Come risparmiare sulle tasse: consigli pratici
Come abbattere legalmente il carico fiscale: i migliori metodi per ottenere un risparmio d’imposta.
Le tasse in Italia sono esose: per molti diventano un peso insostenibile, specialmente quando i debiti fiscali si accumulano e non si riesce a pagarli puntualmente. Esistono però diversi metodi legali per abbattere, o quantomeno ridurre sensibilmente, il carico tributario: ci sono agevolazioni ed incentivi che molti contribuenti non sfruttano perché non conoscono il giusto modo di farle valere. E allora, in concreto, come risparmiare sulle tasse? In questo articolo ti forniamo alcuni utili consigli pratici alla portata di tutti, che possono essere applicati facilmente nelle situazioni più comuni.
Sfruttare al meglio le deduzioni e detrazioni fiscali
Spese mediche, farmaceutiche e sanitarie, interessi sui mutui per l’acquisto dell’abitazione principale, acquisto di beni e servizi destinati a persone disabili, rette universitarie e scolastiche, attività sportive dei figli, carichi di famiglia, assicurazioni auto e sulla vita, assegno di mantenimento versato all’ex coniuge, donazioni ad enti di ricerca o di solidarietà: è numerosissimo l’elenco delle deduzioni e detrazioni fiscali esistenti, che consentono di abbattere notevolmente la base imponibile, nel peggiore dei casi con un risparmio d’imposta del 19% – che comunque fa risparmiare quasi un quinto – e nella migliore ipotesi con la deduzione integrale, al 100%, del costo sostenuto. Per avere un’idea, leggi quali sono le detrazioni fiscali sconosciute e gli oneri deducibili per le famiglie italiane.
Per sfruttare al meglio tutte queste deduzioni e detrazioni fiscali – che comprendono anche le varie forme di bonus casa: recupero edilizio, risparmio energetico, mobili ed elettrodomestici, ecc. – è essenziale conoscerle in anticipo, cioè al momento di sostenimento della spesa, e non soltanto quando si arriva alla presentazione della dichiarazione dei redditi in cui indicarle. Questo perché in molti casi è richiesta una fattura con particolari diciture e un pagamento fatto con strumenti tracciabili (e talvolta, come nel caso dei bonus edilizi ed energetici, con un bonifico “parlante”, cioè integrato da dati ulteriori), mentre non è ammesso il pagamento in contanti salvo alcune rare eccezioni, come le spese per medicinali e gli stipendi di colf e badanti (i contributi previdenziali versati nei loro confronti sono parzialmente deducibili).
Avere un buon commercialista o Caf
Spesso si pensa che un buon commercialista o Caf (acronimo di: Centro di assistenza fiscale) sia quello che riesce a farti pagare meno tasse possibile. Non è vero, perché i consigli offerti da un professionista facilone o disonesto potrebbero raggiungere comodamente questo obiettivo – ad esempio, facendoti omettere gli adempimenti dichiarativi e i versamenti periodici dovuti – ma poi il contribuente rimarrebbe esposto a tutte le aggressive pretese dell’Amministrazione finanziaria per il recupero dei tributi evasi.
Il buon commercialista o Caf è quello che si cala nella situazione specifica dei suoi clienti e li aiuta ad elaborare la migliore strategia fiscale per la loro pianificazione dei debiti tributari: quelli passati (come quelli da rateizzare o rottamare, o di cui si può ottenere l’annullamento, ad esempio per la prescrizione), presenti (calendario e scadenzario dei versamenti da eseguire o da “spalmare” in più periodi) e futuri, in relazione al prevedibile flusso di entrate e di spese, considerando specialmente i costi dei beni ammortizzabili, che possono essere interamente scaricati dalle tasse se vengono suddivisi in più anni (talvolta anche oltre il prezzo d’acquisto, con i cosiddetti “superammortamenti” di cui beneficiano alcuni investimenti produttivi: senza contare gli sgravi, agevolazioni e contributi pubblici ulteriori).
Ad esempio, per chi deve aprire una società la scelta del tipo è fondamentale per stabilire le imposte da pagare durante l’attività: quindi decidere se costituire una Snc o una Srl avrà conseguenze profondamente diverse. Nel corso dell’esercizio, il commercialista potrà fornire ad imprenditori e professionisti consigli utili per ridurre legalmente l’utile tassabile facendo valere i vari costi di pubblicità e di sponsorizzazione, o quelli per l’acquisto e l’uso dei veicoli aziendali e dei buoni pasto erogati ai dipendenti. Allo stesso modo, un Caf attento e solerte potrà aiutarti a far valere, nella dichiarazione dei redditi, deduzioni o detrazioni fiscali e crediti d’imposta che non sapevi nemmeno di avere, come quelli per i lavori di ristrutturazione delle facciate esterne degli edifici condominiali o per l’eliminazione delle barriere architettoniche e per l’assistenza ai familiari a carico anziani, ricoverati o disabili.
Anche il ruolo del notaio non è da sottovalutare, specialmente negli acquisti immobiliari, nelle donazioni fra coniugi e familiari e per una corretta pianificazione della successione ereditaria: in molti casi, grazie alle elevate franchigie esistenti per l’imposta sulle successioni e donazioni fra parenti stretti ed alle agevolazioni prima casa, si può ottenere l’esenzione totale d’imposta, o comunque si possono prevenire contestazioni del Fisco indicando correttamente il valore degli immobili acquistati, ceduti o trasferiti.
Rimediare alle scadenze non rispettate
Le scadenze fiscali non sono inesorabili: è vero che, una volta oltrepassato il termine previsto per fare una determinata dichiarazione o compiere un versamento, scattano le sanzioni amministrative pecuniarie – che partono dal 30% e possono arrivare fino al 240% in base alla violazione – ma è altrettanto vero che se non si lascia correre troppo tempo e si sana spontaneamente la situazione, prima che intervenga un formale avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, si può beneficiare di sanzioni ridotte, ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso, che consente di sanare la maggior parte delle violazioni, comprese quelle relative ai tributi locali, come il bollo auto e l’Imu.
In ogni caso, anche per i tributi accertati è quasi sempre possibile dilazionare il debito in modo da non doverlo pagare in unica soluzione: si può fare chiedendo la rateazione, che con Agenzia Entrate Riscossione può arrivare fino a 72 rate mensili e, per importi fino a 120mila euro è accolta immediatamente e in automatico, con la semplice presentazione dell’istanza (oltre tale soglia bisogna dimostrare le difficoltà economiche).
I regimi speciali: le flat tax
Chi aderisce al regime forfettario ottiene una tassazione molto più favorevole rispetto al regime impositivo ordinario: non bisogna versare l’Iva e, soprattutto, sui redditi c’è una flat tax del 15% (ridotta al 5% per i primi 5 anni di attività) per volumi d’affari annui con ricavi o compensi non superiori ad 85mila euro annui. La maggior parte delle piccole partite Iva italiane può rientrare in questa soglia. E se si supera, nulla di male: vuol dire che le cose sono andate bene, e l’eccedenza comporta il passaggio nel regime ordinario, con la tassazione per scaglioni di reddito.
Anche la cedolare secca sugli affitti è una flat tax, e conviene specialmente a chi ha redditi particolarmente elevati, che derivano da altre fonti, diverse alle locazioni immobiliari: si paga una percentuale fissa del 21% sui canoni percepiti (che scende al 10% per gli affitti a canone concordato) anziché le normali aliquote Irpef, che partono dal 23% ed arrivano al 43% per i redditi complessivi superiori a 50mila euro annui. La scelta della cedolare secca è discrezionale ed opzionale: può essere fatta liberamente ed in qualsiasi momento, anche in fase di registrazione iniziale del contratto all’Agenzia delle Entrate.
Far valere i propri diritti tributari
Quando arriva un avviso di accertamento o di liquidazione di un tributo, o una cartella esattoriale, molti non si rendono conto che esiste la possibilità di impugnare questi atti per vizi propri, ad esempio per un difetto nel procedimento di notifica, o per motivi di merito, come quando l’imposta non è dovuta, in tutto o in parte, magari perché la somma richiesta è caduta in prescrizione (leggi la tabella di prescrizione dei debiti fiscali per ogni imposta e tassa).
Queste irregolarità o illegittimità degli atti impositivi e di riscossione, però, non operano autonomamente, e difficilmente possono essere fatti valere in autotutela se l’Amministrazione non riconosce le ragioni del contribuente; perciò occorre impugnare l’atto con ricorso alla competente Corte di giustizia tributaria di primo grado (che dal 2022 ha sostituito la Commissione tributaria) entro 60 giorni dalla notifica.
Si può proporre ricorso contro una molteplicità di atti, e precisamente avverso:
- l’avviso di accertamento del tributo;
- l’avviso di liquidazione del tributo;
- il provvedimento che irroga le sanzioni;
- il ruolo e la cartella di pagamento (l‘estratto di ruolo, invece, non è autonomamente impugnabile);
- l’avviso di mora;
- l’iscrizione di ipoteca sugli immobili da parte dell’Agente di riscossione;
- il fermo amministrativo di auto o altri veicoli iscritti nel Pra;
- gli atti relativi alle operazioni catastali, come l’attribuzione della rendita fondiaria;
- il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi non dovuti (il c.d. diniego di rimborso, che comprende pure il rigetto delle agevolazioni tributarie);
- ogni altro atto per il quale la legge [1] prevede l’autonoma impugnabilità davanti alle Corti di Giustizia Tributaria.
Le cause tributarie di valore inferiore a 50mila euro richiedono la mediazione obbligatoria e in tale fase è spesso possibile trovare un accordo con il Fisco per chiudere la vicenda in modo soddisfacente per entrambi, senza dover arrivare a sentenza. Per gli atti dell’Agenzia delle Entrate è anche possibile per il contribuente formulare un’istanza di accertamento con adesione, che consente una riduzione delle sanzioni amministrative ad un terzo del minimo.
La previdenza complementare
Tutti conoscono il Tfr e la pensione, ma pochi sanno che da alcuni anni esistono forme di previdenza complementare grazie alle quali si possono fare dei versamenti periodici, che confluiscono in appositi fondi, per costruire la propria pensione integrativa futura: questi versamenti sono interamente deducibili dai redditi (fino a un importo massimo di 5.164,57 euro all’anno, e i lavoratori assunti dal 2007 in poi possono arrivare fino a 7.746,86 euro), cioè diminuiscono la base imponibile Irpef per un importo corrispondente, e questo significa meno tasse da pagare, o la possibilità di ottenere un rimborso dell’eventuale eccedenza già versata in fase di acconto, con le trattenute operate dal datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta.
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