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Contratto via WhatsApp: è valido?

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(@mariano-acquaviva)
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Mia madre, ancora in vita, aveva donato un immobile a mio fratello senza obbligo di collazione. Questi si è reso disponibile a inserire l’immobile nella massa, purché contribuisca al pagamento della metà dei debiti che lui ha saldato per conto di nostra madre. L’accordo è stato concluso tramite WhatsApp. Successivamente, mio fratello ha avuto un ripensamento e ora non vuole fare più nulla. È possibile? Un messaggio WhatsApp non equivale alla firma di un documento?

Secondo l’orientamento oramai pacifico della giurisprudenza, l’accordo raggiunto tramite scambio di messaggi WhatsApp, documentato mediante il relativo screenshot prodotto in causa, costituisce prova scritta dell’accordo tra le parti, salvo che quella interessata non ne abbia disconosciuto la provenienza e il contenuto.

Per la precisione, la Corte di Cassazione (sentenza n. 49016 del 2017) ha sancito, in merito all’utilizzabilità dei messaggi WhatsApp, che essi hanno valore di prova incontrovertibile purché vi siano i supporti informatici (gli smartphone o il pc) nei quali sono presenti le conversazioni.

Al di là di questa osservazione, nel caso di specie va precisato che l’iniziale consenso è stato successivamente ritirato dall’altra parte.

Secondo l’articolo 1375 del codice civile, il contratto deve essere eseguito secondo buona fede, cioè con lealtà e correttezza.

Se si volesse attuare il contratto concluso mediante WhatsApp, si incorrerebbe nel rischio di vedersi opposta la successiva revoca del consenso.

Di conseguenza, il giudice non solo potrebbe rifiutare di attuare l’originario accordo, ma potrebbe perfino condannare l’attore al pagamento delle spese legali e del risarcimento dei danni per aver attuato il contratto in malafede, sapendo che l’altra parte aveva revocato il proprio consenso.

In buona sostanza, nel caso di specie non è possibile provare la conclusione del contratto tramite WhatsApp se c’è stato un ripensamento regolarmente manifestato prima dell’esecuzione dell’accordo stesso.

In un’ipotesi del genere, infatti, non ci si può appellare al vincolo sorto con l’originario assenso, visto che i messaggi WhatsApp, per quanto possano essere utilizzati come prova del consenso, non sono equiparabili a una scrittura privata firmata contestualmente dalle parti, la quale vincolerebbe i soggetti senza possibilità di recedere successivamente.

Pertanto, così come chi ha interesse alla validità del contratto può portare in giudizio lo screenshot del consenso prestato dalla controparte, allo stesso modo quest’ultima potrebbe provare il successivo dissenso, manifestato prima dell’esecuzione del contratto.

Per ulteriori approfondimenti, si leggano i seguenti articoli:

 
Pubblicato : 28 Ottobre 2023 12:45