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Dichiarazione dei redditi non presentata: quali rischi?

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(@paolo-remer)
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Quali conseguenze ci sono per l’omissione o il ritardo nella presentazione del 730 o del modello Redditi; come rimediare prima che arrivi l’accertamento. 

Tra maggio e settembre è tempo di fare il 730; altrimenti si può presentare il modello Redditi, entro novembre. Ma se queste scadenze non vengono rispettate, e c’è una dichiarazione dei redditi non presentata, quali rischi corre il contribuente per questa omissione o ritardo? Si può rimediare in qualche maniera, prima che l’Agenzia delle Entrate contesti la violazione ed applichi le sanzioni?

Chi non deve fare la dichiarazione dei redditi

Innanzitutto, devi sapere che non tutti corrono rischi. Ci sono molti contribuenti non obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi, neppure con il modello 730; ad esempio, chi percepisce solo redditi da lavoro dipendente da un unico datore di lavoro e ha già avuto tutte le trattenute d’imposta in busta paga. Anche questi soggetti, però, potrebbero avere interesse a presentare la dichiarazione se vogliono far valere ulteriori detrazioni fiscali, come le spese sanitarie o del mutuo per l’acquisto della casa. Ma è un’opzione, non un obbligo. Quindi in questi casi non fare la dichiarazione dei redditi va a svantaggio del contribuente, ma non ci sono sanzioni.

In particolare, non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi annuale i contribuenti che, nell’anno di imposta considerato, hanno:

  • percepito esclusivamente redditi di lavoro dipendente, o di pensione, da un unico sostituto d’imposta che ha rilasciato la Cu (Certificazione unica, il vecchio Cud);
  • conseguito solo redditi di fabbricati derivanti dall’abitazione principale ed altri immobili non locati, situati nel medesimo Comune di residenza;
  • ricevuto redditi esenti da Irpef (come le rendite Inail, le indennità di accompagnamento, il Reddito di cittadinanza e le pensioni sociali) o soggetti ad imposta sostitutiva diversa dalla cedolare secca (ad esempio, gli interessi maturati sui titoli di Stato come i Btp e quelli su depositi e e sui conti correnti);
  • un reddito di lavoro dipendente o pensione inferiore a 8.000 euro, redditi di terreni o fabbricati non superiori a 500 euro;
  • tutti i casi in cui sorge un debito d’imposta finale non superiore a 10,33 euro.

Questi soggetti possono presentare comunque la dichiarazione dei redditi, con il modello 730, per far valere gli oneri deducibili e le spese detraibili, che altrimenti non potrebbero essere portati a credito e andrebbero perduti. Per approfondire i vari casi, leggi: “Quando posso non fare la dichiarazione dei redditi

Chi è obbligato alla dichiarazione dei redditi?

Nel dettaglio, sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi i soggetti che non rientrano nei suddetti casi di esonero e che si trovano in una delle seguenti situazioni:

  • tutti i titolari di partita Iva, anche se hanno conseguito redditi pari a zero;
  • i lavoratori dipendenti o autonomi che hanno ricevuto più di una Certificazione unica (la dichiarazione dei redditi serve a operare il conguaglio rispetto alle aliquote Irpef applicate separatamente da ciascun sostituto d’imposta: ognuno applica l’aliquota media, ma quella finale, che si basa sui redditi complessivi, potrebbe essere superiore);
  • chi ha percepito redditi diversi su cui non sono state applicate ritenute d’imposta, o plusvalenze e redditi di capitale non soggetti a ritenuta definitiva alla fonte e quindi da assoggettare ad imposta sostitutiva.

Dichiarazione omessa e dichiarazione tardiva: differenza

La dichiarazione dei redditi si considera omessa quando viene presentata dopo più di 90 giorni rispetto alla scadenza annuale prescritta dalla legge; fino a quel momento, è considerata soltanto una dichiarazione tardiva. In altre parole, chi presenta la dichiarazione dopo 90 giorni dal termine di scadenza è responsabile di omessa presentazione, al pari di chi non l’ha presentata affatto, neppure in seguito.

Ad esempio, se il termine per la presentazione del modello 730 relativo ai redditi del 2022 scade il 30 settembre 2023, la dichiarazione sarà tardiva se il 730 viene presentato entro il 31 dicembre; nel caso del modello Redditi, per il quale la presentazione scade il 30 novembre, i 90 giorni di ritardo si conteggiano a partire dal 1° dicembre.

Omessa dichiarazione dei redditi: quali sanzioni?

La dichiarazione omessa comporta una sanzione  amministrativa pecuniaria dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro. Se non c’è un debito d’imposta, si applica comunque la sanzione da 250 a 1.000 euro.

Presentando la dichiarazione omessa entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo (e comunque, prima dell’inizio di un accertamento fiscale per omessa presentazione) la sanzione amministrativa è ridotta e va dal 60% al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro. Se non sono dovute imposte, la sanzione è compresa tra un minimo di 150 euro e un massimo di 500 euro.

Dichiarazione dei redditi omessa: come rimediare

La presentazione della dichiarazione omessa che avviene entro e non oltre il termine relativo alla dichiarazione dell’annualità successiva beneficia di una riduzione delle sanzioni, che sono quasi dimezzate. Quindi si può presentare, ad esempio, la dichiarazione dei redditi 2023, relativa all’anno 2022, anche nel 2024 (purché entro i termini di presentazione di quest’ultima) pagando le sanzioni con lo sconto che abbiamo descritto al paragrafo precedente.

La dichiarazione tardiva, invece, può essere regolarizzata in modo ancora più favorevole per il contribuente, mediante il ravvedimento operoso, che offre un notevole abbattimento delle sanzioni, commisurate alla durata del ritardo: ad esempio, entro i primi 90 giorni si paga un decimo del minimo, cioè soltanto 25 euro.

Dichiarazione non presentata: termini per l’accertamento

In caso di omessa dichiarazione, i termini per eseguire i controlli sulle dichiarazioni a disposizione dell’Agenzia delle Entrate sono estesi di due anni: mentre il termine ordinario per gli accertamenti sulle dichiarazioni presentate – regolarmente o anche tardivamente – è di 5 anni, e scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione, per la dichiarazione omessa ci sono 7 anni di tempo per eseguire i controlli e le rettifiche dei redditi. Ad esempio, una dichiarazione dei redditi non presentata per l’anno d’imposta 2022 comporterà la possibilità di un accertamento a carico del contribuente fino al 31 dicembre 2030.

Come si accertano i redditi non dichiarati

Il professionista, l’imprenditore e qualsiasi altro soggetto Iva che omette di presentare la dichiarazione può subire l’accertamento induttivo dei redditi da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro il termine di 7 anni che abbiamo esposto nel paragrafo precedente. Anche i lavoratori dipendenti, i pensionati e i disoccupati sono suscettibili di accertamento, che avviene in forma automatizzata, se nel sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria risultano proventi ed incassi che il contribuente avrebbe dovuto dichiarare: ad esempio, da una certificazione unica risultano compensi erogati per 12.000 euro, per lavoro autonomo o collaborazioni svolte nell’anno considerato.

Ti ricordiamo che per i titolari di partita Iva, come gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Per queste categorie – così come per i soci di società di persone, come la Snc e la Sas – la tassazione annuale sui proventi viene calcolata proprio attraverso la dichiarazione dei redditi. Se essa non viene presentata, l’Agenzia delle Entrate può ricostruire i guadagni presuntivamente, con l’accertamento induttivo. Si tratta di uno strumento molto potente che lascia le mani libere al Fisco, perché prescinde dai dati dichiarati (che non ci sono) e individua i potenziali redditi in base a presunzioni semplici, come la tipologia e l’ubicazione dell’attività esercitata, da cui si desume, come conseguenza logica, il potenziale volume d’affari.

Con l’accertamento induttivo, detto anche extracontabile, l’Amministrazione finanziaria non è vincolata ai dati della dichiarazione dei redditi – che manca – e delle scritture contabili o del bilancio d’esercizio, ma può ricostruire i redditi d’impresa utilizzando i dati comunque raccolti, che costituiscono presunzioni semplici [1]. A quel punto, il contribuente dovrà fornire la prova contraria per smentire questa presunzione di evasione.

Omessa dichiarazione: quando è reato?

Il reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o Iva [2] sussiste quando si supera la soglia di punibilità stabilita dalla legge tributaria e, precisamente, quando si oltrepassa il limite di 50mila euro, riferito a ciascuna imposta (Irpef, Irap o Iva). In concreto è un limite difficile da superare per chi ha redditi bassi (ad esempio, per arrivare a 50mila euro di Irpef occorrono più di 130mila euro di redditi imponibili lordi).

L’imposta è considerata evasa per il solo fatto di non aver presentato la dichiarazione obbligatoria entro i termini previsti. Le pene detentive per questa fattispecie di reato vanno da un minimo di 2 anni a un massimo di 5 anni di reclusione.

Per la configurabilità del reato, però, occorre accertare che vi sia stato il dolo di evasione, cioè la volontà di evadere le imposte; se, invece, l’omissione della dichiarazione deriva da altre cause, come la materiale impossibilità di presentarla (ad esempio, per uno stato di grave infermità) o per una grave mancanza addebitabile al commercialista, il reato non sarà integrato per la carenza dell’elemento soggettivo. Tuttavia, anche in questi casi, rimane possibile l’accertamento induttivo, perché il contribuente è sempre tenuto a vigilare sull’operato del professionista incaricato della presentazione, come ha chiarito la Corte di Cassazione in una recente sentenza [3].

 
Pubblicato : 31 Maggio 2023 15:10