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Cosa si definisce per casa coniugale?

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(@angelo-greco)
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Quando si parla di casa familiare: il diritto di abitazione riconosciuto all’esito della separazione o del divorzio. 

Nel momento in cui una coppia si separa, il giudice attribuisce il diritto di continuare a vivere nella “casa coniugale” al genitore con cui i figli vanno a stare. Ma cos’è la casa coniugale? Cosa si definisce con tale termine? È proprio da questo che dipende il cosiddetto «diritto di abitazione», ragion per cui sarà bene investigare attentamente sul suo significato.

In cosa consiste il diritto di abitazione? 

Avrai certamente sentito dire che, a seguito di una separazione o di un divorzio, il giudice può assegnare la casa familiare all’ex moglie o, comunque, al coniuge presso cui i figli vanno a vivere. Non si tratta di riconoscergli la proprietà, ma solo il diritto di utilizzare l’immobile fino a quando i figli stessi non saranno in grado di procurarsi le disponibilità economiche con cui provvedere al proprio alloggio. Quando ciò avverrà, l’ex coniuge titolare dell’immobile ne riacquisterà anche la disponibilità materiale.

Ricapitolando, il diritto di abitazione può essere riconosciuto: 

  • tanto in presenza di una coppia sposata che di conviventi;
  • solo se la coppia ha figli minorenni, maggiorenni non ancora autosufficienti o portatori di grave handicap;
  • in favore del coniuge “collocatario” ossia presso cui i figli vanno a vivere. Quindi non ci sarà alcuna assegnazione della casa quando i figli sono già autonomi o comunque vivono da soli;
  • esclusivamente sulla casa coniugale o, meglio detta, casa familiare (di tanto parleremo meglio nel successivo paragrafo).

Cos’è la casa coniugale?

Il giudice può assegnare al coniuge collocatario dei figli solo la cosiddetta casa coniugale. Tale si deve intendere l’immobile presso cui la famiglia viveva stabilmente prima della separazione. Poiché però, come anticipato sopra, il diritto di abitazione può essere riconosciuto non solo al termine del matrimonio ma anche di una unione di fatto, tra due persone cioè non sposate, meglio sarebbe parlare di casa familiare.

Il concetto di casa coniugale, o familiare, è molto importante perché è da questo che dipende il diritto di abitazione. 

Il giudice infatti non potrebbe mai riconoscere il diritto di abitazione, ad esempio, sulla seconda casa, quella a uso investimento, quella per le vacanze al mare o in montagna, quella data in affitto, quella mai abitata o abitata saltuariamente dalla famiglia.

Ragion per cui, se la coppia ha vissuto in una casa in affitto, il giudice attribuirà il diritto di abitazione in tale appartamento e non anche in quello, eventualmente ulteriore, di proprietà di uno dei due coniugi.

Giovanni e Maria sono una coppia che ha sempre vissuto in affitto. Giovanni ha ereditato una casa dal padre ma non ha mai inteso abitarla per non doverla ristrutturare. I due decidono di separarsi e Maria pretende da Giovanni di ottenere il diritto di abitare la casa da questi ereditata. Il giudice non potrà mai accontentarla, poiché quella non era la casa familiare. A Maria spetterà il diritto di abitazione nell’appartamento condotto in locazione.

Dunque, all’ex moglie può andare solo la casa familiare, quella cioè ove la famiglia viveva e nessun altra. Ragion per cui, chi non vuol rischiare di perdere la casa, non deve far altro che andare a vivere altrove con la propria famiglia. 

Che succede se la moglie ha già una casa di proprietà?

Potrebbe succedere che, in una coppia, tanto il marito quanto la moglie abbiano casa di proprietà. I due però, finché sono sposati, vivono nell’appartamento del marito. Alla separazione, la donna – presso cui vengono collocati i figli – chiede di poter continuare a vivere nell’immobile dell’uomo. Ne ha diritto, per quanto possa apparire a prima vista ingiusto. 

Difatti, la moglie, anche se ha già la disponibilità di una casa in cui poter stare, può rivendicare il diritto di abitazione nella casa familiare, quella cioè ove viveva insieme al marito o al compagno. La ragione di tale previsione è semplice: scopo del diritto di abitazione non è tutelare il genitore beneficiario ma i figli. Si vuol cioè evitare che questi ultimi subiscano un trauma derivante dal trasferimento in un’altra abitazione, che spesso implica mutamento delle abitudini, delle scuole e delle frequentazioni. 

Quando c’è l’assegnazione della casa coniugale?

L’assegnazione della casa familiare spetta solo se la coppia ha figli:

  • minorenni; secondo la giurisprudenza, il figlio o i figli devono essere di entrambi i coniugi, pertanto se un coniuge convive col proprio figlio minore che non è figlio anche dell’altro coniuge non ha diritto all’assegnazione della casa coniugale [1];
  • maggiorenni non economicamente autosufficienti. Se tuttavia l’incapacità economica dei figli dipende da un loro stesso atteggiamento colpevole (cosa che succede quando questi non intendono proseguire gli studi o, pur iscritti all’università, non mostrano di seguire i corsi con profitto o, infine, quando, pur disoccupati, hanno superato i 30 anni), allora non può essere riconosciuto né il diritto al mantenimento, né il diritto di abitazione. In ogni caso, il genitore che chiede l’assegnazione può limitarsi a provare la convivenza con il figlio maggiorenne perché tale circostanza fa presumere la non autosufficienza economica incolpevole, mentre l’indipendenza economica o la colpa per il mancato conseguimento di tale indipendenza deve essere provata dall’altro genitore;
  • maggiorenni portatori di handicap.

Le stesse regole valgono anche in caso di convivenza di fatto, in presenza di figli minori nati dai due conviventi: l’immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei minori, anche se non proprietario o conduttore in virtù di locazione.

Casa in affitto: a chi va il contratto?

Se la casa familiare è in locazione e il contratto è intestato al genitore estromesso o a entrambi i coniugi, in caso di separazione subentra nel contratto il solo coniuge a cui è assegnata la casa familiare ossia quello presso cui vengono collocati i figli. Egli pertanto è obbligato al pagamento dei canoni e alle spese condominiali.

Tale effetto si produce anche in capo al convivente di fatto affidatario della prole.

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Pubblicato : 15 Novembre 2022 09:30