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Cosa comporta l’accettazione con beneficio di inventario?

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(@angelo-greco)
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Accettazione dell’eredità con beneficio inventario: cos’è e come si fa, quali vantaggi e svantaggi. 

Nel linguaggio comune, l’espressione «beneficio d’inventario» indica una “riserva”: è una formula dubitativa rivolta all’interlocutore affinché questi non consideri per buono tutto ciò che viene detto. «Prendilo con le pinze», qualcuno dice in alternativa. Ma il concetto di beneficio d’inventario nasce nel linguaggio giuridico e sta a indicare tutt’altra cosa. Esso si riferisce ad una particolare forma di accettazione dell’eredità rivolta a limitare la responsabilità patrimoniale dell’erede, affinché questi non abbia a subire, sul proprio patrimonio personale, le aggressioni da parte dei creditori del defunto. Si tratta appunto di un “beneficio” che risulta particolarmente utile in tutte quelle circostanze in cui non si conosce, in partenza, l’ammontare dei debiti lasciati dal cosiddetto de cuius. Per sapere cosa comporta l’accettazione con beneficio di inventario dobbiamo fare un passo indietro e spiegare, prima ancora, quali sono le conseguenze del divenire eredi di qualcuno che non c’è più.

Come si diventa eredi?

L’erede è colui che diventa titolare del patrimonio del defunto o di una parte di questo. Ciò avviene in forza delle indicazioni da quest’ultimo lasciate nel proprio testamento o, in mancanza di testamento, secondo una ripartizione stabilita dal codice civile: la ripartizione privilegia innanzitutto i parenti di grado più prossimo (coniuge, figli, nipoti, ecc.).

Per diventare eredi non basta essere parenti del defunto: bisogna, alla morte di questi, accettare l’eredità. Prima dell’accettazione dell’eredità non si è eredi, neanche se si è, ad esempio, il coniuge o il figlio convivente del defunto. Ragion per cui, ancora, non si è neanche tenuti a pagare i debiti lasciati dal soggetto scomparso. 

Prima dell’accettazione dell’eredità si vive in uno stadio intermedio: si usa il termine “chiamato all’eredità”. Il “chiamato” è appunto colui che potenzialmente può diventare erede ma che ancora non lo è perché non ha fatto l’accettazione di eredità.

Entro quanto accettare l’eredità?

Ci sono 10 anni dall’apertura della successione – ossia dalla morte del de cuius – per manifestare la volontà circa l’accettazione o la rinuncia all’eredità. 

Tuttavia chi conviveva con il defunto, ragion per cui aveva il possesso dei suoi beni, ha un termine più breve: entro 3 mesi deve fare l’inventario dei beni e nei successivi 40 giorni deve dichiarare se intende accettare o meno l’eredità, altrimenti si considera erede puro e semplice. 

Come si fa l’accettazione di eredità?

L’accettazione si fa normalmente con dichiarazione dinanzi al notaio o al cancelliere del tribunale. Ma è anche possibile un’accettazione tacita, tramite un atto di disposizione del patrimonio ereditario (ad esempio la vendita di un bene dell’eredità, l’accatastamento di un immobile a proprio favore, il prelievo dal conto corrente, ecc.).

Attenzione: la dichiarazione di successione non costituisce accettazione dell’eredità. È un adempimento di carattere puramente fiscale.

Quale responsabilità per l’erede?

Con l’accettazione dell’eredità si acquisisce la proprietà sui beni del defunto o su una quota di questi (secondo quanto indicato nel testamento o, in assenza, dalla legge). Ma, nello stesso tempo, si subentra anche nei debiti lasciati dal defunto, per una quota pari a quella appunto dell’eredità ricevuta. Ad esempio un erede al 33% è anche debitore del 33% di ogni obbligazione del de cuius ancora pendente al suo decesso. 

Il creditore del defunto quindi può chiedere il pagamento a ciascun erede di quanto il defunto gli doveva, ma non oltre la rispettiva quota di eredità. Se un erede non versa la propria parte, gli altri non rischiano nulla. Inoltre, il creditore non può esigere alcun pagamento da chi ancora non ha accettato l’eredità, proprio perché non può considerarsi “erede” ma semplice “chiamato all’eredità”, qualifica quest’ultima che non comporta alcuna responsabilità patrimoniale.

La responsabilità patrimoniale degli eredi “pro quota” vale anche per i debiti con il fisco: ciascun erede risponde solo entro i limiti della percentuale di patrimonio ereditata. Fanno eccezione solo l’imposta di successione e le imposte sui redditi (Irpef, Ires) per le quali sussiste una responsabilità solidale (il fisco può cioè chiedere l’integrale pagamento anche a un solo erede).

Il creditore del defunto che non ottenga dall’erede il pagamento di quanto gli è dovuto può pignorare i beni personali di quest’ultimo, anche quelli di cui era titolare prima dell’accettazione dell’eredità (ad esempio la casa, il conto corrente, lo stipendio, ecc.). 

Per evitare la responsabilità patrimoniale per i debiti del defunto l’erede che voglia tutelarsi dai creditori di quest’ultimo deve effettuare la rinuncia all’eredità: con la rinuncia infatti non si subentra in alcun debito né si è responsabili per i beni dell’eredità giacente. Ragion per cui non si può subire alcuna conseguenza di tipo economico e nessuno potrà chiedere al parente rinunciatario alcun pagamento.

Quali rischi per chi è erede?

Bisogna far molta attenzione a quando si accetta l’eredità di una persona di cui non si conosce la situazione debitoria: difatti, c’è il rischio che i debiti superino l’attivo patrimoniale, con la conseguenza che sarà più quel che l’erede “perde” che non quello che “riceve”.

Si tenga peraltro conto che l’accettazione dell’eredità non si può revocare, anche se, in un momento successivo, dovessero prospettarsi dei debiti di cui non si poteva conoscere l’esistenza.

Al contrario, la rinuncia all’eredità può essere revocata (comportando quindi l’accettazione della stessa) entro 10 anni dal decesso e sempre che, nel frattempo, il patrimonio non sia stato completamente distribuito. 

Cos’è l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario?

In alternativa all’accettazione dell’eredità e alla rinuncia all’eredità c’è la possibilità – sempre nei medesimi termini sopra indicati – di accettare l’eredità con beneficio di inventario. Lo si fa quando si ha il sospetto o il timore che i debiti del defunto possano superare i crediti e che ciò possa pregiudicare il proprio patrimonio personale.

In pratica, l’accettazione dell’eredità comporta la separazione del patrimonio del de cuius da quello dell’erede, impedendone la fusione. Pertanto, i creditori del defunto non possono aggredire i beni personali dell’erede, ma solo soddisfarsi sul patrimonio ereditario acquisito a seguito di accettazione beneficiata. 

Ciò non significa che viene meno la responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti, anche tributari, ricevuti in eredità, ma fa solo sorgere il diritto di questo a rispondere solo con i beni devolutigli con la successione.

Facciamo l’esempio di una persona che riceva una quota pari al 50% dell’eredità del padre, il creditore di quest’ultimo potrà pignorargli solo tale bene, non anche quelli personali di cui l’erede era già proprietario in precedenza (ad esempio la sua precedente abitazione). 

In buona sostanza, con l’accettazione con beneficio d’inventario il chiamato all’eredità diventa erede e acquisisce tutti i diritti sul patrimonio del defunto (né perde la possibilità di ottenere la pensione di reversibilità); non rischia che i creditori gli pignorino la casa e gli altri suoi beni personali e, nello stesso tempo, evita di perdere più di quanto riceve con l’eredità.

Ma se tale sistema è così convenente, perché c’è anche chi non accetta con beneficio di inventario? Perché il beneficio di inventario ha anche dei “contro”. Innanzitutto richiede di eseguire un inventario sui beni del defunto entro 3 mesi dalla dichiarazione, il che implica dei costi. Inoltre, l’erede con beneficio di inventario deve rendere il conto della propria gestione ai creditori e ai legatari, entro il termine pattuito o assegnato dal giudice. Se è in mora, dovrà pagare i creditori coi propri beni. 

Quanto costa accettare l’eredità con beneficio di inventario?

L’accettazione con beneficio di inventario richiede: 

  • il versamento della somma di 294 euro mediante Mod. F23;
  • l’acquisto di marche da bollo (2 da 16 euro + 1 da 11,54 per la copia conforme da inviare all’Ufficio del territorio; le stesse per ogni ulteriore copia conforme che necessiti, ad esempio per l’erede; si tenga presente che il costo copia conforme può differire se vi è o meno “urgenza”).

Termini per l’accettazione con beneficio di inventario

L’erede ha l’obbligo di comunicare l’accettazione con beneficio di inventario entro massimo 10 anni dal decesso. Una volta fatta la dichiarazione, l’erede deve predisporre l’inventario nel termine di 3 mesi dalla dichiarazione, salvo la proroga accordata dal giudice; in mancanza, è considerato erede puro e semplice. 

Se l’erede ha fatto l’inventario non preceduto da dichiarazione d’accettazione, questa deve essere fatta nei 40 giorni successivi al compimento dell’inventario; in mancanza, il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità.

Se l’erede è nel possesso dei beni del defunto (si pensi a un convivente), i termini si restringono: egli deve, entro 3 mesi, fare l’inventario dei beni con il cancelliere del tribunale; chiuso l’inventario, il chiamato ha poi 40 giorni per accettare o meno l’eredità. 

Che succede se l’erede era debitore o creditore del defunto?

Se l’erede che accetta con beneficio di inventario aveva debiti verso il defunto, deve procedere all’integrazione del patrimonio mediante la corresponsione del dovuto, ma solo nei limiti sufficienti a garantire il totale soddisfacimento dei creditori ereditari e dei legatari.

Se invece l’erede vantava crediti verso il defunto, egli concorre in condizioni paritetiche con gli altri creditori ereditari.

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Pubblicato : 25 Ottobre 2022 08:00