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Cosa fare in caso di disaccordo tra gli eredi?

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(@paolo-remer)
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Come risolvere le situazioni di conflitto sulla gestione di beni mobili e immobili ricevuti in eredità.

Quando ci sono più eredi del medesimo defunto, ciascuno riceve una quota dei beni, e non l’intero: ad esempio, un terzo delle somme depositate sul conto corrente, un quarto della casa, e così via. Si instaura, così, una situazione che la legge definisce “comunione necessaria” o addirittura “forzosa”, perché sorge automaticamente in favore dei contitolari dei diritti di successione ereditaria, che non possono evitarla.

Ma i beni ricevuti in eredità vanno gestiti: le case possono essere abitate, affittate o vendute, i terreni coltivati o lasciati in deperimento, le automobili guidate o demolite, i depositi bancari prelevati, lasciati in giacenza o reinvestiti, e così via. Spesso sorgono aspri contrasti su come comportarsi con tutti questi beni, che vanno dai soldi ai mattoni. E allora, cosa fare in caso di disaccordo tra gli eredi? 

Ti forniamo alcuni suggerimenti pratici per fronteggiare queste situazioni, che sorgono anche e soprattutto in ambito familiare, e per riuscire a sbloccarle. La comunione ereditaria è qualcosa di molto diverso dal condominio, e non si applicano le regole sulle maggioranze: bisogna essere tutti d’accordo, altrimenti si va davanti al giudice.

Casa ereditata: a chi va?

Se più coeredi sono comproprietari per quote della stessa casa, o di un qualsiasi altro bene immobile (fabbricato produttivo o commerciale, terreno agricolo, incolto o edificabile, ecc.) ciascuno dei coeredi può prendere l’iniziativa e domandare gli altri lo scioglimento della comunione: in altre parole, chiedere la divisione. La domanda è proponibile in qualsiasi tempo anche da uno solo dei coeredi, perché nessuno può essere obbligato a mantenere la comunione ereditaria per sempre. D’altronde, i coeredi non sono neppure obbligati a vendere, quindi talvolta per superare l’impasse è necessario l’intervento del giudice, come vedremo adesso.

Ci sono, però, immobili non facilmente divisibili e allora non è semplice rispettare le proporzioni delle rispettive quote ereditarie. Ad esempio, un appartamento monolocale non può certo essere frazionato in tre parti da attribuire a ciascuno dei tre coeredi al 33%, quindi il loro diritto ad un terzo non sarebbe garantito.

Per superare queste situazioni di paralisi, gli eredi possono raggiungere un accordo volontario per fare la divisione amichevole tra di loro; altrimenti, sarà il tribunale a compiere le operazioni e, se la divisione non è facilmente eseguibile, si dovrà mettere in vendita il bene, con distribuzione del ricavato in base alle rispettive quote. Prima di arrivare alla fase contenziosa, è obbligatoria la mediazione comproprietà coeredi: in questa fase si può trovare un punto d’incontro soddisfacente per tutti, che eviterà la causa in tribunale, spesso lunga e costosa.

Un’alternativa è quella di attribuire il bene non divisibile ad uno solo dei coeredi, il quale poi sarà tenuto a liquidare agli altri, in denaro o con altri beni di sua proprietà, il valore delle loro rispettive quote ereditarie. Anche questa strada è percorribile in modo amichevole oppure con procedimento giudiziale.

Vincenzo ottiene in assegnazione la proprietà esclusiva di una villa del valore di 300.000 euro: siccome i coeredi in comunione su quell’immobile sono 3, per un terzo ciascuno, dovrà dare in conguaglio a ognuno dei 2 una somma di denaro pari a 100.000 euro o, se accettano, altri beni di valore equivalente.

Quando un coerede può essere preferito agli altri?

Abbiamo appena visto che la divisione ereditaria, se non è amichevole, avviene in via giudiziale, su domanda di uno o più coeredi. Ma quando uno di essi può essere preferito agli altri, se, ad esempio, due di essi reclamano l’assegnazione del medesimo bene immobile, per evitare la vendita all’asta?

Il tribunale, in presenza di contrapposte richieste di assegnazione, verifica l’entità delle rispettive quote: di norma, il bene viene assegnato a chi tra i coeredi vanta una quota maggiore rispetto agli altri, fermo restando che l’assegnatario rimane tenuto a saldare agli altri coeredi il prezzo delle loro quote, in base ai valori di mercato del bene.

Se, invece, tutti i coeredi hanno quote uguali, il giudice solitamente privilegia nell’assegnazione chi ha la materiale disponibilità dell’immobile, come quando, ad esempio, un figlio viveva ancora in casa con il genitore deceduto, mentre gli altri si erano già resi indipendenti ed erano andati ad abitare altrove.

Sono possibili anche le intese: se due o più eredi fanno richiesta di assegnazione congiunta, le loro quote sommate potrebbero superare quelle degli altri eredi in disaccordo, e allora avranno maggiori chance di ottenere la piena proprietà del bene. Ovviamente però in tali casi sorgerà una nuova comunione tra i coeredi assegnatari, in base alle rispettive quote, e perciò il problema non sarà definitivamente risolto.

Se un coerede ha goduto dei beni al posto degli altri

Può accadere che, durante il più o meno lungo periodo di comunione ereditaria, un coerede abbia goduto dei beni ereditari in via esclusiva e senza il consenso degli altri. In queste situazioni egli è tenuto a corrispondere ai coeredi i cosiddetti «frutti civili», cioè le somme che nel corso del tempo ha ritratto – ad esempio, i canoni di locazione incassati dagli inquilini degli immobili affittati – o del loro valore equivalente, nel caso di godimento diretto. Facciamo un esempio.

Stefano ha ereditato dal padre, insieme ai suoi due fratelli, un appartamento affittato. Per tre anni si è fatto versare i canoni dagli inquilini. Non può trattenerli tutti per sé: deve dare ai fratelli la loro quota.

Come si dividono beni mobili e soldi tra i coeredi

Con i beni mobili non si pongono i problemi che abbiamo appena esaminato per gli immobili, in quanto essi sono solitamente divisibili con facilità tra i coeredi, in proporzione alle rispettive quote, salvi i casi di universalità di beni mobili, come collezioni di valore (pinacoteche, raccolte di monete, ecc.), che perderebbero gran parte del loro valore se frazionate. Di solito è il testamento lasciato dal defunto a risolvere queste situazioni; se il testamento manca, si applicano le norme sulla successione intestata, e il coniuge ed i figli (in loro assenza, i genitori) hanno diritto, in qualità di eredi legittimari, a ricevere la quota spettante.

Con i soldi, la divisione è sempre possibile in quanto il denaro è un bene fungibile per eccellenza e non è difficile rapportare il valore di somme, titoli e depositi bancari o postali alle parti di eredità spettanti a ciascun coerede. Anche in questi casi si applicano le norme sulla successione legittima, o testamentaria.

I problemi pratici sorgono specialmente nei casi di conti correnti cointestati, quando il cointestatario superstite preleva l’intera somma giacente. Se chi compie questa operazione è un coerede, anziché l’unico coerede, potrebbe ledere i diritti patrimoniali degli altri. In questi casi i coeredi che sono stati privati della loro quota possono agire, in via legale ed anche giudiziaria, per il recupero della parte loro spettante: l’ammontare di riferimento è quello presente sul conto corrente di riferimento al momento della morte della persona che ha determinato la successione ereditaria.

Nei casi più gravi, si può ravvisare il reato di appropriazione indebita, che riguarda anche le ipotesi di impossessamento di denaro o altri beni mobili da parte di un coerede. Di solito le banche e gli altri istituti di credito tendono a prevenire queste situazioni bloccando i conti al momento della morte del titolare ed imponendo a ciascun coerede di dimostrare la sua qualità di coerede e l’entità della quota che gli spetta, per evitare di liquidare un ammontare non dovuto.

Come si divide tra i coeredi un conto cointestato

Infine, tieni presente che, in assenza di patti contrari (da dimostrare per iscritto) le somme giacenti sul conto cointestato vanno divise in parti uguali tra i cointestatari; ma se uno di essi è, o diventa, erede, bisogna rapportare tra la somma che gli apparteneva prima del decesso del contitolare da quella, ulteriore, cui ha diritto in base alla quota ereditaria ricevuta. Quindi è necessario dividere il saldo, tenendo presente che con la cointestazione del conto solo una parte, quella di pertinenza del defunto, e non l’intero ammontare depositato, va in successione tra i coeredi. Facciamo un esempio.

Antonio è contitolare insieme al padre di un conto corrente a firme disgiunte su cui, al momento della morte del genitore, sono depositati 10.000 euro. Metà di quella somma appartiene esclusivamente a Marco, che concorrerà con gli altri eredi per l’attribuzione dell’altra metà, in quanto essa ricade nella successione ereditaria: i secondi 5.000 euro vanno divisi tra i coeredi. Quindi Marco avrà diritto a 5.000 euro più la parte corrispondente alla sua quota ereditaria.

Contrasti tra coeredi: come evitarli

Abbiamo visto che per risolvere i contrasti tra coeredi sulla gestione e l’attribuzione dei beni mobili o immobili ricevuti in eredità esistono sia soluzioni bonarie, basate sull’accordo, sia rimedi giudiziari, che richiedono tempi di svolgimento più lunghi e, soprattutto, soluzioni che potrebbero non risultare soddisfacenti, come quando un immobile viene messo all’asta per un valore inferiore a quello di mercato (i prezzi a base d’asta vengono ribassati per invogliare gli acquirenti) e i coeredi, che devono soddisfarsi sul ricavato, sono costretti ad accontentarsi di una somma bassa e perdono tutti la proprietà del bene.

È preferibile, quindi, tentare in tutti i modi una divisione amichevole e concordata dei beni tra i coeredi, rivolgendosi, nei casi più complessi, all’ausilio di professionisti esperti, come i notai, gli avvocati ed i tecnici che possono predisporre un progetto di divisione soddisfacente. Così si andrà in causa davanti al giudice solo nei casi estremi e davvero irrisolvibili.

 
Pubblicato : 4 Giugno 2023 09:00