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Eredi del professionista deceduto: adempimenti

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(@paolo-remer)
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Cosa devono fare gli eredi per regolarizzare la posizione fiscale del defunto e per incassare i compensi.

La morte di un libero professionista è un dramma non solo per i clienti con i quali aveva rapporti pendenti, ma anche per i suoi eredi, specialmente se non svolgono la stessa attività. Avvocati, ingegneri, architetti, medici, notai, psicologi, commercialisti, consulenti del lavoro, ma anche tutti i lavoratori autonomi che non appartengono ad albi e ordini professionali, come gli artisti: sono tutti soggetti dotati di partita Iva, e che tengono una contabilità, anche se spesso in regime semplificato o forfettario. Con la morte, tutti gli adempimenti passano a carico degli eredi del professionista deceduto, che devono compiere una serie di attività per regolarizzare la posizione fiscale ed anche per incassare gli eventuali compensi residui dovuti dai clienti. Vediamo come bisogna regolarsi in questi casi.

Morte del professionista: gli adempimenti fiscali

Cessazione dell’attività

Con la morte di un libero professionista, o di un lavoratore autonomo dotato di partita Iva, l’attività esercitata cessa. Pertanto gli eredi devono presentare all’Agenzia delle Entrate una apposita dichiarazione di cessazione dell’attività, compilando l’apposito modello AA9, che può essere presentato agli sportelli o inoltrato in modalità telematica sul sito dell’Agenzia, anche avvalendosi di un intermediario abilitato, come il proprio commercialista.

Fatturazione delle prestazioni in corso

Inoltre gli eredi devono curare la fatturazione delle prestazioni che il professionista deceduto aveva erogato mentre era in vita, ma che non aveva ancora fatturato ai suoi clienti, perché non aveva percepito i compensi. A seconda dei casi, potrà trattarsi di prestazioni parzialmente eseguite o già ultimate ma non ancora fatturate al momento della morte (spesso ci sarà già una notula o una fattura pro-forma già consegnata al cliente, che potrà costituire un’utile base di riferimento per gli eredi), oppure di fatture emesse nei confronti di una Pubblica Amministrazione, per le quali l’obbligo di versamento dell’Iva sorge quando la fattura viene pagata, e non prima.

Per le prestazioni eseguite verso una Pubblica Amministrazione c’è, quindi, l’«esigibilità differita» dell’imposta sul valore aggiunto, altrimenti – cioè in tutti i casi di prestazioni rese a soggetti privati – l’obbligo di emettere la fattura sorge al momento di esecuzione della prestazione, che per legge [1] si considera «effettuata all’atto del pagamento del corrispettivo» (anche in modo parziale, ad esempio con la percezione degli acconti).

Chiusura della partita Iva

In tutti questi casi di presenza di fatture pendenti e ancora da incassare, o di prestazioni eseguite e rimaste da fatturare, gli eredi del professionista non possono chiudere la partita Iva fino a quando tutte le varie prestazioni professionali eseguite non vengono fatturate ed incassate, altrimenti si avrebbe un’evasione dell’Iva dovuta. In altre parole, non si può chiudere la partita Iva mentre si è in attesa del pagamento, a meno che gli eredi non intendano anticipare di tasca propria le imposte dovute sui vari crediti, corrispettivi, onorari e compensi ancora non riscossi.

Dichiarazione dei redditi e proroga termini

Per la determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, invece, gli eredi sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi in nome e per conto del professionista deceduto. A tal fine occorre distinguere tra i compensi riscossi (ed i costi sostenuti) prima del decesso da quelli percepiti dopo la morte del professionista: quando gli eredi compilano la dichiarazione dei redditi del defunto devono indicare i primi nel quadro RE del modello Redditi persone fisiche, mentre i successivi dovranno essere dichiarati dagli eredi solo nell’anno di percezione (che può collocarsi ad alcuni anni di distanza da quello della morte); verranno indicati nel quadro RM del modello Redditi, e saranno assoggettati a tassazione separata, in quanto riferiti ad annualità antecedenti.

I termini ordinari di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi sono prorogati di 6 mesi in favore degli eredi, se scadono entro 4 mesi dalla data del decesso del professionista. Anche per gli adempimenti Iva (registrazione delle fatture, liquidazione dell’imposta e presentazione della dichiarazione annuale) gli eredi hanno a disposizione il termine ulteriore di 6 mesi rispetto alle scadenze ordinarie calendarizzate entro i 4 mesi precedenti al decesso.

Professionista deceduto: gli eredi incassano i compensi

Con l’accettazione dell’eredità, disciplinata dall’art. 459 del Codice civile, gli eredi subentrano in tutti i rapporti giuridici, attivi o passivi, del defunto. Questo significa che, nel caso di professionista deceduto, gli eredi hanno il diritto di incassare dai clienti i compensi relativi a tutte le prestazioni effettuate dal professionista fino al momento della sua morte e non ancora saldate. Sul versante debitorio, invece, gli eredi devono provvedere a saldare tutte le spese rimaste pendenti, come gli stipendi dei dipendenti dello studio professionale e i canoni di affitto dei locali in cui il professionista esercitava l’attività.

Per il recupero dei crediti, gli eredi possono esercitare tutte le azioni che sarebbero spettate al professionista deceduto: ad esempio, potranno chiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo per le fatture emesse e non ancora saldate. I compensi percepiti dagli eredi per le prestazioni professionali eseguite dal loro dante causa andranno, ovviamente, ripartiti tra tutti gli aventi diritto in base alle rispettive quote di eredità. Per maggiori dettagli leggi “Professionista morto: come incassare i compensi“.

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Pubblicato : 19 Novembre 2022 12:00