forum

Come viene punito i...
 
Notifiche
Cancella tutti

Come viene punito il lavoro in nero

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
54 Visualizzazioni
(@angelo-greco)
Post: 3141
Illustrious Member Registered
Topic starter
 

Cosa si rischia se non si assumono i lavoratori e cos’è la maxi sanzione?

Il lavoro in nero è punito severamente solo nei confronti del datore di lavoro. Il lavoratore dipendente può rischiare tutt’al più un accertamento fiscale per non aver dichiarato i redditi percepiti o, nella peggiore delle ipotesi, un procedimento penale per aver, nel frattempo, percepito sussidi di disoccupazione (Naspi) e altre erogazioni pubbliche a cui non avrebbe avuto diritto.

Vediamo allora, più nel dettaglio, come viene punito il lavoro in nero. In questi casi la legge prevede la cosiddetta “maxi sanzione” nei confronti del datore di lavoro.

Scopo di questo articolo è verificare appunto cos’è la maxi sanzione per lavoro irregolare, a quanto ammonta e come si estingue. Ma procediamo con ordine.

Cos’è la maxi sanzione per lavoro in nero?

La maxi sanzione per il lavoro in nero è una sanzione amministrativa pecuniaria che viene applicata in caso di impiego di lavoratori irregolari, ossia “non dichiarati” ai centri per l’impiego e all’Inps. Essa è stata introdotta nel 2003, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno del lavoro nero e tutelare i diritti dei lavoratori.

Cosa rischia il datore di lavoro che impiega lavoratori in nero?

La condotta del datore di lavoro che non dichiara i lavoratori è punita, come detto, solo a livello amministrativo con la maxi sanzione. È invece previsto il reato se il prestatore di lavoro è un immigrato sprovvisto di permesso di soggiorno.

A quanto ammonta la maxi sanzione per lavoro in nero?

Il decreto per l’attuazione del Pnrr ha aumentato del 30% le sanzioni per lavoro nero (art. 29, comma 3, del D.L. 19/2024) ha riformato la materia.

L’ammontare della maxi sanzione varia a seconda della durata del rapporto di lavoro irregolare:

  • da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare, se impiegato senza la preventiva comunicazione di assunzione sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
  • da 3.900 a 23.400 euro, se il lavoratore è stato impiegato da 31 a 60 giorni;
  • da 7.800 a 46.800 euro, se il lavoratore risulta impiegato oltre i sessanta giorni.

Gli importi sono aumentati inoltre del 20% nel caso di impiego di:

  • lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno;
  • minori in età non lavorativa;
  • lavoratori beneficiari dell’Assegno di inclusione o del Supporto per la formazione e il lavoro (D.L. 48/2023).

Per questi ultimi non trova applicazione la procedura di diffida che vedremo a breve.

Quando scatta la maxi-sanzione per lavoro in nero?

La maxi-sanzione si applica a tutti i datori di lavoro privati, con esclusione di quello domestico, se l’azienda non comunica entro le ore 24 del giorno antecedente, l’instaurazione del rapporto di lavoro e ne è provata, da parte degli organi ispettivi, la natura subordinata (nota Inl 856/2022).

La maxi-sanzione per lavoro nero si accompagna quasi sempre a un’altra: quella prevista per il pagamento dello stipendio con modalità non tracciabili. Difatti, chi assume un lavoratore in modo irregolare si guarderà bene dal lasciare prova del rapporto e utilizzerà sempre i contanti.

In questo caso, se il datore di lavoro non dimostra il pagamento con uno dei metodi previsti dalla legge, potrà essere emessa anche la diffida accertativa per la retribuzione non corrisposta.

Come difendersi dalla maxi sanzione?

Prima dell’irrogazione della sanzione, l’Ispettorato del Lavoro invia una diffida accertativa al datore. Adempiendo entro 120 giorni dalla notifica del verbale, si può estinguere la sanzione con il pagamento della misura minima prevista dalla legge.

Sempre entro 120 giorni, il datore di lavoro è tenuto a regolarizzare il lavoratore in nero. Se quest’ultimo sta ancora lavorando al momento dell’accesso ispettivo, l’azienda dovrà instaurare con lui un contratto a tempo indeterminato, anche part-time, con una riduzione oraria non superiore al 50%, o un contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi.

Per l’assunzione non si potrà usare il contratto intermittente; mentre sarà possibile sottoscrivere un contratto di apprendistato.

Il datore dovrà inoltre mantenere in servizio il lavoratore per un periodo non inferiore a tre mesi, cioè 90 giorni di calendario dalla data dell’accesso ispettivo. Nei casi di interruzione del rapporto di lavoro non imputabili al datore, è possibile ottemperare alla diffida con un contratto separato, stipulato successivamente all’accesso ispettivo, che dovrà consentire il mantenimento del rapporto per almeno tre mesi.

Invece, la diffida non potrà ritenersi adempiuta nei casi del mancato mantenimento effettivo del rapporto di lavoro per tre mesi nei 120 giorni dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione.

Che succede per chi ha lavorato in nero prima di essere assunto?

Spesso il datore di lavoro fa precedere, alla regolare assunzione, un periodo più o meno lungo di attività irregolare, svolta cioè in nero. In questi casi il datore dovrà regolarizzare l’attività pregressa.

La diffida, da adempiere entro 45 giorni, avrà a oggetto la rettifica della data di assunzione, il pagamento dei contributi e premi e il pagamento della sanzione in misura minima.

Per regolarizzare il lavoratore in nero non più in forza presso l’azienda, non si applica l’obbligo del mantenimento in servizio per almeno tre mesi.

 
Pubblicato : 26 Marzo 2024 12:15