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Cosa rischia chi rifiuta di consegnare il cellulare alla polizia?

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(@angelo-greco)
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Esaminiamo un caso giuridico rilevante che sottolinea l’importanza della protezione della privacy e i limiti dell’autorità delle forze dell’ordine.

Ipotizziamo il caso di un uomo che si accorga di alcuni abusi commessi da un paio di agenti della municipale ai danni di un cittadino. Così estrae dalla tasca il proprio smartphone e riprende la scelta, pronto poi per condividerla su Instagram e sugli altri social. Uno degli agenti lo scopre e gli chiede di consegnargli il dispositivo, ma l’uomo si rifiuta poiché nel device sono contenuti dati personali. In un caso del genere è legittimo l’ordine del pubblico ufficiale? Cosa rischia chi rifiuta di consegnare il cellulare alla polizia?

Nell’era digitale, la privacy e la sicurezza dei dati personali sono diventati argomenti di primaria importanza. Ma come si applicano queste preoccupazioni nel contesto dell’interazione con le forze dell’ordine? Esiste un limite alla potestà dell’autorità di accesso alle nostre informazioni private, come quelle contenute in un dispositivo mobile personale? Per rispondere a queste domande, ci rivolgiamo a un caso giudiziario recente, una sentenza n. 23276 emessa il 26 maggio 2023 dalla seconda sezione penale della Cassazione, che ha visto protagonista un uomo che ha rifiutato di consegnare il suo cellulare agli agenti. Di qui la denuncia per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte però ha assolto l’uomo. Per comprendere il ragionamento della Suprema Corte dobbiamo analizzare quali sono i diritti del cittadino in situazioni del genere.

Secondo l’articolo 356 del Codice di Procedura Penale, un cittadino ha il diritto di richiedere l’assistenza di un avvocato durante una perquisizione. 

Inoltre se gli agenti non hanno prove che il cittadino ha effettivamente commesso un reato non dispongono del potere di procedere al sequestro del cellulare. E, nell’esempio da cui siamo partiti, non c’è alcun reato nel filmare le forze dell’ordine nell’esercizio delle proprie funzioni. 

Senza tali prove, gli atti compiuti dagli agenti per ottenere lo smartphone si rivelano sproporzionati, come evidenziato dalla sentenza della Cassazione che ha analizzato il caso di un uomo che aveva negato la consegna del telefonino ad agenti in borghese pur non avendo commesso alcun crimine, solo perché sospettato di aver fatto alcune fotografie. Pertanto, il rifiuto del cittadino di consegnare il suo cellulare non costituisce un reato.

Del resto l’articolo 393 bis del Codice di Procedura Civile stabilisce che quando l’agire degli agenti non rispetta la legittimità e la proporzionalità, e quindi si può parlare di un atto arbitrario, il cittadino ha il diritto di reagire come un qualsiasi cittadino che si ritiene vittima di «attività prevaricatrici». Egli non è quindi tenuto a consegnare lo smartphone anche perché contiene dati personali e riservati.  

In ogni caso, è bene ricordare che il reato di resistenza a pubblico ufficiale non scatta quando il comportamento del cittadino è passivo e si sostanzia nel rifiuto a collaborare. La resistenza invece richiede un comportamento attivo che possa mettere a repentaglio la sicurezza degli agenti o di terzi, come nel caso di chi scappi con l’auto a velocità elevata. Non sarebbe invece resistenza a pubblico ufficiale sdraiarsi a terra come segno di protesta per non seguire i poliziotti in questura. E quindi non lo è neanche il rifiuto di consegnare il cellulare.  

 
Pubblicato : 29 Maggio 2023 14:45