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Cosa comporta il licenziamento per scarso rendimento lavorativo?

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(@angelo-greco)
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Scopriamo quali sono le basi legali e le condizioni che giustificano un licenziamento per scarso rendimento secondo la giurisprudenza italiana.

Il licenziamento per scarso rendimento, pur non essendo espressamente previsto dalla legge, è stato di recente introdotto dalla giurisprudenza.

Fino a qualche anno fa, la Cassazione escludeva che si potesse licenziare un dipendente perché poco produttivo, in linea con il principio secondo cui il lavoratore non deve garantire un risultato (come invece un professionista) ma solo la messa a disposizione del proprio tempo.

Tuttavia, poco alla volta, si è valutato come colpevole la condotta del lavoratore che adempie alla sua prestazione con notevole e ingiustificato ritardo rispetto alla media dei colleghi dello stesso settore. Ma cosa comporta il licenziamento per scarso rendimento lavorativo e come si dimostra che sussistono le condizioni per la risoluzione del rapporto di lavoro? È quanto tenteremo di spiegare, in modo pratico e agevole, in questa breve guida.

In quali casi si verifica il licenziamento per scarso rendimento?

Il licenziamento per scarso rendimento si verifica quando un lavoratore, in un periodo di tempo considerevole, ottiene risultati inferiori rispetto a quelli dei colleghi con la stessa mansione e quando questa discrepanza è significativa.

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 11174/2023, ha specificato che tale licenziamento rientra in un’ipotesi di recesso per giustificato motivo soggettivo in quanto legato a un comportamento colpevole del lavoratore. Questi infatti deve obbedire alle direttive del datore, sicché ritardare inutilmente l’adempimento dei propri compiti può essere considerato, se volontario, un atto di insubordinazione e, se involontario, un grave inadempimento. Nel primo caso si potrebbe giustificare il licenziamento per giusta causa, ossia in tronco, stante la malafede del dipendente. Nel secondo caso invece si può configurare invece un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, determinato cioè da semplice colpa.

A volte, lo scarso rendimento può costituire un licenziamento per giustificato motivo oggettivoquando non dipende da un comportamento negligente del lavoratore, ma da condizioni fisiche (si pensi a una sopravvenuta inabilità che determini un necessario e involontario rallentamento). Si ricorda tuttavia che il licenziamento per protratta malattia è possibile solo se viene superato il cosiddetto periodo di comporto, ossia il termine massimo di assenza previsto dal contratto collettivo di categoria.

Come si dimostra lo scarso rendimento?

Per considerare lo scarso rendimento come motivo di licenziamento, è essenziale valutare la condotta complessiva del dipendente, confrontando i suoi risultati con la media delle prestazioni dei colleghi.

La nozione di scarso rendimento è legata a un inadempimento notevole. Né è possibile parlare di scarso rendimento quando il dipendente non raggiunge gli obiettivi imposti dal datore ai fini del raggiungimento di “premi di produzione”.

Quali sono gli esempi concreti di licenziamento per scarso rendimento?

Esempi di licenziamento per scarso rendimento includono la reiterata inidoneità del lavoratore allo svolgimento dei compiti affidatigli o la volontaria scarsa produttività che viola specifici obiettivi di produttività.

Non si può parlare di scarso rendimento quando il dipendente, a seguito di ristrutturazione aziendale, abbia subito un sovraccarico dei compiti inizialmente attribuitigli.

Quali sono i diritti e le responsabilità dei lavoratori in caso di licenziamento per scarso rendimento?

I lavoratori hanno il diritto di contestare un licenziamento per scarso rendimento, specialmente se possono dimostrare che le condizioni del loro inadempimento non sono ad essi imputabili.

La contestazione avviene:

  • con comunicazione scritta inviata all’azienda entro 60 giorni dal ricevimento del licenziamento. La lettera non deve specificare le ragioni dell’opposizione ma manifestare genericamente l’intenzione di contestare la decisione del datore;
  • con ricorso depositato in tribunale entro 180 giorni dall’invio della predetta lettera di contestazione.

D’altro canto, i datori di lavoro devono fornire prove concrete dell’inadempimento del lavoratore e della sproporzione tra gli obiettivi assegnati e i risultati ottenuti.

 
Pubblicato : 12 Dicembre 2023 17:30