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Danno da stress per straordinari: quali sono i tuoi diritti?

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(@angelo-greco)
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Mancato rispetto dei limiti dello straordinario e delle pause: come ottenere il risarcimento dal datore per ambienti lavorativi stressogeni e sfibranti.

In un contesto lavorativo sempre più esigente, il rischio di subire un “danno da stress” a causa di un’eccessiva quantità di straordinario sta diventando un tema sempre più frequente nelle aule giudiziarie. Tale problematica si pone tutte le volte in cui le ore di lavoro superano i limiti stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi nazionali (CCNL). La Cassazione è tornata ripetutamente sul tema per spiegare quali sono i diritti in caso di danno da stress per straordinari. E, sul punto, numerose sentenze hanno affermato un principio sacrosanto: la lesione alla salute si può ritenere presunta per il semplice fatto che l’ambiente di lavoro si è rivelato stressogeno. Risultato: il lavoratore non deve fornire alcuna specifica prova sul danno e sulla sua entità, essendo questo risarcito “in automatico”.

Cerchiamo di fare il punto della situazione e di vedere quali sono i passi che deve muovere il dipendente per poter ottenere il risarcimento da stress lavorativo.

Quali sono i limiti di orario del lavoratore?

Il dipendente non può svolgere più di 40 ore di lavoro alla settimana. L’eccedenza si considera “lavoro straordinario” e va retribuita a parte con una maggiorazione.

Anche lo straordinario però ha un limite: esso non può superare le 8 ore settimanali.

Dunque, in tutto, il dipendente non può prestare attività lavorativa per più di 48 ore ogni 7 giorni.

Dunque, per “straordinario” si intende il lavoro prestato oltre le 40 ore e non oltre le 48. Il lavoro invece che supera le 48 ore settimanali non è più straordinario ma “illecito”.

Dobbiamo però fare delle precisazioni.

I contratti collettivi possono:

  • stabilire una durata inferiore a 40 ore per il lavoro settimanale;
  • riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno;
  • tra un turno e l’altro deve essere rispettato un riposo non inferiore a 11 ore;
  • alcuni contratti collettivi stabiliscono un orario settimanale inferiore alle 40 ore e definiscono “supplementare” il lavoro svolto oltre l’orario contrattuale ma entro le 40 ore settimanali; ad esso quindi non si applica la disciplina del lavoro straordinario.

I doveri del datore di lavoro sul lavoro straordinario

Come abbiamo già spiegato in Stress da lavoro: come agire, il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli orari di lavoro ed è responsabile per qualsiasi lesione alla salute conseguente a turni di lavoro stressanti. Glielo impone innanzitutto la Costituzione e, in secondo luogo, l’articolo 2087 del codice civile in base al quale il datore è tenuto a tutelare la salute fisica e mentale dei suoi dipendenti.

Ebbene: ogni volta che un diritto è tutelato dalla Costituzione (nel nostro caso, la salute e il riposo) l’eventuale danneggiato ha diritto al risarcimento del danno morale. Ed è proprio questo che sta affermando la giurisprudenza: il risarcimento è dovuto per il semplice fatto che siano stati violati i limiti di orario consentiti dalla legge, indipendentemente dalla prova di uno specifico pregiudizio fisico. Non è quindi necessario produrre, in un eventuale contenzioso, certificati medici.

Come far valere il diritto alla salute per stress lavorativo?

Essendo così agevolato nell’onere della prova, il dipendente dovrà solo agire con una causa civile contro il datore e dimostrare lo svolgimento di attività lavorativa oltre i limiti legali. Null’altro.

Con quali prove? Ad esempio con le email e i messaggi ricevuti in orari in cui normalmente avrebbe dovuto riposarsi; con registrazioni video o audio, ritenute lecite anche negli ambienti lavorativi se finalizzate alla tutela dei diritti; con ordini di servizio, ecc.

Un esempio concreto di risarcimento da stress lavorativo

Un caso emblematico è quello trattato dal Tribunale di Padova nella sentenza 171/2024 del 6 marzo. In tale vicenda, è stato riconosciuto un danno da stress per lavoro straordinario eccessivo ammontante a una media di 8,15 ore settimanali, per un totale di 388,18 ore annuali. Il che superava ampiamente la soglia massima annua di 250 ore prevista dalla legge (articolo 5, Dlgs 66/2003) e dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.

La significativa eccedenza nell’orario di lavoro straordinario non solo lede il diritto costituzionale al riposo del lavoratore, ma apre anche la strada al riconoscimento del danno da stress come risarcibile.

Il diritto al riposo del lavoratore, garantito a livello costituzionale – si legge nella sentenza – rappresenta un obbligo fondamentale per i datori di lavoro. Il mancato rispetto di tale diritto apre la porta al risarcimento del danno da stress. Questo tipo di danno viene presunto ogniqualvolta si verifica un inadempimento grave che comprime il diritto al riposo, indipendentemente dall’esistenza di uno stato di infermità.

È interessante notare come, nel caso analizzato, anche il fatto che il lavoratore abbia trascorso intere settimane in trasferta ha contribuito alla determinazione del danno. Tale condizione ha infatti impedito al lavoratore di dedicarsi ai suoi abituali interessi di vita privata e sociale, aggravando ulteriormente la situazione.

In questo contesto, il giudice ha quantificato il danno da stress in 1,50 euro per ogni ora di lavoro straordinario oltre la soglia di 250 ore annue, stabilendo così un criterio di valutazione economico del danno subito dal lavoratore.

La sentenza pone in evidenza l’importanza di un ambiente di lavoro equilibrato e rispettoso dei diritti dei lavoratori, condannando le pratiche lavorative che portano a un eccesso di straordinari. La responsabilità del datore di lavoro è stata ricondotta non solo alla mancata osservanza dei limiti orari di lavoro ma anche all’omissione nell’adozione di misure preventive o mitigative dello stress lavorativo, in violazione dell’articolo 2087 del codice civile.

 
Pubblicato : 20 Marzo 2024 07:00