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Crediti di lavoro: come funzionano e quando si prescrivono?

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(@mariano-acquaviva)
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Quali sono i principali crediti da lavoro e come sono tutelati? Dopo quanto tempo scatta la prescrizione?

Quando il lavoratore sottoscrive il contratto con il proprio datore acquisisce il diritto a essere retribuito per la prestazione resa. Si tratta di un obbligo fondamentale per il capo, a cui non può venir meno senza conseguenze giuridiche. Se il datore non pagasse, infatti, il dipendente potrebbe rassegnare immediatamente le dimissioni e pretendere perfino il risarcimento. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: come funzionano e quando si prescrivono i crediti di lavoro?

Per rispondere correttamente a questa domanda occorre innanzitutto fare chiarezza sulla natura di tali crediti, i quali potrebbero derivare anche dal mancato pagamento di somme diverse da quelle dovute a titolo di retribuzione. Approfondiamo la questione.

Cosa sono i crediti di lavoro?

Per “crediti di lavoro” (o “da lavoro”) si intendono le somme che il dipendente ha maturato ma non ha ancora ottenuto a causa dell’inadempimento del datore.

I crediti di lavoro possono derivare dall’omesso pagamento della retribuzione mensile oppure dalla mancata corresponsione di altre somme, come ad esempio del trattamento di fine rapporto.

Insomma: i crediti da lavoro possono essere di natura retributiva o contributiva.

Un’ulteriore specificazione. Sebbene anche il professionista, cioè il lavoratore autonomo, possa maturare un credito nei confronti del committente che non l’ha pagato, in realtà in queste ipotesi si preferisce parlare di “credito professionale” o di “credito del professionista” piuttosto che di “crediti di lavoro”, i quali quindi identificano solamente quelli del lavoratore subordinato.

Quali sono i crediti lavorativi?

Di seguito esempi di crediti da lavoro:

  • lo stipendio mensile;
  • il compenso per festività non goduta;
  • i compensi relativi a ferie, permessi e mensilità aggiuntive (ovvero la tredicesima e la quattordicesima);
  • il trattamento di fine rapporto;
  • premi e bonus di varia natura (ad esempio, quelli di fedeltà o ì legati a risultati e performance del dipendente);
  • le indennità (di trasferta, ecc.);
  • gli aumenti tabellari a seguito di rinnovi del contratto collettivo nazionale di lavoro;
  • il corrispettivo riconosciuto a fronte del patto di non concorrenza.

Come sono tutelati i crediti da lavoro?

I crediti maturati a seguito dello svolgimento di un’attività lavorativa (subordinato o meno) ricevono una particolare tutela da parte della legge.

Secondo il Codice civile [1], infatti, i crediti da lavoro sono “privilegiati”. Cosa significa?

Sono “privilegiati” quei crediti che garantiscono una soddisfazione preferenziale rispetto a tutti gli altri.

Nella sostanza, ciò implica che il lavoratore può pretendere che il datore gli paghi quanto dovuto con preferenza rispetto ad altri eventuali creditori (fornitori, ecc.).

Se un’azienda fallisce, i primi a dover essere pagati sono i lavoratori che non hanno ricevuto la corresponsione della retribuzione e/o di altre somme legate al rapporto di lavoro.

Di tanto abbiamo parlato anche nel seguente articolo: Che succede se il datore di lavoro fallisce: il privilegio del lavoratore.

Il “privilegio” riguarda sia i crediti da lavoro in senso stretto che quelli professionali; questa la norma:

  1. «le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile;
  2. le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l’imposta sul valore aggiunto, e di ogni altro prestatore d’opera [intellettuale] dovute per gli ultimi due anni di prestazione».

Dopo quanto tempo si prescrivono i crediti di lavoro?

I crediti da lavoro dipendente si prescrivono nel termine di cinque anni, che decorre dalla cessazione del rapporto [2].

Nel caso di pubblico impiego, invece, il termine di prescrizione quinquennale decorre già in costanza di rapporto, a partire quindi dal giorno in cui la mensilità avrebbe dovuto essere pagata.

Non tutti i crediti da lavoro sono però uguali; per ognuno di essi, pertanto, può essere previsto un diverso termine di prescrizione; ad esempio:

  • tredicesima e quattordicesima si prescrivono dopo tre anni, decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro;
  • il trattamento di fine rapporto si prescrive dopo cinque anni;
  • dopo tre anni si prescrivono i premi di produzione e le provvigioni;
  • dopo un anno si prescrivono le retribuzioni corrisposte per periodi non superiori al mese (ad esempio, i compensi per lavoro straordinario, o le maggiorazioni per lavoro notturno).

I crediti professionali dei lavoratori autonomi si prescrivono dopo tre anni decorrenti dalla fine dell’incarico, cioè dal compimento della prestazione [3].

 
Pubblicato : 18 Novembre 2023 08:15