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Cosa succede dopo che sei morto?

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(@paolo-remer)
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Funerale e sepoltura, testamento, divisione dell’eredità, dichiarazione di successione, tasse, conto in banca, debiti da pagare: tutto ciò che serve sapere.

Con buona pace di chi ha lasciato questo mondo, chi rimane deve gestire parecchie situazioni del defunto, specialmente se si tratta di un familiare stretto o comunque di un parente prossimo. Allora una domanda importante è: cosa succede dopo che sei morto? Ci sono parecchie cose da sapere. Ovviamente non ti parleremo di ciò che troverai tu stesso nell’aldilà, ma ci concentreremo sugli aspetti pratici della vita terrena che prosegue per i superstiti, rispondendo ai quesiti più frequenti.

Chi stabilisce la morte?

La morte di una persona avvenuta a casa viene constatata dal medico di famiglia (o, se non reperibile, da un altro medico), che redige il certificato di morte. Per chi muore in ospedale o in clinica, invece, sarà il personale sanitario incaricato a compilare i documenti. Per le morti violente o comunque sospette di reato (incidenti stradali, infortuni sul lavoro, omicidi ecc.) la salma viene messa a disposizione dell’Autorità giudiziaria per i necessari accertamenti (ad esempio, l’esame autoptico) a cura del medico legale incaricato.

Chi paga il funerale?

Le spese per le esequie funerarie e per la sepoltura cimiteriale, o la cremazione, devono essere sostenute dagli eredi, in proporzione alle rispettive quote. Può pagare uno per tutti, saldando interamente la ditta di onoranze funebri, e poi farsi rimborsare le parti dovute dagli altri coeredi. Si può anche andare a conguaglio, facendo rientrare il loro importo nella massa dei beni ereditari che dovranno essere spartiti con gli opportuni conteggi. Infatti si tratta di spese che rientrano a tutti gli effetti nell’eredità da dividere. Per gli indigenti, invece, di solito provvede il Comune, in base a quanto stabilito nei regolamenti locali.

Chi paga il funerale può ottenere la detrazione fiscale del 19% fino a un importo massimo di 1.550 euro, riportando la spesa in dichiarazione dei redditi; serve la fattura rilasciata dall’impresa di pompe funebri.

Chi deve fare la successione?

La dichiarazione di successione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate, entro 12 mesi dalla data di morte, se l’eredità comprende beni immobili di qualsiasi valore o un attivo superiore a 100mila euro devoluto al coniuge e ai parenti in linea retta. Sono tenuti a fare la dichiarazione di successione non solo gli eredi veri e propri, ma anche i semplici chiamati all’eredità, cioè coloro che ancora non hanno deciso se accettarla o meno. La presentazione da parte di un solo soggetto tra quelli obbligati libera tutti gli altri. In tutti gli altri casi non c’è obbligo di dichiarazione di successione.

Quali tasse sulla successione?

Presentare la dichiarazione di successione non significa che bisogna sempre pagare l’imposta di successione. Anzi, in favore dei parenti più prossimi (coniuge, figli, genitori, nonni e nipoti) opera un’esenzione totale fino ad un milione di euro a testa; oltre questa soglia si applica la tassazione al 4%. Per le eredità devolute a fratelli e sorelle la franchigia esentasse scende a 100mila euro e l’aliquota sale al 6% sull’eccedenza. Per i parenti fino al quarto grado si paga il 6% senza franchigia, e per quelli più lontani, così come per gli estranei, la tassazione è dell’8%. Se un erede è disabile, a prescindere dal rapporto di parentela, beneficia di una franchigia esentasse fino a un milione e mezzo di euro.

Come si fanno le volture catastali?

La voltura catastale serve a formalizzare il trasferimento delle proprietà immobiliari del defunto in favore dei nuovi intestatari, quindi degli eredi in base alle quote stabilite dalla legge o nel testamento. La domanda di voltura catastale va inoltrata in via telematica all’Agenzia delle Entrate ed è integrata nella dichiarazione di successione: quindi non occorre fare una pratica a parte. Conviene affidarsi a un tecnico, dotato dell’apposito software, per compilare i campi necessari (identificativi catastali, consistenza, particelle, ripartizione, planimetrie ecc.) senza sbagliare.

A chi va l’eredità con o senza testamento?

Il testamento serve per disporre come distribuire le tue sostanze dopo che avrai cessato di vivere. Se fai testamento, l’eredità viene attribuita secondo le tue ultime volontà. Se non fai testamento, le quote ereditarie sono stabilite dalla legge in determinate proporzioni in favore dei tuoi parenti più stretti. Perciò se non vuoi modificare le quote già prestabilite in loro favore puoi anche non fare testamento.

Ma potresti voler lasciare qualcosa a persone estranee al nucleo familiare e alle quali sei affettivamente legato, oppure stabilire proporzioni diverse, ad esempio per privilegiare un figlio rispetto agli altri. Con il testamento, entro certi limiti, puoi farlo: esiste la cosiddetta quota disponibile di cui puoi disporre liberamente, ma non puoi intaccare le quote riservate agli eredi legittimari: sono il coniuge e i figli, o, in loro mancanza, gli ascendenti e discendenti diretti, quindi genitori, nonni e nipoti. È interessante notare che fratelli e sorelle non hanno diritto a una quota dell’eredità.

In linea di massima ti conviene fare testamento quando hai molti beni e/o desideri dividerli in proporzioni diverse da quelle stabilite dalla legge, ma in tal caso devi stare attento a rispettare le quote dovute agli eredi legittimari, che altrimenti dopo la tua morte potrebbero reagire in via giudiziaria per ripristinare quanto gli spetta, esercitando le azioni previste in loro favore dal Codice civile. Ricorda che le disposizioni testamentarie soggette a condizione (ad esempio: questo appartamento andrà a mia figlia, ma solo se si sposa, o se si laurea) non hanno alcun valore. Un buon notaio potrà consigliarti al meglio.

Chi può contestare il testamento?

L’impugnazione del testamento può essere proposta da chi ne ha interesse, come ad esempio un potenziale erede che è stato escluso o “dimenticato”, e soprattutto da chi contesta la falsificazione del documento o la circonvenzione di incapace del testatore, specialmente se molto anziano, infermo e affetto da malattie invalidanti, come la demenza senile o il morbo di Alzheimer. In tali casi si apre un procedimento giudiziario per accertare se vi sono state manipolazioni; nel frattempo, di solito l’eredità viene “congelata” ed affidata ad un amministratore.

Se non ho dato il testamento al notaio cosa succede?

Se non hai affidato il tuo testamento al notaio, ma lo hai dato ad un parente (quello che magari hai designato come unico, o maggiore, erede beneficiario), a un professionista o a un amico di tua fiducia, sarà questa persona, appena avrà avuto notizia della tua morte, a consegnarlo ad un notaio per farlo pubblicare (la pubblicazione del testamento è un adempimento indispensabile per renderlo efficace). Se invece hai conservato il testamento tra le tue cose private, chi lo trova in qualsiasi momento – quindi poco dopo la tua morte o anche distanza di tempo – sarà tenuto ad informare tempestivamente un notaio per provvedere alla pubblicazione. Leggi cosa deve fare chi trova un testamento e come vengono avvisati gli eredi di un testamento.

Come posso cautelare il mio testamento?

In tutti i casi, nascondere o alterare un testamento è reato. Te lo diciamo perché a qualcuno il tuo testamento potrebbe non piacere, specie se lo hai escluso dall’eredità o hai ridotto la sua quota. Per essere sicuri e tutelarsi da scomparse o falsificazioni del testamento, è sempre consigliabile affidarsi ad un notaio, che potrà anche suggerirti come redigerlo in modo inoppugnabile. Intanto leggi come fare un testamento e dove conservarlo. Se non vuoi far conoscere neanche al notaio il contenuto, puoi consegnargli il documento in busta chiusa, affinché lo custodisca e ne curi la pubblicazione solo dopo la tua morte: è il cosiddetto testamento segreto.

A chi va il Tfr del lavoratore deceduto?

Il Tfr (trattamento di fine rapporto, detto anche buonuscita) maturato in favore del dipendente deceduto ed accantonato dal datore di lavoro deve essere versato, come prevede l’articolo 2122 del Codice civile, al coniuge superstite, ai figli e – ma solo se conviventi ed a carico del lavoratore – ai parenti entro il 3° grado e agli affini entro il 2° grado. Se tali soggetti mancano, le somme andranno agli eredi legittimi o testamentari, in proporzione alle rispettive quote (questo significa che se un lavoratore non ha moglie, figli e parenti prossimi può decidere nel testamento a chi lasciare il suo Tfr).

Come si sblocca il conto in banca del defunto?

Normalmente, le banche appena appresa la notizia del decesso dell’intestatario bloccano i suoi conti correnti, ed anche i rapporti titoli o di deposito collegati (comprese le cassette di sicurezza), cioè li congelano per impedire operazioni e prelievi abusivi da chi non è legittimato o comunque non risulta tale. Di solito, però, alcune operazioni “passano” e vengono eseguite anche durante il blocco, come i pagamenti automatici disposti con Rid, le bollette domiciliate e i bonifici periodici (ad esempio, l’accredito o addebito di canoni di locazione).

Per sbloccare il conto corrente in favore degli eredi bisogna esibire alla banca la dichiarazione di successione presentata. Se la dichiarazione di successione manca, perché non c’era l’obbligo di presentarla, bisogna comunque dimostrare alla banca, anche con un’autocertificazione o, se richiesto, in forma di atto notorio (con firma autenticata dal funzionario del Comune), la propria qualità di eredi e le quote spettanti.

Che fine fanno i soldi sul conto corrente del defunto?

In occasione dello sblocco delle somme si può chiedere anche la chiusura del conto e dei rapporti collegati, con la liquidazione dell’attivo (o il trasferimento ad altra banca) agli eredi in base alle rispettive quote. Di solito gli eredi chiedono alla banca di bonificare l’importo loro spettante sul proprio conto corrente personale, ma potrebbero anche decidere di lasciare attivo il conto corrente del defunto, che però dovrà cambiare intestazione. Trovi ulteriori informazioni in “Eredità e conto corrente: tutto ciò che c’è da sapere“.

Cosa succede al conto cointestato?

Se il conto corrente era cointestato, al momento della morte di uno dei cointestatari la banca può bloccare solo la sua quota, e non l’intero ammontare: ad esempio, in un conto cointestato tra padre e figlio, quando avviene il decesso del genitore la banca può congelare solo il 50% delle somme depositate. L’altra metà, infatti, si presume di proprietà del figlio, e deve rimanere liberamente disponibile. Lo stesso vale per un conto cointestato fra due coniugi, uno dei quali muore. Per approfondire, leggi a chi appartiene il saldo del conto cointestato.

Chi paga i debiti del defunto?

L’eredità comprende non solo le attività (beni mobili e immobili, autovetture, denaro contante, depositi in banca, titoli azionari, obbligazionari o di Stato, buoni postali, ecc.) ma anche le passività, cioè i debiti: ad esempio, rate di mutuo o di finanziamenti da rimborsare, bollette per le utenze domestiche, quote condominiali, lavori da pagare, imposte e tasse, ecc.

Anche le passività si trasferiscono agli eredi, ma solo a coloro che accettano l’eredità (il che può avvenire espressamente o anche in maniera implicita, disponendo dei beni di cui si è entrati in possesso) mentre coloro che rinunciano sono esenti dal pagamento dei debiti ereditari. Si può anche accettare l’eredità con beneficio d’inventario, in modo da limitare la responsabilità per i debiti entro il valore di quanto ricevuto, e non oltre. In questo modo l’erede non dovrà pagare di tasca propria.

I debiti che il defunto ha lasciato da pagare vengono ripartiti tra i suoi eredi in base alle rispettive quote: vale a dire che ciascun coerede risponde solo di una parte del debito, e perciò se gli altri non pagano la somma che gli compete lui non rischia nulla. Leggi “Come si dividono i debiti tra gli eredi“.

Chi paga le tasse del defunto?

La regola della responsabilità parziale di ciascun erede limitatamente alla propria quota subisce un’importante eccezione quando si tratta di imposte e tasse: qui – limitatamente alle imposte sui redditi, come l’Irpef e l’Ires, e le tasse di successione – è prevista la solidarietà tra tutti i coeredi, quindi il Fisco, attraverso l’Agenzia Entrate Riscossione, se qualcuno non ha pagato la sua parte, può rivolgersi a ciascuno di essi per ottenere il pagamento dell’intera somma dovuta (in genere sceglierà quello che ha il maggiore reddito o patrimonio e dunque risulta maggiormente solvibile). Chi in questo modo è costretto a saldare tutto il debito fiscale potrà, poi, rivalersi sugli altri coeredi per le loro quote.

Gli eredi devono pagare sanzioni e multe?

Tieni però presente che le sanzioni non passano agli eredi, e questo abbatte notevolmente il debito. Gli eredi possono ottenere lo sgravio con una semplice istanza in autotutela all’Agente di riscossione o all’Ente impositore (Agenzia Entrate, Inps, Regione per il bollo auto, Comune per Imu e Tari, ecc.), comunicando il decesso del debitore e allegando il certificato di morte. Lo stesso vale per le multe stradali, che sono costituite interamente da sanzioni.

A chi arrivano le cartelle esattoriali del defunto?

Dopo la morte del contribuente, le cartelle di pagamento ad egli destinate vengono notificate agli eredi, collettivamente ed impersonalmente (quindi non più a nome del defunto, ma premettendo la qualità «eredi di…») e presso il suo ultimo domicilio. Trascorso un anno dalla morte, invece, la notifica deve essere indirizzata personalmente ai singoli eredi, al loro rispettivo indirizzo. Ma se gli eredi hanno comunicato all’Agenzia delle Entrate il decesso del contribuente ed i propri dati, la notifica delle cartelle può essere fatta direttamente nei loro confronti anche durante il primo anno. La violazione di queste regole consente di far annullare la notifica della cartella, proponendo ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto.

Quali debiti non passano agli eredi?

Ci sono alcuni debiti che non si trasferiscono agli eredi, e che si estinguono con la morte di chi aveva assunto l’obbligazione. Si tratta, in particolare, delle sanzioni (civili, amministrative, penali e tributarie), delle multe per violazione del Codice della strada, delle somme dovute a titolo di mantenimento del coniuge e dei figli, e delle cosiddette obbligazioni personalissime, cioè quelle che soltanto il defunto avrebbe potuto adempiere (ad esempio, una prestazione professionale o artistica di elevata qualità: non si può chiedere agli eredi di un avvocato di continuare a patrocinare una causa o a quelli di uno scrittore di scrivere il romanzo promesso).

 
Pubblicato : 4 Giugno 2023 08:15