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Deontologia forense: ultime sentenze

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Responsabilità disciplinare degli avvocati; pubblicità informativa finalizzata all’acquisizione della clientela; norme deontologiche; comportamento disciplinarmente rilevante.

Quando l’avvocato commette un illecito permanente?

L’avvocato che non restituisce al cliente le somme presso di lui fiduciariamente depositate commette un illecito permanente. Per cui il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il professionista, sollecitato alla restituzione, neghi il diritto del cliente sulla somma affermando il proprio diritto di trattenerla oppure neghi di averla ricevuta. Vi è tuttavia anche un limite “alternativo” alla “permanenza” dell’illecito disciplinare, un momento dal quale cioè la prescrizione inizia comunque a decorrere, perché altrimenti ne deriverebbe “una imprescrittibilità dell’illecito stesso”; e tale momento deve essere individuato nella decisione disciplinare di primo grado.

Le Sezioni unite hanno respinto il ricorso di un legale confermando la decisione del CNF che a sua volta aveva confermato la decisione del Consiglio distrettuale di disciplina del 2018 che lo aveva sanzionato con la sospensione per tre anni dall’esercizio della professione forense. Per il CNF dovevano considerarsi accertati i fatti contestati all’incolpato: l’appropriazione indebita di somme presso di lui fiduciariamente depositate da una società francese alla quale il professionista aveva fatto intravedere la concessione di un mutuo. Il legale ha proposto ricorso contro la sanzione disciplinare sostenendo la prescrizione.

Per le SU va accertato se l’illecito abbia carattere “istantaneo ovvero permanente”, partendo dalla considerazione che le fattispecie contestate hanno “natura disciplinare, non penale, ancorché in parte sussumibili in norme incriminatrici penali”. Siccome tali condotte si inseriscono all’interno di un rapporto contrattuale professionale, soggetto alle norme di deontologia forense, ne va affermata la “natura permanente”, non potendosi “evocare sic et simpliciter le ben note categorie penalistiche inerenti le fattispecie delittuose ‘parallele’ (truffa/appropriazione indebita), che sicuramente integrano reati istantanei, non permanenti”.

Il principale illecito disciplinare contestato consiste nell’impossessamento/trattenimento della somma che l’avvocato ha ricevuto dal cliente francese. Tale condotta non si esaurisce nella semplice percezione della somma, ma ricomprende il comportamento, protrattosi nel tempo, “consistente nell’avere l’avvocato mantenuto nella propria disponibilità un importo che, invece, avrebbe dovuto essere immediatamente riconsegnato al cliente”.

L’avvocato ha violato l’art. 41 del Codice deontologico forense e per le SU vale dunque la regola per cui: “La condotta del legale che omette di restituire al cliente la somma versatagli in deposito fiduciario configura un illecito permanente, in relazione al quale il momento in cui cessa la permanenza coincide con quello dell’indebita appropriazione e cioè con il momento in cui il professionista, sollecitato alla restituzione, nega il diritto del cliente sulla somma affermando il proprio diritto di trattenerla, a cui è equiparabile la negazione di averla ricevuta, sicché è da tale momento che inizia a decorrere il termine di prescrizione dell’illecito, in applicazione analogica dell’art. 158 c.p.”.

In alternativa, conclude la Corte, il dies a quo per far decorrere la prescrizione decorre dalla decisione disciplinare di primo grado, e cioè dal Consiglio Distrettuale di Disciplina dell’11 maggio 2018. È dunque evidente che tuttora non è spirato il termine prescrizionale massimo previsto dall’art. 56, c. 3, l. n. 247/2012”.

Cassazione civile sez. un., 26/07/2022, n.23239

Responsabilità deontologica dell’avvocato

L’avvocato che si appropria dell’importo dell’assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di restituire al cliente le somme di sua pertinenza, al di fuori delle ipotesi tipiche in cui gli è consentito trattenerle, contravviene all’art. 44 del codice deontologico forense vigente “ratione temporis”; né tale violazione deontologica viene meno in presenza dei presupposti della compensazione legale, dal momento che la deontologia forense e le norme civili sulla compensazione riflettono finalità differenti.

Cassazione civile sez. un., 06/04/2022, n.11168

Illeciti disciplinari avvocati

In tema di illecito disciplinare degli avvocati, il regime più favorevole di prescrizione introdotto dall’art.56 della l. n. 247 del 2012, il quale prevede un termine massimo di prescrizione dell’azione disciplinare di sette anni e sei mesi, non trova applicazione con riguardo agli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore; ciò in quanto le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, per un verso, con riferimento alla disciplina della prescrizione, non trova applicazione lo “jus superveniens”, ove più favorevole all’incolpato, restando limitata l’operatività del principio di retroattività della “lex mitior” alla fattispecie incriminatrice e alla pena, mentre, per altro verso, il momento di riferimento per l’individuazione del regime della prescrizione applicabile, nel caso di illecito punibile solo in sede disciplinare, rimane quello della commissione del fatto e non quello della incolpazione.

Cassazione civile sez. un., 16/07/2021, n.20383

Nuovo codice deontologico forense

In tema di giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, soggetti al nuovo codice deontologico forense approvato il 31 gennaio 2014, l’applicazione del criterio del “favor rei”, di cui all’art. 65, comma 5, della l. n. 247 del 2012, richiede l’individuazione del trattamento sanzionatorio più favorevole che, in caso di comparazione tra la abrogata sanzione della cancellazione dall’albo e la sospensione dall’esercizio della professione forense prevista dalla nuova normativa, va effettuata in concreto, tenendo conto della possibilità prevista dal regime previgente di reiscrizione dopo un periodo minimo di due anni, dei criteri fissati per un eventuale aumento di tale periodo e del tempo occorrente per la presentazione della relativa istanza.

Cassazione civile sez. un., 10/06/2021, n.16296

Responsabilità disciplinare dell’avvocato ed espressioni sconvenienti vietate dal codice deontologico

Ai fini della responsabilità disciplinare dell’avvocato, le espressioni sconvenienti od offensive vietate dal codice deontologico forense, vigente “ratione temporis”, rilevano di per sé, a prescindere dal contesto in cui sono usate e dalla veridicità dei fatti che ne sono oggetto, senza che tale divieto, previsto a salvaguardia della dignità e del decoro della professione, si ponga in contrasto con il diritto, tutelato dall’art. 21 Cost., di manifestare liberamente il proprio pensiero, il quale non è assoluto ma trova concreti limiti nei concorrenti diritti dei terzi e nell’esigenza di tutelare interessi diversi, anch’essi costituzionalmente garantiti.

Cassazione civile sez. un., 17/05/2021, n.13168

Codice deontologico forense: la violazione del codice

Il codice deontologico forense non ha carattere normativo, essendo costituito da un insieme di regole che gli organi di governo degli avvocati si sono date per attuare i valori caratterizzanti la propria professione e garantire la libertà, la sicurezza e la inviolabilità della difesa, con la conseguenza che la violazione del codice rileva in sede giurisdizionale solo quando si colleghi all’incompetenza, all’eccesso di potere o alla violazione di legge, cioè ad una delle ragioni per le quali l’art. 36 della l. n. 247 del 2012 consente il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per censurare unicamente un uso del potere disciplinare da parte degli ordini professionali per fini diversi da quelli per cui la legge lo riconosce.

Cassazione civile sez. un., 17/05/2021, n.13168

Conflitto di interesse dell’avvocato

Nelle ipotesi in cui il Codice deontologico Forense prevede un obbligo assoluto di astensione, che trova fondamento nell’esigenza di garantire la massima tutela possibile agli interessi in gioco, deve reputarsi che la valutazione sia stata fatta una volta per tutte dalla norma, onde l’interprete è tenuto soltanto ad accertare il fatto che costituisce il presupposto di quell’effetto, senza indagare se il conflitto abbia carattere reale o meramente potenziale.

(In applicazione del principio che precede la Suprema corte ha ritenuto correttamente sanzionato disciplinarmente l’avvocato che aveva, di fatto, gestito – tramite l’attività del proprio studio professionale – sia la propria posizione personale di attore, sia quello del convenuto, pur essendo parti contrapposto dello stesso sinistro).

Cassazione civile sez. un., 13/05/2021, n.12902

Giudizi disciplinari per gli avvocati e criterio del favor rei

In tema di giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, ai sensi dell’art.65, comma 5, della l. n. 247 del 2012, che ha recepito il criterio del “favor rei” in luogo di quello del “tempus regit actum”, le norme contenute nel nuovo codice deontologico forense, approvato il 31 gennaio 2014, si applicano ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato; ne consegue che l’individuazione del regime giuridico più favorevole deve essere effettuata non in astratto, ma con riguardo alla concreta vicenda disciplinare, tenendo conto di tutte le conseguenze che potrebbero derivare dall’integrale applicazione di ciascuna delle due normative nella specifica fattispecie; tuttavia, all’esito dell’individuazione, quella ritenuta più favorevole deve essere applicata per intero, dovendo escludersi la possibilità di operare una combinazione tra la vecchia e la nuova normativa ricavandone arbitrariamente una terza attraverso l’utilizzo e l’applicazione di parti dell’una e parti dell’altra.

Cassazione civile sez. un., 12/04/2021, n.9546

Avvocato e cliente: il conflitto di interessi

Nei rapporti tra avvocato e cliente, la nozione di conflitto di interessi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 del vigente codice deontologico forense (già art.37 del codice deontologico forense approvato dal CNF in data 17 aprile 1996) non va riferita, restrittivamente, alla sola ipotesi in cui l’avvocato si ponga in contrapposizione processuale con il suo assistito in assenza di un consenso da parte di quest’ultimo, ma comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, come quando, nell’ambito di una procedura esecutiva, chieda l’attribuzione di somme del proprio assistito senza sostanzialmente cessarne la difesa, potendo essere il conflitto anche solo potenziale.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del CNF che aveva sanzionato un avvocato, il quale, con il patrocinio di un collega di studio, era intervenuto per il recupero di un proprio credito professionale nella procedura esecutiva iniziata contro il suo assistito, la cui difesa aveva affidato ad altro collega di studio, circostanza ritenuta sintomatica di una rinuncia solo fittizia al mandato).

Cassazione civile sez. un., 12/03/2021, n.7030

Le sanzioni disciplinari

Le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, con riferimento al regime giuridico della prescrizione, non è applicabile lo “jus superveniens”, ove più favorevole all’incolpato. Ne consegue che il punto di riferimento per l’individuazione del regime della prescrizione dell’azione disciplinare è e resta la commissione del fatto o la cessazione della sua permanenza ed è a quel momento, quindi, che si deve avere riguardo per stabilire la legge applicabile.

Cassazione civile sez. un., 28/10/2020, n.23746

Assunzione ed esercizio dell’incarico in situazione di incompatibilità

In tema di responsabilità disciplinare degli avvocati, costituisce violazione dell’art. 55 del codice deontologico forense l’assunzione e l’esercizio dell’incarico di componente di un collegio arbitrale in situazione di incompatibilità (nella specie, in quanto professionista associato del difensore di una delle parti), a nulla rilevando la mancata contestazione della circostanza nel corso del procedimento arbitrale, per essere il divieto di assunzione sancito da tale norma volto a tutelare il profilo deontologico dell’avvocatura garantendo l’indipendenza e l’imparzialità del collegio arbitrale in quanto tale, a prescindere dalla correttezza dello svolgimento del mandato.

Cassazione civile sez. un., 09/04/2020, n.7761

Comportamento deontologicamente rilevante

La sottoscrizione da parte dell’avvocato di un preventivo con indicazione di attività difensive, durante il periodo di sospensione disciplinare, viene considerata già di per sé integrante un comportamento deontologicamente rilevante del legale.

Cassazione civile sez. un., 04/02/2021, n.2607

Le previsioni del codice deontologico forense

Le previsioni del codice deontologico forense hanno natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi e possono ispirarsi legittimamente a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Ne consegue che, al fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa all’interno del procedimento disciplinare che venga intrapreso a carico di un iscritto al relativo albo forense è necessario che all’incolpato venga contestato il comportamento ascritto come integrante la violazione deontologica.

Cassazione civile sez. un., 25/03/2020, n.7530

Sanzione per l’avvocato in conflitto di interesse

L’art. 24 del codice deontologico attualmente in vigore mira ad evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato e, quindi, perché si verifichi l’illecito, è sufficiente che potenzialmente l’opera del professionista possa essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte. Peraltro, facendo riferimento alle categorie del diritto penale, l’illecito contestato all’avvocato è un illecito di pericolo, quindi l’asserita mancanza di danno è irrilevante perché il danno effettivo non è elemento costitutivo dell’illecito contestato.

Cassazione civile sez. un., 11/03/2019, n.6961

Deontologia forense: ammonimento dell’avvocato

Sia nel codice deontologico relativo alla professione forense previgente, che in quello attualmente in vigore, l’elencazione delle eccezioni al divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte ha una portata meramente esemplificativa, rientrandovi anche le ipotesi, non specificamente previste, nelle quali il collega della controparte sia stato informato o la corrispondenza sia stata inviata anche a lui e non siano rilevabili elementi idonei a denotare una mancanza di lealtà e correttezza nell’operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza. Tra dette eccezioni va, pertanto, ricondotto l’invio di una lettera raccomandata alla controparte, nella quale – senza richiedersi alla stessa il compimento di determinati comportamenti – siano fornite informazioni di fatti significativi nell’ambito dei rapporti intercorsi tra le parti, come l’avvenuto pagamento del debito da parte dei propri assistiti, posto che una simile corrispondenza ha contenuto di natura sostanziale e risulta diretta ad evitare l’inizio di procedure esecutive od altre iniziative pregiudizievoli, rivelando una finalità di prevenzione non dissimile da quella di molte delle eccezioni annoverate nella predetta elencazione non tassativa.

(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva sanzionato con l’ammonimento un avvocato per aver inviato, non solo direttamente al legale della parte antagonista, ma anche per conoscenza a quest’ultima, insieme con l’assegno circolare ad essa intestato ad estinzione del debito dei propri assistiti, una lettera raccomandata, contenente alcune contestazioni ad un conteggio asseritamente non corrispondente al tariffario forense effettuato dal collega avversario).

Cassazione civile sez. un., 04/07/2018, n.17534

Abilitazione all’assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie

Con riguardo alla disciplina dei doveri e alla deontologia di cui all’art. 10 dello schema di regolamento recante disposizioni in materia di abilitazione all’assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie, si suggerisce di valutare la possibilità di prevedere un rinvio di carattere generale a tutte le disposizioni del codice deontologico forense, limitando conseguentemente la formulazione dell’articolo 10 ai primi tre commi. In ogni caso, il comma 3, là dove prevede che l’iscritto è tenuto ad uniformarsi, in quanto compatibili, ai principi contenuti nel codice deontologico forense nei rapporti con il cliente, con la controparte e con gli altri professionisti, dovrebbe essere integrato con il riferimento anche alla « parte assistita » e il medesimo comma 3, là dove prevede che il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia, dovrebbe essere integrato con il riferimento anche al rapporto « con il cliente ».

Consiglio di Stato atti norm., 05/02/2018, n.299

Gli obblighi deontologici dell’avvocato 

L’avvocato chiamato a svolgere le funzioni di magistrato onorario è tenuto al rispetto di tutti gli obblighi inerenti a tale funzione, comprese le norme sull’incompatibilità, senza incidere comunque sull’osservanza delle regole di deontologia forense.

Cassazione civile sez. un., 29/05/2017, n.13456

Pubblicità informativa dell’attività professionale

In tema di responsabilità disciplinare degli avvocati, la pubblicità informativa finalizzata all’acquisizione della clientela costituisce illecito, ai sensi dell’art. 38 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, e degli art. 17 e 17 bis del codice deontologico forense, ove venga svolta con modalità lesive del decoro e della dignità della professione. A tal fine, invero, resta irrilevante sia che il d.lg. 2 agosto 2007 n. 145 abbia disciplinato esaustivamente la materia della pubblicità ingannevole e comparativa, attribuendo i poteri sanzionatori all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in quanto questi non attengono alle violazioni del codice di deontologia forense, sia che l’art. 2, comma 1, lett. b) d.l. 4 luglio 2006 n. 223, conv. dalla l. 4 agosto 2006 n. 248, consenta di svolgere pubblicità informativa, siccome la disposizione non incide sul rilievo disciplinare delle modalità e del contenuto con cui la pubblicità informativa è realizzata, sia, infine, che l’incolpato si sia immediatamente adeguato al modello comportamentale suggerito dall’incolpazione, giacché non esiste alcuna norma nel sistema disciplinare forense che escluda l’illecito in ragione del cd. “ravvedimento operoso”.

(Nella specie, la C.S. ha confermato la decisione impugnata, che aveva irrogato la sanzione della censura a carico di un avvocato, per avere lo stesso utilizzato presso l’ufficio e nel sito web le espressioni “L’angolo dei diritti” e “negozio”, ritenendo le stesse di carattere prettamente commerciale ed eccedenti l’ambito informativo razionale).

Cassazione civile sez. un., 10/08/2012, n.14368

L’incompatibilità a testimoniare del legale

Non sussiste l’incompatibilità a testimoniare del legale che, dismesso l’ufficio di difensore dell’imputato abbia poi assunto nello stesso procedimento quello di teste e, in tale veste sia escusso dal giudice, in quanto, nel vigente ordinamento, l’incompatibilità del difensore sussiste solo nel caso di contestuale esercizio delle due funzioni in questione, potendo tale ipotesi assumere rilevanza soltanto sul piano della deontologia forense.

Ne deriva che, in tal caso, non è applicabile la previsione di cui all’art. 197 comma 1 lett. d) c.p.p., la quale circoscrive l’incompatibilità con l’ufficio di testimone, alla sola ipotesi del difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva.

Cassazione penale sez. V, 05/02/2010, n.16255

Doveri di dignità, probità e decoro

Viene meno ai doveri di dignità, probità e decoro e viola il dettato dell’art. 21 del codice di deontologia forense l’avvocato che accetta il mandato di proporre ricorso per cassazione senza essere iscritto all’albo speciale degli avvocati patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori, assicurando al cliente la trattazione della causa congiuntamente ad un cassazionista, ma che, in realtà, predispone autonomamente il ricorso. A nulla rileva il riconoscimento della Corte d’Appello del diritto a essere compensato per l’opera prestata; la valutazione disciplinare e quella civilistica dei rapporti tra professionisti e clienti sono improntate a criteri diversi.

Cassazione civile sez. un., 26/11/2008, n.28159

Responsabilità disciplinare dell’avvocato

Atteso che, in materia di deontologia forense, non v’è alcuna distinzione tra l’attività professionale e quella privata dell’avvocato, la seconda comunque rilevando ai fini di una valutazione disciplinare, non può affermarsi che i fatti riconnessi al procedimento penale definito con sentenza irrevocabile di condanna del ricorrente, in quanto non inerenti all’attività professionale ma alla vita privata del professionista, non possano essere sottoposti a giudizio disciplinare. Deve essere ritenuto disciplinarmente responsabile l’avvocato che si renda colpevole del reato di incauto acquisto.

(Nella specie, è confermata la sanzione della censura).

Cons. Naz.le Forense, 15/12/2006, n.163

Attività in conflitto di interessi 

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che rappresenti in giudizio una parte nei confronti della quale il proprio coniuge, rappresentando la controparte offesa, abbia formulato richiesta di condanna. La deontologia forense richiede, infatti, all’avvocato di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto, anche solo potenziale, che possa ingenerare anche solo il sospetto per il cliente di non aver avuta assicurata un adeguata difesa, a nulla rilevando ai fini della responsabilità disciplinare l’eventualità che l’incarico gli sia stato affidato d’ufficio, e che l’assistito abbia oppure no avuto la consapevolezza della situazione di conflitto. (Nella specie è stata confermata la sanzione dell’avvertimento).

Cons. Naz.le Forense, 29/12/2005, n.245

L’attività di consulenza stragiudiziale

L’attività di consulenza stragiudiziale non è riservata agli esercenti la professione di avvocato; non viola, perciò, l’ordinamento della detta professione, nè contrasta con principi di deontologia forense il comportamento del docente universitario a tempo pieno, iscritto nell’elenco speciale di cui all’art. 11, comma 6, d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, che, inosservante delle regole di incompatibilità proprie dell’ordinamento universitario, abbia prestato opera di consulenza stragiudiziale retribuita in favore di privati.

Cassazione civile sez. un., 12/07/2004, n.12874

Assunzione dell’incarico contro il proprio cliente

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante e in contrasto con i principi della deontologia forense l’avvocato che assuma un incarico contro un suo cliente. (Nella specie, in considerazione del fatto che l’attività dell’avvocato si è limitata soltanto al tentativo di conciliazione, peraltro non riuscito, e che l’avvocato è stato assolto da altri addebiti, la sanzione della sospensione per mesi due è stata sostituita dalla censura).

Cons. Naz.le Forense, 13/05/2002, n.44

Sospensione dall’esercizio della professione

Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante e in contrasto con i principi della deontologia forense l’avvocato che chieda compensi sproporzionati rispetto all’attività svolta e comunque non giustificabili in relazione alle tariffe professionali applicabili.

(Nella specie la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi quattro è stata sostituita con la più lieve sanzione della censura).

Cons. Naz.le Forense, 13/10/2001, n.206

Compensi sproporzionati rispetto all’attività svolta

Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante e in contrasto con i principi della deontologia forense l’avvocato che chieda compensi sproporzionati rispetto all’attività svolta giustificandoli con prestazioni peraltro mai effettuate. (Nella specie è stata sostituita la sanzione della censura con quella dell’avvertimento).

Cons. Naz.le Forense, 11/09/2001, n.177

Principio di colleganza

Pone in essere un comportamento contrario al principio di colleganza ed in contrasto con i principi della deontologia forense l’avvocato che non provveda al pagamento delle parcelle inviate da un collega incaricato quale suo procuratore “extra disctrictum”. (Nella specie è stata ritenuta congrua la sanzione della censura).

Cons. Naz.le Forense, 13/07/2001, n.161

L’avvocato e il mandato ricevuto

Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante e in contrasto con i principi della deontologia forense l’avvocato che non dia corso al mandato ricevuto così provocando la cancellazione di una causa. (Nella specie, è stata ritenuta congrua la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi tre).

Cons. Naz.le Forense, 03/10/2001, n.184

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Pubblicato : 28 Ottobre 2022 04:15