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Covid 19 ha allungato la prescrizione dei contributi Inps?

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(@angelo-forte)
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E’ arrivata da poco un’intimazione di pagamento alla mia compagna relativa ad imposta di registro e contributi Inps (questi ultimi richiesti in pagamento con avviso del 2018) C’è la prescrizione? e se non pago come avviene il pignoramento dello stipendio? 

Occorre premettere che l’intimazione di pagamento allegata si riferisce a:

  • cartella di pagamento notificata ad aprile 2016 per omesso pagamento di imposta di registro relativa alla locazione di un fabbricato (come è indicato alla pagina 3 dell’intimazione);
  • avviso di addebito notificato a luglio 2018 per omesso pagamento di contributi I.v.s. (come specificato sempre a pagina 3 dell’intimazione allegata).

Per quanto riguarda la cartella di pagamento relativa ad imposta di registro, occorre dire che la prescrizione dell’imposta di registro definitivamente accertata (come nel caso che la riguarda) è decennale ai sensi dell’articolo 78 del d.p.r. n. 131 del 1986.

Pertanto l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, notificando alla sua compagna ad agosto 2023 l’intimazione di pagamento relativa ad imposta di registro richiesta in precedenza con cartella notificata ad aprile 2016, è perfettamente in regola con i termini di prescrizione imposti dalla legge.

Con riferimento invece ai contributi I.v.s. che sono stati richiesti in pagamento nell’atto di intimazione allegato, essi si prescrivono (anche dopo la notifica dell’avviso di addebito) nel termine quinquennale stabilito dalla legge n. 335 del 1995 (come ha confermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 14.690 del 26 maggio 2021).

Perciò la somma richiesta in pagamento con l’avviso di addebito notificato alla sua compagna nel luglio 2018 si sarebbe dovuta prescrivere, in mancanza della notifica di altri atti, nel luglio 2023.

Per essere il più chiaro possibile: se l’atto di intimazione da lei allegato fosse giunto all’indirizzo della sua compagna dopo il luglio 2023, le somme richieste in pagamento a titolo di contributi I.v.s. si sarebbero prescritte.

Ho usato però il condizionale perché la normativa di emergenza emanata durante la pandemia ha prolungato i termini di prescrizione.

Infatti per effetto delle norme contenute nel decreto legge n. 18 del 2020 e nel decreto legge n. 183 del 2020 (secondo le istruzioni fornite dalla Circolare Inps n.126 del 10 agosto 2021), se il termine di prescrizione quinquennale andava a scadere dopo il 31 dicembre 2020 (come è nel suo caso), la prescrizione si “allunga” di 311 giorni (andando a scadere 311 giorni dopo il luglio 2023) e, perciò, l’atto di intimazione allegato è in regola con i termini di prescrizione stabiliti dalla legge.

In definitiva, per tutte le somme richieste in pagamento nell’atto di intimazione allegato (sia quelle dovute a titolo di imposta di registro, sia quelle dovute a titolo di contributi I.v.s.) non è maturata alcuna prescrizione e perciò un eventuale ricorso sarebbe rigettato dal giudice.

In aggiunta occorre dire che non è nemmeno più possibile fare contestazioni nel merito (cioè ricorrere in questo momento al giudice sostenendo, ove ce ne fossero le ragioni, che l’imposta di registro non era dovuta o i contributi non dovevano essere versati) poiché questo tipo di contestazioni avrebbero dovuto essere sollevate impugnando davanti al giudice l’avviso di addebito (per i contributi) e l’atto di accertamento (per l’imposta di registro): se non si impugnano quegli atti, successivamente non è più possibile sollevare contestazioni nel merito impugnando gli atti successivamente notificati (come l’atto di intimazione di pagamento).

Se le somme indicate nell’atto di intimazione di pagamento non venissero pagate, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha facoltà di pignorare i beni del debitore, compreso lo stipendio.

Il pignoramento dello stipendio (in base alle norme contenute nel d.p.r. n. 602 del 1973) consiste in un atto che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione notifica a chi eroga lo stipendio (cioè al datore di lavoro) nel quale gli si ordina di pagare direttamente al creditore (cioè all’Agenzia delle Entrate – Riscossione) fino a concorrenza del credito (cioè fino al raggiungimento dell’importo dovuto) una somma che, nel caso di stipendi di importo inferiore ai 2.500,00 euro mensili, non può superare un decimo dell’importo (l’ultimo stipendio versato resta per legge però interamente disponibile per il debitore).

E’ possibile evitare il pignoramento chiedendo la rateizzazione degli importi dovuti seguendo le istruzioni disponibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Angelo Forte

 
Pubblicato : 9 Settembre 2023 06:00