È reato congelare male il pesce
Una conservazione impropria del pesce può costituire reato, anche senza analisi di laboratorio. Scopri le regolamentazioni e le implicazioni della legge 283/62.
Spesso il pesce congelato è ricoperto di brina. Non è un buon segno! Significa che è stata interrotta la “catena del freddo”. E se un ristoratore dovesse conservare, in cucina, prodotti ittici in cattivo stato di conservazione? Il cliente avrà probabilmente un’intossicazione alimentare e passerà la notte tra bagno e farmaci. Ma cosa rischia, da un punto di vista legale, il locale che lo ha servito? È legale congelare male il pesce? E quali sono le conseguenze se non rispetti gli standard richiesti? Ecco una panoramica dettagliata sulla legge 283/62 riguardante la sicurezza alimentare e le sentenze recenti che la riguardano.
Cosa dice la legge sulla corretta conservazione del pesce?
La legge 283/62 stabilisce chiaramente che è reato conservare inappropriatamente il pesce destinato alla vendita, anche se non è tecnicamente “andato a male”. La contravvenzione si concentra non solo sulle caratteristiche intrinseche dell’alimento, ma anche sulle modalità esterne di conservazione, incluse le condizioni igieniche.
Somministrare pesce congelato male è reato?
Secondo la Cassazione (sent. n. 40504/23) può integrare il reato di detenzione di prodotti alimentari in cattivo stato anche il congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata.
È necessaria un’analisi di laboratorio per attestare il cattivo stato di conservazione?
No. Se i carabinieri del Nas (nuclei antisofisticazione e sanità) documentano il cattivo stato di conservazione attraverso controlli e verbali, non è necessario effettuare analisi di laboratorio per stabilire una violazione. Basterebbe rilevare quindi la presenza di brina, segno di una lenta penetrazione del freddo con la creazione dei macrocristalli.
L’accertamento del cattivo stato di conservazione può avvenire quindi sulla base di dati obiettivi risultanti dalla documentazione relativa alla verifica (verbale ispettivo, documentazione fotografica o altro) e dalle dichiarazioni dei verbalizzanti ed è ravvisabile nel caso di evidente inosservanza di cautele igieniche e tecniche necessarie ad assicurare che le sostanze alimentari si mantengano in condizioni adeguate per la successiva somministrazione.
Cosa ha stabilito la Cassazione in merito?
La sentenza 40504/23, emessa dalla terza sezione penale della Cassazione il 12 ottobre 2023, sottolinea che non è essenziale che la cattiva conservazione si riferisca esclusivamente alle caratteristiche fisiche dell’alimento. Se il congelamento, o qualsiasi altra modalità esterna, non rispetta gli standard legali o, in assenza di questi, le prassi comuni, il titolare del locale può essere incriminato e subire un procedimento penale per il reato di vendita e somministrazione di cibi in cattivo stato di conservazione.
Quali sono le evidenze di una conservazione inadeguata?
Nel caso citato, durante un controllo, sono stati rinvenuti 150 kg di prodotti ittici conservati in condizioni precarie: un congelatore malfunzionante, pesce a contatto diretto con il ghiaccio e avvolto in plastica non idonea. Questi sono esempi di come la non osservanza delle norme igieniche e tecniche possa configurarsi come reato.
Quindi – si legge nella sentenza – l’accertamento del cattivo stato di conservazione degli alimenti non richiede necessariamente il prelevamento di campioni e l’analisi di laboratorio degli stessi, potendo essere sufficiente anche l’ispezione dei prodotti e la conseguente prova testimoniale.
Qual è la pena per la cattiva conservazione e ci sono riduzioni?
L’articolo 5, lettera b), della legge 283/62 prevede sanzioni in caso di conservazione impropria. Nell’esempio menzionato, la pena iniziale di 2.600 euro è stata ridotta a 2.250 euro. Se si opta per il rito abbreviato, la pena base può essere ulteriormente ridotta, come previsto dall’articolo 442 del Cpp.
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