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Dieci passaggi essenziali per gestire una successione ereditaria

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(@adele-margherita-falcetta)
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Guida pratica passo passo agli adempimenti che devono essere effettuati dagli eredi alla morte di una persona.
La morte di un congiunto o di un amico, oltre a essere un evento doloroso, comporta diverse conseguenze di ordine patrimoniale, che richiedono il compimento di una serie di adempimenti da parte delle persone chiamate a succedere al defunto. Spesso, però, non si hanno le conoscenze necessarie per affrontare in modo corretto tali incombenze.

Questo articolo illustra dieci passaggi essenziali per gestire una successione ereditaria, offrendo una guida pratica e dettagliata per affrontare il processo di successione. Inizieremo con la comprensione delle disposizioni testamentarie o delle norme di legge applicabili in assenza di testamento, proseguendo con l’identificazione e la valutazione dei beni del defunto. Fondamentale è anche il riconoscimento degli eredi legittimi, così come la gestione delle passività del defunto. Questo percorso mira a guidare gli interessati attraverso le complessità della successione, assicurando una gestione efficace e conforme alla legge.

1. Morte di una persona: cosa fare subito

La successione ereditaria si attiva con la morte di una persona e comporta il trasferimento delle sue posizioni giuridiche agli eredi. Essa può essere universale, dove l’erede assume tutti i diritti e doveri del defunto, inclusi i debiti, o particolare, dove i legatari ricevono beni specifici senza ereditare debiti.
Esistono tre tipi di successione: testamentaria (secondo il testamento del defunto), legittima (secondo la legge in assenza di testamento o se il testamento è invalido), e necessaria (proteggendo i diritti minimi dei parenti più stretti).
Gli eredi devono accertare se esiste un testamento, che influenzerebbe come procederanno con la successione. In caso di dubbi, possono ricercare presso il Consiglio Notarile Distrettuale dell’ultimo domicilio del defunto. In assenza di testamento, si applicano le norme della successione legittima, coinvolgendo coniuge, figli, fratelli, sorelle, ascendenti e nipoti in quote variabili (art. 565 e seguenti cod. civ.).

2. Morte di una persona: accettare l’eredità o rinunciarvi

Un individuo diventa erede effettivo solo dopo aver compiuto l’accettazione dell’eredità, che può essere espressa tramite un atto notarile o una dichiarazione ricevuta da un cancelliere, oppure tacita, dedotta da azioni incompatibili con la rinuncia. Atti quali la vendita di beni ereditari o la gestione degli stessi possono implicare accettazione tacita, mentre mere attività conservatrici non la costituiscono.

L’accettazione dell’eredità è un atto unilaterale e definitivo, che non può essere parziale o condizionato. Dopo l’accettazione, l’eredità non può essere rifiutata o accettata nuovamente. Il termine per accettare è di dieci anni dall’apertura della successione.

Ci sono due forme di accettazione: pura e semplice, a seguito della quale l’erede risponde anche dei debiti dell’eredità con il proprio patrimonio, e con beneficio d’inventario, che limita la responsabilità ai soli beni ereditati. L’accettazione con beneficio d’inventario è obbligatoria per minori, interdetti, e alcune entità giuridiche, e richiede una dichiarazione formale seguita dalla redazione dell’inventario. Ritardi nel compiere tale adempimento trasformano l’accettazione in pura e semplice. Questa forma di accettazione non può avvenire tacitamente. Essa è conveniente quando il defunto aveva debiti, ma questi sono inferiori al valore dei beni ereditari, per cui la vendita di questi ultimi in favore dei creditori comporterebbe un attivo residuo.

Tuttavia può essere che i debiti del defunto superino il valore dei beni ereditari. In tal caso il chiamato all’eredità ha la possibilità di fare una formale rinuncia, tramite un atto notarile o una dichiarazione presso la cancelleria del Tribunale del luogo di apertura della successione, da registrare nel Registro delle successioni.

3. Come fare la dichiarazione di successione

Entro un anno dalla morte del de cuius (con tale espressione si intende la persona della cui eredità si tratta), diverse figure coinvolte nella successione, tra cui gli eredi (accettanti esplicitamente o tacitamente), i legatari testamentari, i rappresentanti legali, gli amministratori dell’eredità, i curatori dell’eredità giacente, gli esecutori testamentari e i trustee, devono presentare la dichiarazione di successione all’Agenzia delle Entrate. Dal 2019, questa procedura è esclusivamente telematica e può essere facilitata da un soggetto delegato, come un commercialista o un CAF.

Insieme alla dichiarazione, devono essere pagate le relative imposte, dopodiché si riceve una ricevuta e una copia della dichiarazione, che viene inserita nel cassetto fiscale del contribuente. La dichiarazione deve elencare tutti i beni e diritti del defunto, escludendo alcune indennità e assicurazioni.

Dopo la presentazione e il pagamento delle tasse, gli eredi possono procedere con la liquidazione e la divisione dei beni ereditari, inclusi i conti correnti e gli immobili. Tuttavia, coniugi e parenti in linea diretta che ereditano meno di 100.000 euro senza immobili, o coloro che rinunciano all’eredità, non sono tenuti a presentare la dichiarazione di successione, ma devono compilare una dichiarazione di responsabilità. Inoltre, se il defunto possedeva solo l’usufrutto di beni immobili, gli eredi sono esentati dalla presentazione della dichiarazione, poiché questo diritto si estingue con la morte del titolare.

4. Il pagamento delle imposte di successione

Nella successione ereditaria, i costi per gli eredi variano in base al valore del patrimonio ereditato e al rapporto con il defunto. L’imposta di successione si calcola sulla base imponibile, differenza tra attivo e passivo del patrimonio del defunto, e dipende dal grado di parentela con quest’ultimo.

Per coniugi e parenti in linea retta, c’è una franchigia di 1.000.000 di euro, oltre la quale si applica una tassa del 4%. Fratelli e sorelle hanno una franchigia di 100.000 euro con tassa del 6% sull’eccedenza. Per parenti fino al 4° grado e affini, non c’è franchigia e l’imposta è del 6%, mentre per altri eredi è dell’8%, senza franchigia. Persone con handicap grave godono di una franchigia di 1.500.000 euro (art. 2, comma 48, D.L. n. 262/2006).

Nel calcolare la franchigia si considerano anche donazioni precedenti alla successione e atti di liberalità del defunto. Alcuni beni, come titoli di Stato, crediti non riconosciuti, beni in procedimenti giudiziari, beni mobili registrati, TFR e beni culturali, sono esclusi dalle imposte di successione.

Esistono esenzioni dall’imposta di successione per:

  • quote sociali e azioni di imprese ereditate, con restrizioni sulla cessione per cinque anni;
  • polizze vita e assicurazioni previdenziali, che non fanno parte dell’attivo ereditario;
  • terreni agricoli o montani;
  • enti ecclesiastici, onlus, associazioni no profit, se il testatore ha destinato il patrimonio a scopi di pubblica utilità.

5. Cosa fare se si è legittimari

Alcuni eredi godono di una particolare protezione da parte del legislatore. La successione necessaria (art. 536 e seguenti cod. civ.) tutela infatti i legittimari, cioè i parenti stretti e il coniuge del defunto, limitando la sua libertà di disporre dei beni tramite testamento o donazioni. Il patrimonio ereditario è diviso in una quota indisponibile (detta di legittima o di riserva) per i legittimari e una quota liberamente disponibile dal testatore o donante.

I legittimari sono il coniuge, i figli e gli ascendenti, con quote variabili a seconda della loro presenza e combinazione. Il coniuge ha anche diritto di abitazione sulla casa familiare e uso degli arredi, indipendentemente dalla sua quota.

Se un legittimario viene omesso o danneggiato dal testamento, può avviare entro dieci anni un’azione di riduzione per riottenere la sua quota. In caso di vittoria, se il beneficiario non restituisce i beni, il legittimario può intraprendere un’azione di restituzione.

6. Il pagamento dei debiti del defunto

Nella successione ereditaria, la maggior parte dei debiti del defunto vengono trasferiti agli eredi, che sono tenuti a pagarli in proporzione alla loro quota ereditaria. I debiti ereditari includono mutui, fideiussioni, bollette domestiche, bollette condominiali (per gli ultimi due anni), imposte e tasse, nonché debiti contratti in attività di società di persone o di capitali.

Tuttavia, alcuni debiti non sono trasferibili agli eredi. Questi includono debiti prescritti, obbligazioni naturali (come debiti di gioco), sanzioni amministrative, multe stradali precedenti al decesso, sanzioni penali (esclusi i casi di abusi edilizi), assegni di mantenimento e debiti di società per azioni sciolte dopo la morte.

Gli eredi sono tenuti al pagamento dei debiti, ma non delle sanzioni correlate. In alcuni casi, come per le imposte sui redditi e le imposte di successione, esiste una responsabilità solidale, per cui uno solo degli eredi può essere tenuto a pagare l’intero importo, con diritto di rivalsa sugli altri eredi. Se l’eredità è accettata con beneficio d’inventario, la responsabilità dell’erede è limitata ai beni ereditati.

7. Il subentro in contratti dei quali era parte il defunto

Al momento della morte, il de cuius potrebbe essere stato coinvolto in un contratto di locazione, sia come proprietario sia come inquilino. Se era inquilino di un immobile ad uso abitativo, il contratto prosegue con gli eredi conviventi, inclusi i conviventi more uxorio non formalizzati come coppia di fatto, secondo l’art. 6 della legge n. 392/1978. Per gli eredi non conviventi, il contratto si estingue ed eventuali canoni non pagati sono debiti degli eredi pro quota. Se il defunto era inquilino di un immobile ad uso non abitativo, l’erede che prosegue l’attività professionale può continuare il contratto, ma non è obbligato a farlo.

Gli eredi dell’inquilino possono recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte, se la locazione dura più di un anno e la sublocazione è vietata, come stabilito dall’art. 1614 cod. civ.. La disdetta deve essere comunicata con un preavviso di almeno tre mesi.

Se il de cuius era locatore, gli eredi subentrano nel contratto, notificandolo all’Agenzia delle Entrate, e questo subentro è considerato come accettazione tacita dell’eredità.

In caso di partecipazioni in società, la situazione varia. In una società di persone, bisogna riferirsi all’atto costitutivo e agli accordi tra soci. Nelle società di capitali, le quote o azioni passano agli eredi in proporzione alle loro quote ereditarie. I contratti intuitu personae, come mandati o contratti di prestazione d’opera professionale, non continuano, mentre gli altri contratti proseguono con gli eredi.

8. Come gestire i rapporti con la banca e l’assicurazione del defunto

Gli eredi hanno il dovere di comunicare alla banca il decesso del loro cliente. A seguito di ciò, la banca “congela” il conto corrente e eventuali dossier titoli del defunto. A seconda della tipologia del conto corrente, le procedure variano:

  • se il conto è cointestato con gestione disgiunta, i cointestatari possono gestire liberamente la propria quota, mentre gli eredi devono occuparsi della quota del defunto, con la banca che richiederà una dichiarazione di successione e una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
  • se il conto è cointestato con gestione congiunta, viene congelato;
  • se il conto era intestato solo al defunto, si segue la prassi sopra indicata per il caso di gestione disgiunta;
  • in tutti i casi, assegni, carte di credito e di debito del defunto devono essere restituiti alla banca.

Analogamente, i dossier titoli bancari del defunto, come azioni e obbligazioni, entrano nell’attivo ereditario.

Per le assicurazioni sulla vita del defunto, il pagamento ai beneficiari è un loro diritto diretto e non fa parte dell’eredità. Tuttavia, i premi assicurativi pagati dal defunto sono considerati come donazioni indirette ai beneficiari, secondo la giurisprudenza di legittimità. (Corte di Cassazione, sent. n. 29583/2021)

9. Come si fa la divisione ereditaria

La comunione ereditaria si scioglie tramite la divisione ereditaria, che rende ciascun coerede unico titolare della propria quota ideale dei beni ereditati. Esistono tre tipi di divisione:

  • contrattuale: realizzata tramite un accordo tra i coeredi, richiede forma scritta, autenticazione notarile e trascrizione per beni immobili o diritti immobiliari;
  • giudiziale: avviene in assenza di accordo, attraverso il giudice. Recentemente è stata introdotta la divisione giudiziale semplificata, gestita da un notaio o avvocato nominato dal Tribunale in casi non contestati;
  • testamentaria: stabilita dal de cuius nel suo testamento.

La divisione può essere richiesta da uno o più coeredi, escludendo coloro che non hanno ancora accettato l’eredità, i legatari e i legittimari pretermessi in attesa di azione di riduzione. Ostacoli alla divisione includono la presenza di un erede concepito ma non ancora nato, di un minorenne o di un giudizio in corso sulla filiazione.

Per i beni immobili divisibili, ogni coerede può chiedere la sua parte. Se necessario, i beni possono essere venduti per facilitare la divisione. I coeredi devono conferire  i beni donati dal defunto e imputare alla propria quota i debiti verso il defunto e altri coeredi. Questo processo, noto come collazione, mira a evitare disparità tra coeredi che hanno già ricevuto beni prima della morte del de cuius.

La divisione si conclude con la valutazione dei beni rimanenti e la formazione di porzioni proporzionali alle quote degli eredi.

10. Cosa fare in caso di disaccordo tra gli eredi

Per concludere questa rassegna sui dieci passi essenziali per gestire una successione ereditaria, vediamo cosa succede in caso di disaccordo tra gli eredi.

Le controversie tra eredi possono essere varie e complesse, spesso riguardanti la lesione dei diritti dei legittimari da parte del testatore attraverso donazioni in vita o disposizioni testamentarie. Quando le trattative amichevoli falliscono, l’intervento di un giudice imparziale diventa necessario per risolvere le questioni legali e interpretare la volontà del testatore.

In tali situazioni, si ricorre alla divisione giudiziale. Gli eredi possono citare in giudizio gli altri coeredi senza limiti temporali, poiché la richiesta di divisione giudiziale è imprescrittibile. Prima di procedere in Tribunale, è obbligatorio tentare la mediazione presso un organismo riconosciuto. Un accordo raggiunto in mediazione ha valore esecutivo.

Un’altra opzione è la negoziazione assistita, dove ogni erede, con l’aiuto di un avvocato e, se necessario, di un mediatore, cerca una soluzione per questioni come l’assegnazione dei beni e il valore delle quote. L’accordo deve essere autenticato da un notaio.

Esiste anche una procedura semplificata di divisione giudiziale su domanda congiunta, che richiede il consenso di tutti i coeredi interessati. È più veloce e meno costosa della procedura ordinaria e implica la nomina di un notaio (e, se necessario, di un esperto stimatore) per preparare un progetto di divisione. Se non ci sono opposizioni entro 30 giorni, il progetto diventa esecutivo.

 
Pubblicato : 28 Gennaio 2024 19:00