o meno del mantenimento.

Per quanto concerne, invece, il percepimento di piccole somme di denaro a titolo di borse di studio oppure di compenso/rimborso spese per l’apprendimento di una professione, non ci sono invece dubbi: il diritto al mantenimento continua a sussistere [7].

 
Pubblicato : 3 Giugno 2023 09:45