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È legale staccarsi dal riscaldamento centralizzato condominiale?

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(@angelo-greco)
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Scopri le normative sul distacco dal riscaldamento centralizzato in condominio e le implicazioni legali.

Distaccarsi dal riscaldamento condominiale è un diritto ma subordinato ad alcune condizioni. In particolare, non si devono creare squilibri all’impianto comune o maggiori oneri per gli altri condomini. L’applicazione di questa regola ha avuto diverse attuazioni pratiche che è bene conoscere. Cerchiamo quindi di comprendere innanzitutto se e quando è legale scattarsi dal riscaldamento centralizzato condominiale e poi cosa deve pagare chi si vale di un impianto autonomo.

Ci si può staccare dall’impianto centrale senza averne uno autonomo?

La Cassazione, nell’ordinanza numero 26185 del 2023, ha dichiarato illegittimo il distacco dal riscaldamento centralizzato se il singolo condomino non si dota di un impianto termico autonomo. Se si continua a beneficiare del calore prodotto dagli altri appartamenti senza un proprio impianto, si genera un aggravio di costi per gli altri condomini.

Quali sono i criteri per valutare la legittimità del distacco?

Ai sensi dell’articolo 1118 del codice civile, per essere considerato legittimo, il distacco dall’impianto centralizzato deve soddisfare due condizioni principali:

  • non deve causare squilibri significativi nel funzionamento dell’impianto comune;
  • non deve comportare un aggravio di spese per gli altri condomini.

La sussistenza di tali elementi deve essere certificata da una perizia da esibire all’assemblea. L’assemblea tuttavia potrebbe autorizzare il distacco anche senza bisogno di tale documentazione.

Se sussiste anche una sola di tali circostanze, il distacco è illegittimo.

Come può un condomino dimostrare la legittimità del proprio distacco?

Come anticipato sopra, per dimostrare che il distacco non arrecherà pregiudizi agli altri condomini, è necessario fornire una documentazione tecnica adeguata. In alternativa, l’assemblea condominiale può autorizzare la separazione sulla base di una valutazione autonoma che escluda conseguenze negative.

Cosa deve pagare chi si stacca dal riscaldamento centralizzato?

Anche dopo aver ricevuto l’autorizzazione per il distacco, il condomino rimane obbligato a contribuire alle spese di conservazione dell’impianto centralizzato, come la sostituzione della caldaia. Questo perché l’impianto rimane di proprietà comune e il condomino – o, per lui, i suoi eredi o acquirenti – potrebbe sempre tornare sui suoi passi e decidere di riallacciarsi alla rete comune.

Inoltre chi si distacca deve sempre pagare i cosiddetti consumi involontari, che consistono in una quota delle normali bollette, per via delle dispersioni di calore dai tubi condominiali e degli altri appartamenti che finiscono inevitabilmente per irradiare calore anche nelle altre unità immobiliari.

Quali controversie possono sorgere dal distacco dal riscaldamento centralizzato?

Diverse controversie possono emergere quando un condomino decide di abbandonare il riscaldamento centralizzato. Uno dei problemi più comuni è relativo al pagamento dei cosiddetti consumi involontari, cioè le dispersioni di calore dalla rete di distribuzione dell’impianto unico. Questo fenomeno è inevitabile in caso di distacco. L’entità dei consumi involontari viene determinata seguendo i parametri definiti dalla normativa Uni 10200:2015, come indicato nel decreto legislativo 102/14.

Il condomino deve pagare i consumi involontari anche dopo il distacco?

Sì, secondo l’ordinanza numero 29838 del 2022, il condomino che si stacca dall’impianto centralizzato rimane responsabile per i consumi involontari, indipendentemente dal grado di separazione fisica tra la sua unità abitativa e la caldaia centrale. La normativa tecnica sulla ripartizione delle spese non considera la separatezza materiale, ma si può derogare a questa regola solo con il consenso unanime di tutti i condomini.

Il regolamento condominiale può negare il diritto al distacco?

No, il regolamento condominiale non può negare il diritto al distacco dall’impianto centralizzato. Questo perché non può derogare alle disposizioni del quarto comma dell’articolo 1138 del Codice Civile, né può limitare i diritti derivanti ai condomini dalla legge o dagli atti di acquisto. E questo vale anche se si tratta di regolamento contrattuale, ossia approvato all’unanimità da tutti i condomini.

Dunque, una clausola del regolamento condominiale che impedisce completamente al condomino di rinunciare al servizio di riscaldamento centralizzato e di staccarsi dall’impianto è considerata nulla. L’ordinanza della Cassazione n. 9387/20 stabilisce che tale clausola viola il diritto individuale del condomino sulla cosa comune, a condizione che il distacco non crei notevoli squilibri nel funzionamento dell’impianto. La nullità si estende anche a eventuali deliberazioni dell’assemblea che applicano tale clausola.

Qual è il termine per impugnare una delibera assembleare su spese di riscaldamento?

Un condomino che si trovi addebitato delle spese per il riscaldamento nonostante il distacco dall’impianto centralizzato deve agire tempestivamente. La sentenza della Cassazione numero 10586 del 2019 chiarisce che una delibera di questo tipo è annullabile. Pertanto, il condomino ha un termine di trenta giorni per impugnarla, come previsto dall’articolo 1137 del Codice Civile.

Cosa succede se l’amministratore ottiene un’ingiunzione?

Nel caso l’amministratore ottenga un’ingiunzione per il pagamento delle spese, il condomino non può presentare opposizione contro il decreto ingiuntivo se prima non ha presentato opposizione contro la delibera assembleare di approvazione del piano di riparto (nel termine di 30 giorni). Pertanto, il condomino deve accettare la decisione e pagare le spese addebitategli.

Quando una delibera assembleare è considerata nulla?

Una delibera assembleare che modifica per sempre – ossia non solo per una singola annualità ma anche per il futuro – il criterio di ripartizione delle spese del riscaldamento basato sui millesimi è considerata nulla solo se non è stata adottata all’unanimità. In tal caso, l’invalidità della delibera può essere contestata anche dal proprietario esclusivo che ha votato a favore durante l’assemblea.

Il criterio dei millesimi è infatti inderogabile con una semplice maggioranza: ci vuole il consenso di tutti i condomini.

Qual è la responsabilità di un condomino staccato dal riscaldamento centralizzato per le spese di gestione?

Un condomino che si è distaccato dal riscaldamento centralizzato potrebbe essere tenuto a contribuire alle spese di gestione dell’impianto. Secondo l’ordinanza numero 12580 del 2017, se il regolamento condominiale di natura contrattuale lo prevede, il condomino separato può essere obbligato a coprire fino al 35% delle spese di gestione. Questo significa che i condomini, se concordi all’unanimità, possono stabilire che anche le unità immobiliari che non usufruiscono del servizio di riscaldamento centralizzato partecipino parzialmente ai costi di gestione.

Come può un condomino prepararsi per un eventuale contenzioso?

Prima di procedere con il distacco dall’impianto centralizzato, è consigliabile che il condomino si prepari per un eventuale contenzioso. La sentenza numero 23756 del 2016 suggerisce di commissionare una relazione tecnica prima di effettuare l’intervento. Questa relazione dovrebbe documentare la situazione esistente, così da fornire prove utili in caso di contenzioso con gli altri condomini. Se manca una prova che il passaggio all’impianto autonomo non abbia creato squilibri, il condomino staccato potrebbe continuare a pagare le spese del carburante.

 
Pubblicato : 17 Novembre 2023 07:45