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Dipendenti pubblici: il cartellino identificativo viola la privacy?

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(@mariano-acquaviva)
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Sono un dipendente pubblico. Il mio lavoro è a contatto con il pubblico. Siamo obbligati a portare il cartellino di riconoscimento – che nel nostro caso è il badge con cui timbriamo – su cui compare foto, nome e cognome e numero di matricola? È legale che compaia anche il cognome? Non sarebbe più giusto portare un cartellino con solo il nome e, al limite, l’iniziale del cognome?

I cartellini identificativi sono la norma nella quasi totalità della Pubblica Amministrazione.

L’articolo 55-novies del d. lgs. n. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego) afferma che «i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro».

Secondo la circolare nr. 3/2010 del Ministero per la Pubblica Amministrazione, l’obbligo del cartellino identificativo riguarda tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni soggetti a contrattazione collettiva, mentre non riguarda direttamente il personale di cui all’art. 3 del d. lgs. n. 165/2001.

Quindi la norma non si applica ai magistrati e agli avvocati dello Stato, ai professori universitari, al personale appartenente alle forze armate e alle forze di polizia, al corpo nazionale dei vigili del fuoco, al personale delle carriere diplomatica e prefettizia e alle altre categorie che, ai sensi del menzionato art. 3, sono disciplinate dai propri ordinamenti.

Secondo la legge, l’obbligo di identificazione sussiste per i dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, per tali dovendosi intendere quelle svolte in luogo pubblico e aperto al pubblico nei confronti di un’utenza indistinta.

Alla luce di quanto sinora detto, si evince l’obbligatorietà del cartellino identificativo (o di strumento analogo) per tutti i dipendenti che si trovano a contatto con il pubblico.

Dalla normativa, peraltro, si desume anche la necessità che il cartellino sia realmente in grado di identificare il dipendente: la norma, infatti, persegue l’obiettivo di attuare la trasparenza nell’organizzazione e nell’attività delle pubbliche amministrazioni.

Se, pertanto, il cartellino mostrasse solo il nome e non il cognome del dipendente, tale esigenza finirebbe per essere frustrata.

Le modalità di attuazione dell’obbligo di legge sono rimesse alla singola pubblica amministrazione, così come la specificazione dei casi in cui essa si rende davvero necessaria.

In questo senso la circolare sopramenzionata, secondo la quale «considerata la varia tipologia di funzioni e servizi svolti dalle pubbliche amministrazioni, l’individuazione delle attività rilevanti è rimessa alla valutazione di ciascuna amministrazione».

In ogni caso, non è possibile eludere la finalità dell’obbligo, che è quello di consentire all’utente di “dare un volto” alla pubblica amministrazione con cui si interfaccia, mediante identificazione del proprio personale.

Sempre la medesima circolare dice che «l’identificazione del dipendente avviene mediante l’uso di “cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro […] la scelta tra l’una e l’altra modalità è rimessa all’amministrazione e sarà effettuata a seconda della tipologia di attività, fermo restando che possono essere adottate contemporaneamente entrambe le modalità e che non è tanto rilevante lo strumento di per sé quanto piuttosto il soddisfacimento dell’esigenza sottesa che è quello dell’identificazione dell’addetto».

Insomma: non è tanto importante il “modo” quanto l’effettiva possibilità di identificare il dipendente pubblico.

La circolare specifica altresì che, rispetto all’obbligo imposto dall’articolo 55-novies del d. lgs. n. 165/2001 di rendere conoscibile il proprio nominativo, la norma individua solamente un contenuto minimo, lasciando alle singole amministrazioni «valutare se e quando attuare l’identificazione anche attraverso ulteriori elementi soprattutto in riferimento al ruolo del soggetto nell’ambito dell’organizzazione: posizione professionale, profilo, qualifica se dirigente, ufficio di appartenenza».

Nel dare attuazione alla norma, però, le amministrazioni debbono tener conto della finalità della prescrizione, evitando la diffusione di dati personali non pertinenti od eccedenti la finalità.

«Cosi, non sembra rispondere ad un principio di corretto utilizzo dei dati personali l’indicazione nel cartellino delle generalità del dipendente, complete dell’indicazione della data di nascita. Occorre, infatti, l’individuazione di modalità sufficienti ed adeguate che, salvaguardando il pubblico interesse, evitino di compromettere la sfera personale del soggetto».

Tirando le fila di quanto detto sinora, lo scrivente ritiene sommessamente di poter affermare che:

  • il cartellino identificativo è obbligatorio;
  • l’indicazione del nome e del cognome è necessaria per un effettivo riconoscimento del dipendente pubblico, non rappresentando una misura ultronea rispetto al fine perseguito dalla norma di legge.
 
Pubblicato : 9 Marzo 2024 15:15