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Diffamazione: il gestore del sito risponde dei commenti?

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(@mariano-acquaviva)
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Il titolare o l’amministratore di una pagina web può essere condannato per i commenti denigratori pubblicati da altre persone?

Insultare chi è assente, in presenza di altre persone, costituisce il reato di diffamazione. La legge punisce il danno alla reputazione altrui, soprattutto se l’offesa è effettuata attraverso strumenti che consentono facilmente di diffondere l’ingiuria, come ad esempio internet. È in questo preciso contesto che si pone il seguente quesito: il gestore del sito risponde dei commenti degli altri utenti?

In buona sostanza, si tratta di capire se colui che amministra o gestisce una pagina web, un canale YouTube o qualsiasi altra tipologia di portale online possa essere condannato per diffamazione nell’ipotesi in cui uno degli utenti abbia deciso di pubblicare commenti lesivi della reputazione altrui. Vediamo cosa dice la giurisprudenza a tal proposito.

Quando c’è diffamazione?

Come anticipato in apertura, sono tre gli elementi fondamentali della diffamazione:

  • l’assenza della persona offesa, la quale non deve essere in grado di percepire gli insulti;
  • la presenza di almeno altre due persone, diverse dal diffamatore e dal diffamato;
  • la lesione della reputazione della vittima, per tale dovendosi intendere la considerazione che gli altri hanno di essa.

Diffamazione in internet: come funziona?

La diffamazione commessa attraverso internet, cioè mediante strumenti telematici, è punita più severamente, essendo equiparata a quella che avviene a mezzo stampa, cioè con uno strumento di pubblicità.

Le offese sul web, infatti, possono rapidamente diffondersi, fino a diventare incontrollabili, con conseguente maggior danno per la vittima.

Sono esempi di diffamazione in internet: i commenti pubblici sui social network e sui blog; le denigrazioni nelle chat di gruppo; gli insulti tramite email condivisa con più persone.

In ogni caso, perché si abbia diffamazione occorre che la persona offesa non sia online al momento dell’insulto: se così fosse, si tratterebbe di un’ingiuria penalmente irrilevante.

Il titolare di un sito web risponde dei commenti?

Secondo la Corte di Cassazione [1], il gestore di un sito web può essere condannato per diffamazione aggravata se non provvede a rimuovere tempestivamente i commenti denigratori che appaiono sulla propria pagina, anche se sono stati scritti da altri.

Per la giurisprudenza, dunque, chi amministra un sito internet è responsabile di ciò che accade al suo interno e, di conseguenza, anche dei contenuti che dovessero essere pubblicati o condivisi dagli altri utenti della rete.

Sempre secondo i giudici, il gestore del sito che tollera consapevolmente la presenza del commento denigratorio si rende responsabile dello stesso reato di chi ha effettuato la pubblicazione, se non si adopera tempestivamente per la sua rimozione.

Da quest’ultimo punto di vista, la giurisprudenza non individua un termine esatto entro cui agire per la rimozione: l’importante è che non trascorra troppo tempo dalla pubblicazione del contenuto diffamatorio.

Carlo contatta l’amministratore di un sito web per chiedergli di rimuovere un commento ingiurioso rivolto nei suoi confronti. L’amministratore fa finta di nulla e non cancella il post diffamatorio.

Il principio è quindi il seguente: il titolare di un sito web può essere ritenuto direttamente responsabile di diffamazione se non si attiva per impedire che uno scritto diffamatorio, pubblicato e firmato da un soggetto terzo, permanga online in quanto, così facendo, consente l’aggravamento delle conseguenze del reato.

Secondo altra sentenza [2], perché si abbia responsabilità penale del gestore non è sufficiente la mera consapevolezza del contenuto denigratorio sul proprio sito, essendo invece necessario che sussistano elementi che denotino la compartecipazione dell’amministratore all’attività diffamatoria.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto colpevole il titolare di un sito internet che aveva condiviso la pubblicazione di un articolo offensivo della reputazione altrui apparso sulla propria pagina, collaborando alla raccolta delle informazioni necessarie per la sua redazione, quindi partecipando attivamente all’attività diffamatoria.

Quest’ultimo orientamento deve ritenersi maggiormente rispettoso dei principi che regolano il concorso di persone nel reato, in base ai quali si può rispondere del crimine commesso da altri solo se si fornisce un contributo materiale all’azione delittuosa ovvero se si istiga l’autore a compiere l’illecito (cosiddetto “concorso morale”).

 
Pubblicato : 7 Novembre 2023 13:00