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Come vengono tassati bitcoin e criptovalute

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(@paolo-remer)
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Con la legge di Bilancio 2023 le criptovalute rientrano nei redditi diversi e c’è il prelievo fiscale sulle plusvalenze, ma solo quando superano la franchigia.

C’è chi, come il membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, Fabio Panetta, ha paragonato le criptovalute al gioco d’azzardo: «Le cripto sono un gioco d’azzardo mascherato bene da investimento»,  perché il trading in questi asset consisterebbe in una «semplice attività speculativa, che non svolge nessuna funzione economicamente e socialmente utile». Inoltre – prosegue l’alto funzionario – «le cripto possono essere utilizzate per l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e l’elusione delle sanzioni, per non parlare del problema dei costi ambientali».

Tutto questo la dice lunga sull’atteggiamento diffidente delle autorità verso chi investe in criptovalute, che vengono ancora considerate alla stregua di un prodotto meramente speculativo, anziché di uno strumento avente anche finalità di impiego del capitale e di destinazione dei risparmi. E purtroppo le quotazioni volatili e “ballerine” del settore danno ragione a questa tesi: ad esempio, nel 2022 il Bitcoin ha perso i due terzi del valore che aveva a inizio anno. Intanto, però, il Fisco non sta inerte a guardare chi compie (spesso andando in perdita) movimenti speculativi sui criptoasset o semplicemente li detiene nel suo portafoglio virtuale: l’ultima manovra finanziaria ha introdotto importanti novità. Vediamo come vengono tassati bitcoin e criptovalute.

Tassazione criptovalute: come funziona in sintesi

Dal 1° gennaio 2023 le criptovalute vengono tassate, a titolo di imposta sul reddito con aliquota del 26%, come “redditi diversi”: è il calderone in cui rientrano tutte le fonti reddituali non comprese nelle categorie tradizionali (redditi dei fabbricati, di capitale, di lavoro dipendente o assimilati, d’impresa, ecc.) ma che, per intuibili motivi, non per questo possono sfuggire all’imposizione fiscale. Un settore ampio e variegato, che, guardacaso, comprende anche le vincite al gioco.

Ma attenzione: l’imposta sulle criptovalute si applica solo sulle (eventuali) plusvalenze realizzate al momento della vendita, e non sull’intero valore dell’asset posseduto. Inoltre ci sono dei limiti al di sotto dei quali anche i proventi ottenuti dagli investimenti in bitcoin e nelle altre criptovalute rimangono completamente detassati: è la franchigia che fra poco ti spiegheremo.

Tassazione criptovalute: com’era fino al 2022

Le disposizioni che abbiamo sintetizzato sono state introdotte dalla legge di Bilancio 2023, che ha integrato il testo unico delle imposte sui redditi con il riferimento alle «cripto-attività» [1], mentre in precedenza mancava una normativa specifica; era, quindi, difficoltoso, e fonte di incertezze, inquadrare tali proventi come capital gain.

Fino al 2022 l’Agenzia delle Entrate equiparava le criptovalute alle valute estere, e in quanto tali tassava le plusvalenze con un’imposta sostitutiva del 26% quando la giacenza complessiva dei depositi di ogni contribuente (anche su conti o wallet diversi) aveva superato il valore di 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi nell’anno d’imposta considerato. Ti abbiamo parlato ampiamente di questo regime fiscale – che dal 2023 è superato – nell’articolo “Bitcoin: vanno dichiarati e sono tassati?“.

Plusvalenze su criptovalute: quando sono tassate

Le plusvalenze su criptovalute ai fini fiscali sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito al momento della loro vendita ed il rispettivo costo, o valore, di acquisto. Chi non è in grado di determinarlo (ad esempio perché non ha documenti certi che comprovano il suo acquisto) può pagare, anziché il 26% sull’intero controvalore, soltanto il 14%, a titolo di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, se provvede a regolarizzare il possesso delle cripto che ha in portafoglio (ad esempio, su una chiavetta) dichiarandolo entro il 30 giugno 2023. Si tratta di una volontary disclosure, o sanatoria che dir si voglia, per la quale si attendono le istruzioni di dettaglio da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso, o cessione a titolo oneroso, o permuta (esclusa soltanto quella tra due o più cripto-attività che hanno le medesime caratteristiche) sono tassate quando superano i 2.000 euro. Al di sotto di questa soglia tutti i proventi realizzati con le criptovalute non sono soggetti a imposte. Inoltre il trasferimento delle criptovalute avvenuto per successione o donazione non è considerato una cessione a titolo oneroso, quindi non dà luogo a plusvalenza e segue le proprie consuete regole di imposizione fiscale.

Come si calcola la base imponibile

Il metodo di calcolo della base imponibile delle plusvalenze realizzate attraverso le cessioni di criptovalute presenta alcune particolarità, perché tiene conto delle minusvalenze, che possono essere scomputate dalle plusvalenze ottenute negli anni successivi, con una somma algebrica che restituisce la differenza (positiva o negativa) di valore tra i due importi, uno di segno più e l’altro di segno meno.

In concreto, se le minusvalenze sono maggiori delle plusvalenze, con una differenza superiore a 2.000 euro (che, come abbiamo visto, è la franchigia al di sotto della quale non c’è alcuna tassazione), l’eccedenza a favore del contribuente potrà essere portata integralmente in deduzione dall’ammontare delle plusvalenze ottenute nei quattro anni successivi, in modo da ridurre, o neutralizzare del tutto, l’ammontare delle tasse da pagare. È un meccanismo del tutto analogo a quello applicato per la tassazione dei guadagni sui titoli azionari. Facciamo un esempio.

Franco ha fatto qualche compravendita di criptovalute durante l’anno ed ha guadagnato 1.800 euro in tutto. La cifra è sotto la soglia dei 2.000 euro, quindi non dovrà pagare nulla di tasse.

Antonio ha compiuto dieci operazioni su criptovalute nel 2023, guadagnando 1.000 euro su ognuna, tranne l’ultima, in cui ha perso 12.000 euro. Sono così svaniti in un colpo i 9.000 euro di guadagni delle prime nove operazioni, e la sua minusvalenza finale ammonta a 3.000 euro; questa cifra potrà essere utilizzata, entro il quarto anno successivo, per diminuire l’ammontare delle future plusvalenze tassabili.

 
Pubblicato : 24 Luglio 2023 10:30