Cosa si intende per gravi sofferenze degli animali?
Quando la detenzione di animali, domestici e non solo, avviene in condizioni incompatibili con la loro natura; quali sono le pene previste dal Codice penale; alcuni esempi concreti.
Gli animali sono esseri senzienti, e in quanto tali sono capaci di provare sofferenza e dolore. Questa affermazione è il frutto di una conquista giuridica arrivata dopo secoli di insensibilità verso tutto ciò che, pur essendo vivente, non apparteneva alla specie umana. Bestie da soma, animali di allevamento, e talvolta anche i nostri pet da compagnia, venivano considerati, fino a un passato recente, oggetti da sfruttare a piacimento. Oggi, invece, chi infligge gravi sofferenze agli animali è passibile di una severa condanna penale.
Ma cosa si intende per gravi sofferenze degli animali? Occorre saperlo per individuare il criterio distintivo tra condotte lecite e vietate. Ad esempio, chi frusta un cavallo per farlo andare più veloce gli infligge o no gravi sofferenze? E chi tiene legato il cane molto a lungo, e con una catena troppo corta? Chi tiene chiusi uccelli in gabbie ristrette?
Gli animali, domestici o da allevamento, possono essere privati della loro libertà, e spesso ciò è necessario, ma devono essere tenuti in modo da non ledere la loro sensibilità e il loro benessere. Ad esempio, come vedremo nel prosieguo, un uccello può essere tenuto in gabbia, ma quella gabbia non deve essere troppo piccola e tale da precludergli i suoi comportamenti tipici, come aprire le ali e svolazzare per brevi tratti.
La legge a tutela degli animali
Analizziamola situazione e le fattispecie previste dalla legge a tutela degli animali. Ti anticipiamo che in dottrina e in giurisprudenza è nata, dopo le recenti modifiche legislative che analizzeremo, la specifica categoria dei «reati contro il sentimento degli animali» e questo la dice lunga sul mutamento di sensibilità giuridica, che non esisteva nell’originario impianto del Codice penale, risalente al 1930.
Oggi dobbiamo accettare ciò che sembra un dato ovvio, ma che sino a poco tempo fa non era tale, e cioè che anche gli animali sono in grado di provare ansia, angoscia, stress, paura e disagio – in una parola: sofferenza – dovuta alle cattive condizioni in cui vengono detenuti e alle privazioni emotive cui sono sottoposti. Così può esserci un animale che apparentemente risulta ben tenuto ed anche adeguatamente nutrito, ma che in realtà sta subendo dei patimenti psichici.
Adesso queste condotte costituiscono reato: le leggi in materia sono state profondamente modificate nel 2004.Tenuto conto di ciò, l’attuale orientamento dei giudici è molto più severo rispetto a prima nei confronti di chi cagiona gravi sofferenze agli animali di sua proprietà o comunque detenuti nella sua custodia.
Gravi sofferenze agli animali: cosa sono e come sono punite?
La norma di legge che parla di «gravi sofferenze agli animali» è l’articolo 727 del Codice penale: mentre il primo comma punisce «chiunque abbandona animali domestici, o che abbiano acquisito le abitudini della cattività», con la pena dell’arresto fino a un anno o dell’ammenda da 1.000 a 10.000 euro, il secondo comma stabilisce che: «alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze».
Si tratta di un reato contravvenzionale, in quanto punito con l’arresto e l’ammenda (non con la reclusione e multa, come avviene per i delitti) e la pena è equiparata per le due diverse, e ben distinte, condotte: quella dell’abbandono di un animale di cui si ha la proprietà o la custodia, e quella dell’inflizione all’animale di gravi sofferenze durante la sua detenzione, dunque anche senza che si verifichi il suo abbandono.
Un’importante sentenza della Cassazione [1]ha stabilito che «la grave sofferenza dell’animale, elemento oggettivo della fattispecie, deve essere desunta dalle modalità della custodia che devono essere inconciliabili con la condizione propria dell’animale in situazione di benessere»: pertanto, per configurare il reato bastano le cattive o inadeguate condizioni dell’ambiente di detenzione (fra poco ti forniremo alcuni esempi concreti di quando ciò si verifica).
Gravi sofferenze agli animali: in cosa consistono?
Le gravi sofferenze si identificano sia nel dolore fisico (ad esempio, chi tortura un cane, un gatto o una lucertola) sia nei patimenti emotivi, ravvisabili soprattutto negli animali di affezione e nei mammiferi, o anche rettili ed uccelli, più evoluti, e in quanto esseri capaci di avere questa sensibilità.
Le norme penali incriminatrici, dunque, tendono a tutelare non soltanto il benessere fisico, ma anche quello emotivo e psicologico degli animali in quanto esseri viventi capaci di provare sofferenze di diverso genere.
Gravi sofferenze e maltrattamento di animali: rapporti
La norma posta dal comma 2 dell’articolo 727 del Codice penale definisce il “nocciolo” del concetto di gravi sofferenze arrecate agli animali, ma non esaurisce le fattispecie in cui esse possono realizzarsi, perché è prevista una norma penale ancora più grave: il reato di maltrattamenti, o di uccisione, di animali, introdotto nel 2004, e adesso contenuto nell’apposito articolo 544 ter del Codice penale.
Si tratta di un delitto (e non di una contravvenzione, come invece è l’articolo 727) in cui incorre «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche», ed anche chi «somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi».
La pena è, in alternativa, la reclusione da tre a diciotto mesi o la multa da 5.000 a 30.000 euro, ed è aumentata della metà se dai fatti commessi deriva la morte dell’animale. Si tratta, comunque, di un reato distinto da quello previsto dal preceente articolo 544 bis del Codice penale, secondo cui: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni».
Inflizione di gravi sofferenze agli animali: basta la colpa?
Tuttavia, mentre la violazione di queste ultime due norme è punibile soltanto a titolo di dolo, e dunque richiede un comportamento volontario, o intenzionale, o anche solo eventuale, tenuto dal proprietario o detentore dell’animale maltrattato, la contravvenzione dell’articolo 727 è punibile anche a livello di colpa, cioè di una negligenza grave e inescusabile, perciò le sue ipotesi applicative sono più ampie laddove non emerge in modo chiaro la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato richiesta per il delitto. Questo fa sì che, in concreto, le condanne per tale reato siano più numerose e frequenti rispetto a quelle irrogate per il delitto di maltrattamenti, o di uccisione di animali.
In effetti anche l’articolo 727 del Codice penale era stato novellato dalla legge 189 del 20 luglio 2004, ma questa previsione ancora non bastava per punire – come ha bene osservato la Cassazione all’indomani di tale riforma legislativa [2] «non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali destando ripugnanza per la loro aperta crudeltà ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell’animale, producendo un dolore”. Nel caso deciso dalla Suprema Corte, di trattava di animali, detenuti in un canile, in recinti e gabbie carenti dei requisiti previsti dalla legge ed in condizioni igieniche definite «disastrose».
Gravi sofferenze agli animali: quando si configurano?
Ecco alcuni esempi concreti e recenti di sentenze in cui la giurisprudenza penale italiana ha ritenuto integrati i reati di abbandono, o di maltrattamento, di animali:
- la detenzione di uccelli in gabbie troppo piccole, tali «da cagionare il danneggiamento e l’avulsione del piumaggio», costituiscono, a giudizio della Corte di Cassazione [3], «sevizie insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’avifauna, tali da integrare non già la contravvenzione di cui all’art. 727 cod. pen., ma il delitto di maltrattamento di animali di cui all’art. 544-ter cod. pen.»;
- Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 727 cod. pen., la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze consiste non solo in quella che può determinare un vero e proprio processo patologico nell’animale, ma anche in quella che produce meri patimenti, come tenere un portamento innaturale, tale da impedire o rendere difficoltosa la deambulazione o il mantenimento della posizione eretta e stabile [4];
- l’utilizzo di collare elettrico, che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza, integra la contravvenzione di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, poiché concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull’integrità psicofisica dell’animale [5];
- la detenzione di volatili «in condizioni di privazione di cibo, acqua e luce» (si trattava di uccelli tenuti in sacchetti di stoffa, appesi per ore ad un bastone, e a diretto contatto con i loro escrementi) è produttiva di gravi sofferenze e avviene in condizioni incompatibili con la loro natura, dunque rientra nel reato previsto dall’art. 727, comma secondo, cod. pen. [6];
- la custodia di un cavallo “«in vano seminterrato angusto», alto meno di due metri e pieno di escrementi, tale da costringerlo a stare sempre con la testa e il collo abbassati, e con possibilità di movimento limitate [7];
- la detenzione di gatti lasciati in casa dalla proprietaria, che era partita per le ferie, ad una persona incapace di accudirli, sicché risultavano in condizioni di scarsa nutrizione (acqua stagnante nella ciotola, poco cibo) e inadeguata igiene, con la lettiera satura di feci e urine [8];
- lasciare il cane chiuso nell’autovettura costituisce reato di maltrattamento di animali; lo stesso dicasi per un cane malcustodito (ad esempio, chiuso in un box senza luce e adeguata areazione) e, in generale, per tutti gli animali tenuti in scarse condizioni igieniche.
Quando la sofferenza degli animali è giustificata?
Infine, ci sono dei casi di «necessità sociale» previsti dalla legge n. 189 del 2004 in cui si presume che le sofferenze, le lesioni ed anche la morte cagionate a determinati animali siano consentite: si tratta, precisamente, della caccia, della pesca, dell’allevamento, del trasporto, della macellazione, dell’utilizzo di animali a fini di sperimentazione scientifica e della detenzione in giardini zoologici.
Anche in questi casi, però, devono essere rispettate le specifiche disposizioni di legge e di regolamento previste per ciascuno di questi comparti, altrimenti, se le sofferenze arrecate agli animali esorbitano dalle finalità per cui il loro utilizzo è consentito, il reato sussiste comunque. Ad esempio, l’allevamento, il trasporto e la macellazione degli animali devono avvenire in condizioni di salubrità e igiene previste dagli appositi regolamenti [9] sulla protezione degli animali durante l’abbattimento , evitando così di infliggergli dolori o sofferenze inutili. E la macellazione deve essere svolta previo stordimento, prima dell’uccisione degli animali.
Gravi sofferenze ad animali: chi interviene?
Siccome l’inflizione di gravi sofferenze agli animali è reato, possono – e debbono – intervenire, in tutti i casi in cui abbiano notizia di tali situazioni, le forze dell’ordine presenti sul territorio, come i Carabinieri, la Polizia di Stato e le Polizie locali, ed ogni altro organo di Polizia Giudiziaria, come i medici veterinari delle Asl aventi qualità di pubblici ufficiali.
Tutti questi organi – attivati anche su segnalazione dei cittadini – rilevano la situazione e acquisiscono gli elementi di prova, provvedendo a denunciare all’Autorità Giudiziaria le condotte riscontrate in modo da aprire un procedimento penale a carico dei responsabili. Qualunque cittadino che abbia notizia di un reato in danno di animali – ad esempio, un vicino di casa che vede un cane lasciato giorno e notte fuori dal balcone ed esposto al freddo e alle intemperie – può segnalare il fatto alle autorità suddette, chiedendo il loro intervento e, nei casi urgenti, chiamando i Vigili del Fuoco al numero di emergenza nazionale 115. Ci sono anche molte associazioni animaliste, come l’ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) che si occupano di queste vicende e possono essere contattate.
Approfondimenti
- Abbandono di animali: quando è reato;
- Come segnalare maltrattamenti di animali;
- Maltrattamento di animali: ultime sentenze.
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