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False dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità

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(@gianluca-scardaci)
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 Chi viene accompagnato in Questura per essere identificato nell’ambito di un procedimento penale deve essere avvertito della facoltà di non rispondere sulla propria identità o le proprie qualità

Fino a qualche mese addietro, chi veniva sottoposto a indagini preliminari o era imputato in un processo penale aveva la facoltà di non rispondere alle domande relative al fatto di cui era accusato, ma non poteva sottrarsi a quelle relative alle proprie condizioni personali, a meno di voler essere denunciato, oltre al reato inizialmente contestato, del delitto di cui all’articolo 495 del codice penale, rubricato come falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri.

Da qualche tempo, non è più così. Il diritto al silenzio si estende anche alle domande sulle qualità personali. Grazie a un importante intervento della Corte Costituzionale, le false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità non sono punibili. Vediamo perché.

Cosa prevede la legge?

L’articolo 64 comma 3 del codice di procedura penale stabilisce che, prima che abbia inizio l’interrogatorio, la persona che ne è sottoposta deve essere avvertita, tra le altre cose, della facoltà di non rispondere, eccetto che per quelle riguardanti l’identità personale (eventuale pseudonimo o soprannome, esistenza di beni patrimoniali, condizioni di vita individuale, familiare sociale, esistenza di pregresse condanne nello Stato o all’estero, possibili altri processi penali, svolgimento di uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità e potenziali cariche pubbliche), su cui vige l’obbligo di dare risposta.

Le conseguenze di chi si rifiuta di dare tali informazioni o le fornisce false è la denuncia per il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale di cui all’articolo 495 del codice penale.

Cosa è successo?

Il Tribunale di Firenze doveva decidere sulla responsabilità di un imputato tratto a giudizio per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale commesso allorquando, accompagnato in Questura per l’identificazione nell’ambito di un procedimento penale, aveva dichiarato, falsamente, di non avere subito mai condanne. In quella occasione il Giudice si chiedeva, girando il proprio quesito alla Corte Costituzionale, se la disciplina vigente, ossia quella che prevedeva la facoltà di non rispondere soltanto alle domande relative al fatto di cui il soggetto era accusato ma non a quelle relative alle circostanze personali, fosse compatibile con il diritto al silenzio in generale, riconosciuto contestualmente dalla Costituzione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dal patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato in seno alle nazioni Unite.

Come si è pronunciata la Corte Costituzionale?

La Corte ha aderito ai dubbi del giudice remittente, ha dichiarato illegittima la disciplina vigente, e lo ha fatto con una convincente motivazione.

Ha sottolineato come il diritto al silenzio operi tutte le volte che l’autorità che procede ponga domande al sospettato o imputato in ordine a circostanze esterne al fatto reato,  in grado però di incidere negativamente sulla vicenda,  sia in termini di esito processuale, come per esempio attraverso la condanna, sia in termini di eventuale sanzione inflitta.

Le domande pregiudizievoli, a dire della Corte Costituzionale, sono proprio quelle riguardanti le condizioni personali. La circostanza per esempio che la persona interrogata sia stata già condannata per altri fatti può indurre le autorità competenti a disporre il suo arresto quando questo sia solo facoltativo in flagranza di reato; può determinare un aumento di pena o essere utilizzata ai fini della valutazione circa la sua pericolosità sociale e quindi ai fini dell’applicazione di una possibile misura cautelare; può incidere sulla concessione della sospensione condizionale della pena, ove possibile, o su quella delle circostanze attenuanti generiche. E ancora: la conoscenza del soprannome della persona può risultare rilevante ai fini investigativi, magari in presenza di intercettazioni in cui il soggetto venga menzionato a mezzo dello pseudonimo.

In buona sostanza, prosegue la Corte, la Costituzione e le norme internazionali che tutelano i diritti umani permettono che si possa imporre a un sospettato, indagato o imputato, di indicare le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita) , ma non ulteriori informazioni di carattere personale.

L’esito della vicenda

A seguito di questo intervento, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo, parzialmente, l’articolo 64 comma 3 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che l’avviso della facoltà di non rispondere venga esteso anche alle condizioni personali, e l’articolo 495 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità del reato per coloro che, senza ricevere tali avvertimenti, abbiano reso false dichiarazioni.

Conclusioni

Non esiste alcun obbligo per l’indagato o per l’imputato di collaborare alle indagini nei propri confronti. Peraltro, in una fase molto delicata come quella iniziale, è consigliabile sottrarsi alle domande fino a quando non è chiaro il quadro accusatorio. Le autorità competenti, in assenza di un contributo investigativo da parte del soggetto sospettato, faranno le loro ricerche. Ma, proprio in un momento delicato come quello iniziale, magari nell’immediatezza dei fatti o subito dopo e nel luogo teatro della vicenda, è bene evitare notizie controproducenti come l’esistenza per esempio di precedenti condanne. E allora, in conclusione, qualora fossero dati preventivamente gli avvertimenti, ivi compreso quello riguardante la facoltà di non rispondere sulle condizioni personali, sarebbe più utile un comodo silenzio; qualora invece fossero state fornite le informazioni richieste, ma senza l’esplicito avvertimento sopra indicato, è indispensabile ricordarsi che l’eventuale falsità delle dichiarazioni che non riguardino il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, non saranno punibili. 

 
Pubblicato : 20 Dicembre 2023 09:32