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Debiti fiscali dei genitori: cosa rischiano i figli?

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(@angelo-greco)
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Debiti con l’Agenzia delle Entrate: quali ripercussioni per i figli e per il coniuge in separazione dei beni?

Un nostro lettore è preoccupato: il padre ha numerosi debiti con l’Agenzia delle Entrate e ci chiede cosa rischierebbero lui, sua sorella e la madre (in separazione dei beni col marito) se tali somme non dovessero essere pagate? Cerchiamo di comprendere cosa rischiano i figli per i debiti fiscali dei genitori e quali potrebbero essere le conseguenze per il coniuge.

Lo faremo tenendo conto delle più recenti pronunce della giurisprudenza e delle norme del codice civile che regolano la responsabilità degli eredi per le obbligazioni lasciate del defunto, comprese quelle derivanti da irregolarità fiscali, omesso versamento delle imposte, evasione fiscale e mancato pagamento delle cartelle esattoriali. Ma procediamo con ordine.

Responsabilità dei figli per i debiti fiscali dei genitori: cosa sapere

Il nostro sistema tributario, al pari di quello penale, è basato sulla responsabilità personale. Dunque, per le obbligazioni non corrisposte dal contribuente non ne possono rispondere altri soggetti, seppur legati a lui da vincoli di familiarità, coabitazione, coniugio o discendenza. Detto in parole molto più semplici, i figli non devono preoccuparsi per i debiti fiscali del padre perché mai l’Agenzia delle Entrate l’Agente della Riscossione potrebbero rivalersi contro di loro, chiedendo il pagamento delle somme che il genitore non ha versato.

Resta ovviamente escluso il caso di concorso in eventuali illeciti tributari, come nell’ipotesi di intestazione fittizia di conti correnti o di concorsi in truffe erariali. Invece il semplice debito tributario, derivante dall’omesso versamento delle imposte o dalla mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali non ha alcuna conseguenza sui figli, almeno finché il contribuente è in vita. Le cose però cambiano dopo la sua morte. Di tanto ci occuperemo qui di seguito.

Responsabilità dei figli per i debiti fiscali del padre dopo la sua morte

Se delle obbligazioni pecuniarie (civili, penali, amministrative, tributarie) risponde solo il soggetto obbligato, con la sua morte invece queste passano agli eredi: non già ai familiari ma a coloro tra questi che decidono di accettare l’eredità. Quindi per escludere qualsiasi possibilità di trasferimento del debito dal genitore al figlio quest’ultimo potrebbe rinunciare all’eredità evitando così qualsiasi rischio.

Attenzione però: gli eredi subentrano solo nell’obbligazione principale del defunto, quella cioè relativa alle imposte non versate, non anche nelle sanzioni. Le sanzioni fiscali infatti non si trasmettono agli eredi (così anche per le sanzioni penali, quelle amministrative e le multe stradali).

Tanto per fare un esempio, se un contribuente deve all’Erario 100mila euro per imposte non versate e altri 30mila euro a titolo di sanzioni per tale illecito fiscale, gli eredi saranno tenuti a versare solo i 100mila euro, chiedendo lo sgravio dei 30mila. Sgravio che può essere domandato anche con una semplice istanzaall’ufficio competente (l’Agenzia delle Entrate, l’Ente riscossore, ecc. a seconda del soggetto creditore).

Come fanno i figli a tutelarsi dai debiti fiscali del genitore?

I figli che non vogliono rinunciare all’eredità del genitore e tuttavia intendono tutelarsi da eventuali “sorprese” possono innanzitutto verificare a quanto ammonta l’intero carico debitorio col fisco. A tal fine possono:

  • rivolgersi all’Agenzia delle Entrate per conoscere l’esatto ammontare delle obbligazioni lasciate dal genitore prima di morire (si potrà presentare un’istanza di accesso agli atti amministrativi);
  • rivolgersi all’Agenzia Entrate Riscossione e chiedere un estratto di ruolo a nome del defunto per sapere quante sono le cartelle già notificategli;

In ogni caso, gli eredi possono tutelarsi con l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. Grazie a questo sistema essi risponderanno dei debiti del genitore (non solo fiscali ma di qualsiasi tipo) solo nei limiti della rispettiva quota ereditaria. Sicché il fisco non potrà pignorare loro i beni di cui erano già titolari ma solo quelli derivanti dalla successione.

L’accettazione con beneficio di inventario deve farsi entro 10 anni dall’apertura della successione. Tuttavia, se l’erede era convivente con il genitore defunto o se comunque aveva il possesso dei suoi beni, deve fare l’inventario entro 3 mesi dal decesso e nei successivi 40 giorni comunicare l’accettazione con beneficio di inventario.

Cosa rischia il coniuge dei debiti fiscali del marito?

Per il coniuge in regime di separazione dei beni vale quanto si è detto per i figli: questi ne risponde solo nel momento della morte del debitore e sempre che accetti la sua eredità.

Viceversa il coniuge in comunione dei beni può subire il pignoramento del 50% del valore dei beni ricadenti nella comunione. Tanto per fare un esempio, se marito e moglie comprano in comunione una casa, il fisco la può pignorare (sempre che non si tratti dell’unica casa di residenza) e metterla in vendita; tuttavia il 50% del ricavato dall’asta dovrà essere restituito al coniuge non debitore.

 
Pubblicato : 29 Gennaio 2024 06:00