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Cos’è il tempo tuta e cosa si intende per eterodirezione

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(@angelo-greco)
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Il tempo necessario a indossare e svestire gli abiti da lavoro va retribuito solo in alcuni casi.

Non capita raramente che un’azienda imponga ai propri dipendenti di indossare abiti di lavoro specifici. Può trattarsi, ad esempio, delle divise di lavoro per gli operai addetti a una fabbrica, delle magliette con i loghi del produttore per un negozio di elettrodomestici, delle uniformi per i camerieri di un ristorante. Il tempo che il lavoratore impiega per indossare o svestire tali abiti viene comunemente chiamato «tempo tuta». Secondo la Cassazione, il tempo tuta rientra nell’orario di lavoro, e quindi va remunerato, quando caratterizzato da «eterodirezione». Ma cosa significa, nella pratica, questo termine? Di tanto ci occuperemo qui di seguito. Vedremo cioè cos’è il tempo tuta e cosa si intende per eterodirezione. Ci servirà per comprendere con esattezza quando il lavoratore può dirsi già in servizio. Ma procediamo con ordine.

Cos’è il tempo tuta?

Nel mondo del lavoro, soprattutto in ambito industriale e manifatturiero, si fa spesso riferimento al “tempo tuta”. Questo termine intima l’arco di tempo che un lavoratore impiega per indossare e togliere l’abbigliamento da lavoro o la divisa necessaria per svolgere le proprie mansioni, nonché per le attività connesse alla preparazione personale alla prestazione lavorativa.

La “tuta” viene imposta soprattutto dove sono richiesti indumenti speciali per motivi di sicurezza,igiene o identificazione con un determinato brand.

Quando il tempo tuta è pagato?

Nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo occorrente ad indossare gli abiti di servizio rientra nell’orario di lavoro solo se “eterodiretto” ossia se è il datore di lavoro a imporre dove e quando indossare tali indumenti. In tali casi il tempo tuta rientra nella busta paga.

Riconoscere il tempo tuta è fondamentale per garantire che i lavoratori ricevano una giusta retribuzione per il tempo effettivamente dedicato al lavoro, incluso il tempo speso per prepararsi adeguatamente. In molti contesti lavorativi, il tempo tuta può essere significativo, e non considerarlo potrebbe portare a una sottostima delle ore lavorative e, di conseguenza, della retribuzione dovuta.

Cosa significa eterodirezione?

L’eterodirezione si verifica quando il datore di lavoro impone il tempo e il luogo di vestizione degli abiti di lavoro. Solo in tale caso il tempo tuta si considera già una prestazione lavorativa e dunque rientra nel normale tempo di lavoro, con la conseguenza che il periodo necessario a compiere la vestizione o la svestizione (rispettivamente, prima e dopo l’orario di lavoro) deve essere retribuito.

Quando invece il datore di lavoro, pur imponendo ai propri dipendenti di indossare determinate divise, lascia loro liberi di scegliere quando e dove metterle (ad esempio già da casa), allora il tempo tuta non deve essere remunerato. In tali ipotesi infatti l’attività di vestizione è ricompresa nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione tipica di ogni dipendente e perciò non dà diritto ad una autonoma remunerazione.

Secondo la Cassazione (sent. n. 33937/2023), l’eterodirezione sussiste non solo nel caso in cui sia presente una disciplina d’impresa esplicita sull’argomento, ma anche quando tale disciplina risulti implicitamente dalla natura degli indumenti, ossia quando questi sono necessari per ragioni di sicurezza o igiene. Non solo: l’eterodirezione può evincersi altresì dalla funzione specifica che gli indumenti medesimi devono assolvere. Inoltre, sempre secondo la Cassazione, l’eterodirezione sussiste in ogni caso in cui gli abiti di lavoro differiscano da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un «criterio di normalità sociale dell’abbigliamento».

Come già in altre occasioni affermato dalla Cassazione, sono ipotesi concrete in cui la divisa deve essere obbligatoriamente indossata sul luogo di lavoro, e in cui il tempo tuta deve quindi considerarsi orario, sia la sussistenza di ragioni di igiene imposte dalla prestazione che deve essere svolta, sia il caso in cui la qualità degli indumenti faccia ragionevolmente ipotizzare che gli stessi non possano essere indossati al di fuori dell’orario lavorativo.

Come ottenere il pagamento del tempo tuta?

È onere del dipendente – che ritenga la vestizione e la svestizione della divisa come un’attività aggiuntiva rispetto alla normale prestazione lavorativa – dimostrare sia l’esecuzione di tale attività, sia la sua durata, sia il luogo ove essa avviene.

 
Pubblicato : 29 Dicembre 2023 09:45