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Come vincere una trattativa?

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(@antonio-pagano)
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Una guida sui criteri da seguire allo scopo di finalizzare una trattativa a proprio vantaggio.

Non è semplice condurre una trattativa e, ancor meno, finalizzarla a proprio vantaggio. Ma certamente vi sono dei criteri da seguire quanto meno per non farla naufragare e, se si sarà stati capaci ed anche acuti, in grado di portarla a proprio vantaggio. Vediamo dunque come vincere una trattativa, almeno nei limiti del possibile tenendo conto che tutto dipende anche dalla controparte che si ha dinanzi, da quando questa è predisposta all’accordo e ad ascoltare le ragioni dell’avversario.

La conoscenza dell’argomento

Indubbiamente il primo criterio e principio da seguire nel condurre la trattativa è la conoscenza dell’oggetto della trattativa stessa: è inconcepibile intavolare una discussione, finalizzata ad un eventuale accordo, senza conoscere l’argomento della stessa, i suoi profili, i principi che lo regolano, le esemplificazioni nella disamina di ipotesi concrete, le eccezioni o peculiarità di alcune casistiche.

La base della trattativa è decisamente questa: una conoscenza esaustiva dell’argomento da trattare è, oltre che necessaria al buon esito della trattativa stessa, anche un ottimo biglietto di presentazione. Difatti la controparte, oltre a manifestare apprezzamento per l’interlocutore, mostrerà maggiore disponibilità ad accogliere la sua proposta.

Lo studio della controparte

È sempre necessario conoscere più a fondo possibile chi si ha dinanzi: la preparazione, l’esperienza e la posizione della controparte vanno esaminate attentamente e ponderate accuratamente per chiudere in maniera positiva la trattativa.

Per iniziare, certamente la maggiore preparazione ed esperienza della nostra controparte va apprezzata e considerata: da tale punto di vista una cosa è mostrarsi sicuri di se stessi e confidenti, un’altra è essere sfrontati ed arroganti, non mostrando la dovuta riverenza a chi si mostra ugualmente preparato rispetto a noi o, come spesso capita, con maggiore esperienza (anche in termini anagrafici).

Il rispetto dell’avversario è importante perché accorcia le distanze e crea empatia: buona regola è sempre quella di avere un approccio equilibrato, una base comune anche non necessariamente legata all’argomento da trattare, una ottima capacità di ascolto delle ragioni della controparte.

Alle volte si può presentare la situazione esattamente opposta: siamo noi ad avere maggiore conoscenza ed esperienza sulla casistica da trattare. In questo caso, non forzare la mano e non imporsi può essere l’approccio giusto, visto che la nostra controparte già conosce le nostre capacità o, nel corso della trattativa, avrà modo di avvedersene. Ed allora appare inutile prevaricare: produce un effetto di repulsione che nuoce al buon esito della trattativa.

Proprio in virtù della posizione di predominanza (data dalla preparazione, dall’esperienza o dalla propria posizione di potere o ragione), sarà invece opportuno mostrare delle concessioni, magari su punti secondari o addirittura trascurabili o irrilevanti. Accrescerà la convinzione della controparte di aver “strappato” un buon accordo, mentre si è portato a casa l’intero risultato, con soddisfazione integrale o quasi su tutti i punti essenziali della trattativa.

Ultimo punto da considerare è la posizione della controparte: se potente, sovraordinata rispetto a noi o al nostro tutelato, di grandi mezzi o di grande estensione per numero, marchio, capacità, esperienza, permanenza nel settore, battere i pugni sul tavolo non servirà a molto.

Viceversa in questo caso più vasta sarà la conoscenza dell’argomento, più studiati e calibrati i modi, più efficace e proficua sarà la trattativa ed il risultato che ad essa conseguirà.

Certo alle volte può presentarsi una situazione contrapposta: la piena ragione o il pieno  diritto negato da una parte e la posizione di potere e l’abuso dall’altra: ad esempio, nelle tematiche del consumatore, spesso ci si imbatte in situazioni di ragione totale, in cui una parte, pur piccola e “debole” contrattualmente, avrebbe pieno diritto ad un riconoscimento integrale delle proprie ragioni e dall’altra un soggetto molto potente, di grandi dimensioni, incurante della pretesa altrui e, viceversa, desideroso di tacitarne qualsivoglia velleità con un rifiuto integrale.

In tali ipotesi certamente sarà decisiva la capacità di mediazione del procuratore, che dovrà essere tanto abile e capace, quanto fermo nel voler portare avanti le ragioni del proprio cliente in maniera più ampia possibile. E, proprio a confermare l’eccezione della regola, in tali casi un piglio deciso ed una prospettazione di conseguenze nefaste in caso di rifiuto dell’accordo può condurre al miglior esito possibile.

La base dell’accordo

Dopo essersi approcciato in maniera esauriente all’argomento della trattativa, con uno studio attento ed approfondito della materia e delle sue casistiche e risvolti, aver conosciuto e studiato il proprio avversario, si entra nella fase calda della trattativa.

Diviene preliminare al raggiungimento dell’accordo la disamina del contesto: non sempre si ha la possibilità di intraprendere una trattativa fin dall’inizio; spesso si subentra a qualcun altro o si segue una fase che è successiva ad un’altra in cui si sono già poste le basi del dialogo o s’è trovata una piattaforma comune.

Ecco, in tale circostanza, nella conoscenza della tematica da trattare, bisogna ricomprendere anche la disamina e la conoscenza della situazione concreta: bisogna avere contezza della fase in cui si subentra, dei punti già raggiunti, di quelli modificabili e migliorabili e di quelli su cui controparte non è disponibile a trattare.

Anche qui l’approccio deve essere equilibrato e ponderato: è naturale che laddove si parta da una buona base, con la controparte che – convinta o costretta – ha già concesso parecchio a proprio favore, non la si deve compromettere con richieste ulteriori o eccessive rispetto quelle già accordate o che appaiono avere maggiore accondiscendenza nella nostra controparte.

Viceversa, laddove l’accordo sia ancora in fase embrionale, non bisogna assolutamente mostrarsi frettoloso o, peggio, ansioso di chiudere la trattativa, dal momento che questa porterà ad un risultato vantaggioso in minima parte. Anzi, quanto più ci si mostrerà impazienti ed ansiosi, tanto più controparte comprenderà che può “liberarsi” dall’obbligo con concessioni minime: esattamente l’opposto che chiudere una trattativa in maniera profittevole.

Non ci si deve stancare di trattare, di smussare gli angoli senza perdere di vista i propri obiettivi e le proprie finalità, facendo anzi leva esattamente sulla situazione opposta a quella descritta in precedenza: alle volte, pur avendo ragione ma non trovando riscontro nella controparte, l’allungamento, l’ostruzionismo e l’oltranzismo sulle proprie posizioni può sfiancare la controparte, minarne le certezze e diminuire la resistenza, cosicché il risultato profittevole della trattativa può scaturire più dallo sfinimento dell’avversario, che da una capacità a far valere le proprie pretese attraverso un approccio graduale e calibrato.

 
Pubblicato : 16 Settembre 2023 09:45