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Commettere un crimine sotto minaccia è reato?

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(@mariano-acquaviva)
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Violenza o minaccia per costringere qualcuno a commettere un reato: come funziona il concorso di persone nel reato non voluto?

Chi commette un reato rischia di essere processato e, al termine, di essere condannato alla reclusione. Questa regola vale praticamente per tutti, anche per chi non sapeva di compiere un illecito: com’è noto, infatti, la legge non ammette ignoranza.

Quanto appena detto non significa però che, in caso di illecito penale, si debba sempre essere inevitabilmente condannati. Ad esempio, commettere un crimine sotto minaccia è reato? Vediamo cosa dice la legge a tal proposito.

Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato

L’articolo 611 del codice penale punisce con la reclusione fino a cinque anni chiunque usa violenza o minaccia per costringere o determinare qualcun altro a commettere un reato.

In buona sostanza, è reato obbligare un’altra persona a infrangere la legge penale.

Per raggiungere questo scopo, il reo deve avvalersi della violenza (fisica o morale) oppure della minaccia.

È il caso di chi costringe un’altra persona a commettere un furto dietro la minaccia di fare del male alla sua famiglia.

Carlo, puntando la pistola alla tempia di Tommaso, gli intima di falsificare alcuni documenti contabili.

Si badi bene: il delitto in esame si perfeziona a fronte del semplice utilizzo della violenza o della minaccia, a prescindere dal fatto che il reato “imposto” alla vittima sia da questa commesso.

Angelo invia una lettera minatoria a Paolo minacciando di uccidergli il figlio se non commetterà una rapina.

Secondo la Corte di Cassazione [1], il delitto di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato è un reato di pericolo che si consuma nel momento stesso dell’uso della violenza o della minaccia, indipendentemente dal realizzarsi del reato-fine.

Insomma: la violenza o la minaccia per costringere a commettere un reato integra un delitto a prescindere dal fatto che il reato sia poi realizzato.

In questa ipotesi, cioè se la vittima, costretta dalla minaccia o dalla violenza altrui, commette davvero il reato che gli è stato intimato di realizzare, allora si avrà un concorso di reati, come spiegheremo a breve.

Chi è costretto a compiere un crimine commette reato?

Chi è costretto a compiere un crimine commette a propria volta reato?

In altre parole, chiarito che il “soggetto costrittore” risponde penalmente della propria condotta violenta o minacciosa, il “soggetto costretto” è a sua volta punibile per ciò che ha commesso, sebbene indotto dal comportamento altrui? Ovviamente no.

Perché si possa rispondere di un reato, infatti, non occorre solamente l’elemento oggettivo costituito dalla condotta materiale, ma anche la condizione soggettiva/psicologica rappresentata dal dolo o dalla colpa.

Quando un soggetto commette un reato perché costretto da altri non può rispondere penalmente del proprio fatto in quanto il crimine è commesso senza dolo (cioè, la deliberata intenzione) né colpa (cioè, per negligenza, imperizia o imprudenza).

In buona sostanza, chi commette il reato perché costrettovi da altri può giustificarsi per via del ricorrere di una circostanza (la minaccia o la violenza) che gli ha impedito di comportarsi diversamente.

Nel caso di violenza fisica, poi, si configura l’ipotesi di cui all’articolo 46 del codice penale, secondo il quale non è punibile chi ha commesso un reato per esservi stato da altri costretto mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi.

Emanuele costringe Francesco a falsificare un testamento prendendogli la mano e facendogli apporre una firma falsa con la forza bruta.

In tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l’autore della violenza.

Concorso di persone nel reato imposto con violenza o minaccia

Come ricordato nel primo paragrafo, chi usa violenza o minaccia per costringere o convincere una persona a commettere un reato commette egli stesso un delitto, punibile con la reclusione fino a cinque anni.

Non importa che il destinatario della violenza o della minaccia commetta il crimine intimato: la sola condotta volta a coartare la volontà altrui è sufficiente a far scattare il crimine.

Se, però, il soggetto costretto commette davvero il delitto che gli è stato prospettato, allora si realizza un concorso di persone in cui, però, solamente il soggetto “costrittore” risponderà penalmente.

Gianfranco ricatta Mario dicendogli che, se non commetterà un certo furto, gli brucerà la casa. Se Mario asseconda la richiesta, Gianfranco risponderà anche di concorso nel reato di furto.

Ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto configurabile il concorso di reati tra la minaccia messa in opera per costringere taluno a rendere falsa testimonianza e il concorso nella falsa testimonianza resa dal soggetto minacciato [2].

Insomma: l’autore della violenza o della minaccia risponde del reato eventualmente commesso dal soggetto coartato, a prescindere dalla punibilità di quest’ultimo [3].

 
Pubblicato : 4 Febbraio 2024 07:00