forum

Dna paternità: ulti...
 
Notifiche
Cancella tutti

Dna paternità: ultime sentenze

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
71 Visualizzazioni
(@redazione)
Post: 732
Noble Member Registered
Topic starter
 

Compatibilità fra padre e figlio; indagini ematologiche ed immunogenetiche sul Dna; mezzo di prova diretto e non presuntivo della paternità; impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità.

La prova del Dna

In tema di esecutività della sentenza straniera, integra una violazione dell’ordine pubblico processuale la decisione del giudice straniero che, in tema di accertamento della paternità naturale, dopo avere dapprima disposto d’ufficio la cd. prova del DNA, abbia disposto immotivatamente la revoca del mezzo istruttorio pur in presenza della dichiarata disponibilità all’esame da parte del preteso padre e dopo aver disposto con rogatoria che l’incidente istruttorio venisse eseguito in Italia.

Cassazione civile sez. I, 26/02/2021, n.5327

Accertamento paternità: immotivata revoca della prova del Dna

La sentenza straniera, pronunciata in un giudizio di accertamento della paternità naturale nel corso del quale il giudice abbia immotivatamente revocato la prova dell’esame del DNA, in corso di svolgimento tramite rogatoria ed in presenza della dichiarata disponibilità del presunto padre a sottoporvisi, è contraria all’ordine pubblico processuale e non può essere dichiarata esecutiva.

Cassazione civile sez. I, 26/02/2021, n.5327

Rifiuto della prova del Dna

In riferimento agli articoli 13,15,24,30 e 32 della Costituzione è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 269 del Cc, 116 e 118 del Cpc, ove interpretato nel senso della possibilità di dedurre argomenti di prova dal rifiuto del preteso padre di sottoporsi a prelievi ematici al fine dell’espletamento dell’esame del Dna. Invero, dall’articolo 269 del Cc non deriva una restrizione della libertà personale, avendo il soggetto piena facoltà di determinazione in merito all’assoggettamento o meno ai prelievi, mentre il trarre argomenti di prova dai comportamenti della parte costituisce applicazione del principio della libera valutazione della prova da parte del giudice, senza che ne resti pregiudicato il diritto di difesa, e, inoltre, il rifiuto aprioristico della parte di sottoporsi ai prelievi non può ritenersi giustificato nemmeno con esigenze di tutela della riservatezza, tenuto conto sia del fatto che l’uso dei dati nell’ambito del giudizio non può che essere rivolto a fini di giustizia, sia del fatto che il sanitario chiamato dal giudice a compiere l’accertamento è tenuto tanto al segreto professionale che al rispetto della legge 31 dicembre 1996 n. 675.

Cassazione civile sez. I, 17/02/2021, n.4221

Verifica della paternità e consulenza stragiudiziale sul Dna

In tema di test del DNA per la verifica della paternità, colui che impugna il riconoscimento è tenuto a dimostrare solo la non rispondenza del riconoscimento al vero e non la assoluta impossibilità a procreare dell’autore del riconoscimento, come invece sostenuto da un precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, superato alla luce della riforma dell’istituto dell’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, sostanzialmente allineato a quello del disconoscimento, con conseguente valenza dirimente, anche in tal caso, della consulenza genetica.

Nel caso in cui sia stata acquisita una consulenza sul DNA, espletata da un esperto al di fuori del processo su concorde richiesta delle parti, il giudice, ove non siano allegate specifiche ragioni tecniche e scientifiche, non è obbligato a disporre una consulenza tecnica di ufficio per il solo fatto della natura stragiudiziale della perizia acquisita, potendo utilizzarla, stante il diritto di allegazione delle parti ed il principio del libero convincimento del Giudice.

Tribunale Roma sez. I, 10/06/2020, n.8359

Rifiuto dell’esame del Dna: equivale ad ammettere la paternità?

L’accertamento immuno-ematologico per l’accertamento della paternità non è subordinato alla prova dell’esistenza di una relazione, e il rifiuto ingiustificato a sottoporvisi, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., è suscettibile di essere valutato come ammissione.

Cassazione civile sez. I, 14/06/2019, n.16128

Test del Dna errato

Il danno da perdita del rapporto parentale spetta quando vi sia la rottura di tale rapporto anche con un soggetto non consanguineo, ma che rappresenti per il danneggiato la identica figura del padre; la lesione del rapporto parentale può essere determinata anche da un evento diverso dalla morte (nella specie, un minore, a seguito di un test del DNA errato, aveva considerato come padre un uomo con cui non aveva alcun legame di sangue; la Corte ha ritenuto che la rottura di questo legame fosse tale da generare un danno da perdita del rapporto parentale per il minore).

Cassazione civile sez. III, 21/08/2018, n.20835

L’analisi dei polimorfismi del Dna

L’azione di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità postula, a norma dell’art. 263 cod. civ., la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto che abbia inizialmente compiuto il riconoscimento sia, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio.

Ai fini probatori, la cosiddetta analisi dei polimorfismi del DNA costituisce l’unico mezzo di prova diretto e non presuntivo della paternità e viene effettuata procedendo al confronto tra il profilo genetico del figlio con quello di entrambi i genitori; una volta individuate nel figlio le caratteristiche genetiche di provenienza materna, viene valutato se vi sia o meno corrispondenza con quelle di provenienza paterna e, in caso negativo, l’indagine si conclude con l’esclusione certa della paternità.

Nel caso, invece, in cui venga accertata una compatibilità fra padre e figlio, viene determinata la percentuale di probabilità statistica che il soggetto in esame sia effettivamente il padre biologico.

Tribunale Spoleto, 07/08/2018, n.673

Certezza dell’adulterio e disconoscimento della paternità

La scoperta dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionale) – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo.

(Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di appello che ha riconosciuto la tempestività della domanda di disconoscimento della paternità, ritenendo che, pur risultando una pregressa conoscenza dell’adulterio da parte dell’attore, solo all’esito dell’espletamento della prova del DNA, questi ne avesse acquisito la certezza).

Cassazione civile sez. I, 09/02/2018, n.3263

Sentenza dichiarativa di paternità: la prova del Dna

Nel giudizio diretto ad ottenere una sentenza dichiarativa della paternità del figlio nato fuori dal matrimonio, nell’ipotesi in cui sia stata esperita e, anche su istanza congiunta, richiesta al Tribunale l’acquisizione di consulenza svolta sul DNA – appunto espletata da un esperto, al di fuori del processo, su concorde richiesta delle parti – il Giudice ove non siano allegate specifiche ragioni tecniche o scientifiche, non è obbligato a disporre una nuova CTU, per il solo fatto della natura stragiudiziale della perizia acquisita.

Tribunale Asti, 25/07/2017, n.638

Rifiuto del test del Dna

In tema di dichiarazione di paternità, il rifiuto del convenuto di sottoporsi al test del DNA, che costituisce argomento di prova ai sensi degli artt. 296 e 116 c.p.c., e l’ammissione delle parti circa la sussistenza di una relazione sentimentale fra le stesse comportano l’affermazione della paternità in capo al convenuto.

Tribunale Napoli sez. I, 27/03/2017, n.3583

Consulenza tecnica d’ufficio genetica

In tema di dichiarazione giudiziale di paternità, il giudice può fondare la sua decisione su una consulenza tecnica d’ufficio genetica, che abbia fatto uso del materiale biologico del convenuto (il preteso padre, morto in corso di causa), prelevato prima della sepoltura in forza di provvedimento adottato dal giudice istruttore, per l’eccezionale urgenza (desunta dal rischio, valutato ex ante, della impossibilità o della estrema difficoltà di espletamento del prelievo in caso di sepoltura, atteso che il cmpo avrebbe potuto essere cremato, o non reperito con sicurezza, o degradato in misura tale da non consentire l’estrazione del DNA), ai sensi dell’art. 697 c.p.c., con implicita dispensa dalla notifica alla parte convenuta e senza aver acquisito, perché irrilevante, il consenso dei congiunti del defunto, i quali, costituitisi successivamente, neppure in grado di appello hanno dedotto e provato di aver subìto uno specifico pregiudizio.

Corte appello Napoli, 16/03/2017

Rifiuto di sottoporsi ad esami ematologici

Nel giudizio promosso per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale, l’efficacia delle indagini ematologiche ed immunogenetiche sul DNA non può essere esclusa perché esse sono suscettibili di utilizzazione solo per compiere valutazioni meramente probabilistiche, in quanto tutte le asserzioni delle scienze fisiche e naturalistiche hanno questa natura anche se espresse in termini di “leggi”, e tutte le misurazioni, anche quelle condotte con gli strumenti più sofisticati, sono ineluttabilmente soggette ad errore, sia per ragioni intrinseche (cosiddetto errore statistico), che per ragioni legate al soggetto che esegue o legge le misurazioni (cosiddetto errore sistematico), spettando al giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la valutazione dell’opportunità di disporre indagini suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre la rinnovazione delle indagini.

Cassazione civile sez. I, 25/03/2015, n.6025

Rapporto biologico di paternità

In materia di dichiarazione giudiziale di paternità, il rifiuto ingiustificato di sottoporsi all’esame del DNA rientra tra gli argomenti idonei a fondare il convincimento del Giudicante sulla sussistenza del rapporto biologico di paternità.

Corte appello L’Aquila, 12/02/2015

Domanda di dichiarazione giudiziale di paternità

Una serie di elementi indiziari è sufficiente a fondare la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità anche senza prova del D.n.a.

Cassazione civile sez. I, 21/02/2014, n.4175

Rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici

In tema di dichiarazione giudiziale di paternità, il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici rientra tra gli argomenti di prova idonei a formare il convincimento del giudice, unitamente a tutte le altre risultanze istruttorie di cui costituisce rilevante elemento integrativo. Né può trarsi argomento contrario dalla giurisprudenza costituzionale pronunciatasi per l’illegittimità. delle norme processuali penali in tema di prelievo ematico coattivo.

Nella specie, infatti, si tratta di valutare non le legittimità o meno di un prelievo funzionale alle prove genetiche sul DNA, ma soltanto se, ferma la inviolabilità della persona e l’incoercibilità del prelievo medesimo, dalla scelta negativa di rifiutarne il consenso sia lecito trarre argomenti di prova al pari di tutti gli altri comportamenti tenuti dalle parti in corso di giudizio.

In altri termini, se la volontà di sottoporsi al prelievo ematico per eseguire gli accertamenti sul DNA non è coercibile, nulla tuttavia impedisce al giudice di valutare il comportamento della parte, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., in caso di rifiuto sia pur in sé legittimo ma privo di adeguata giustificazione; oltretutto, la dimostrazione della paternità naturale può essere tratta esclusivamente dalla condotta processuale del preteso padre, globalmente considerata e posta in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre.

Tribunale Salerno sez. I, 11/02/2014, n.462

Indagini ematologiche e immunogenetiche sul Dna

Nel giudizio diretto ad ottenere una sentenza dichiarativa della paternità naturale, non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca, anche “per relationem”, le conclusioni della relazione di consulenza tecnica d’ufficio, avente ad oggetto le indagini ematologiche ed immunogenetiche sul DNA (che può assumere, nonostante la valenza esclusivamente probabilistica delle relative valutazioni, la funzione di mezzo obiettivo di prova, avente margini di sicurezza elevatissimi, alla luce degli approdi scientifici ormai condivisi), dovendosi ritenere che il giudice, salvo il caso in cui siano mosse precise censure, (anche contenute in consulenze tecniche di parte) a cui è tenuto a rispondere, possa limitarsi ad un mero richiamo adesivo al parere espresso dal consulente d’ufficio.

Cassazione civile sez. I, 24/12/2013, n.28647

Accertamento preventivo della consanguineità mediante un test predittivo

Il trattamento di dati genetici di carattere non sanitario, finalizzato ad estrarre informazioni relativa al DNA per orientare la scelta verso un’azione di disconoscimento di paternità, con l’accertamento preventivo della consanguineità mediante un test predittivo, non è legittimo sulla base della sola Autorizzazione generale del Garante n. 2 del 2002, ma richiede il previo consenso dell’interessato, dovendosi inoltre rilevare, al riguardo, una continuità di regime giuridico, nel trattamento dei dati genetici, tra la fase anteriore e quella successiva all’emanazione dell’apposita Autorizzazione del 22 febbraio 2007, prescritta dall’art. 90 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(Nella specie, la S.C. ha enunciato il principio con riferimento ad una controversia riguardante il trattamento di dati genetici, ottenuti mediante prelievo di mozziconi di sigaretta da parte di una agenzia investigativa e sottoposti, senza il consenso del titolare, al prelievo di campioni biologici ed accertamento del DNA).

Cassazione civile sez. I, 13/09/2013, n.21014

Consulenza tecnica sul Dna di persona deceduta

Nel giudizio diretto ad ottenere la dichiarazione giudiziale della paternità (o maternità) naturale, deve escludersi la necessità di consenso dei congiunti per l’espletamento della consulenza tecnica sul DNA della persona deceduta, non essendo configurabile un loro diritto soggettivo sul corpo di quest’ultima, in quanto non è previsto da alcuna disposizione normativa il loro consenso per accertamenti da eseguire per finalità di giustizia.

Cassazione civile sez. I, 19/07/2012, n.12549

The post Dna paternità: ultime sentenze first appeared on La Legge per tutti.

 
Pubblicato : 25 Novembre 2022 05:00