Come proteggere il patrimonio durante una separazione o un divorzio
I coniugi che si separano o divorziano devono tutelare il patrimonio al fine di assicurare l’interesse primario dei figli.
Quando un’unione matrimoniale entra in crisi e marito e moglie si separano o divorziano, le conseguenze di tale decisione si possono ripercuotere sul patrimonio di entrambi o di uno solo di essi. In sede di separazione o di divorzio i coniugi devono proteggere tutto ciò che appartiene alla famiglia anche per garantire una giusta tutela nei confronti dei figli. Secondo la legge, infatti, essi sono tenuti a mantenere la prole fino al raggiungimento dell’indipendenza economica che, non necessariamente, coincide con il compimento della maggiore età [1]. Come proteggere il patrimonio durante una separazione o un divorzio?
Per rispondere correttamente a questa domanda bisogna partire da un presupposto: in caso di separazione o di divorzio le conseguenze sul patrimonio familiare dipendono dal tipo di regime (patrimoniale) scelto dai coniugi al momento della celebrazione del matrimonio o successivamente.
Entriamo più nel dettaglio dell’argomento e vediamo come proteggere il patrimonio durante una separazione o un divorzio.
Separazione/divorzio dei coniugi: come incide sulla comunione dei beni?
Il regime patrimoniale della comunione dei beni può essere scelto dai coniugi al momento della celebrazione del matrimonio o successivamente e dà vita ad una condivisione degli incrementi di ricchezza conseguiti dal marito e dalla moglie, anche per l’effetto delle attività di ciascuno di essi.
In particolare rientrano nella comunione:
- gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio ad eccezione di quelli relativi a beni personali;
- i frutti dei beni propri di ciascun coniuge, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
- i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non sono stati consumati;
- le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio [2].
Non rientrano invece nella comunione i beni personali come ad esempio quelli di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento, quelli ricevuti in donazione o in successione oppure a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa [3].
Con la separazione decade il regime della comunione e pertanto i beni vanno divisi in parti uguali tra i coniugi, inclusi i debiti (vedi ad esempio un mutuo), o distribuiti in proporzioni diverse secondo accordi.
I beni indivisibili per natura vanno venduti e il ricavato va diviso equamente tra i coniugi.
Separazione: cosa succede in caso di separazione dei beni?
Se il marito e la moglie al momento della celebrazione del matrimonio o successivamente optano per il regime della separazione dei beni, le controversie nascenti dalla crisi coniugale sono notevolmente ridotte. Ciascun coniuge infatti rimane titolare dei propri beni in quanto il patrimonio è già stato diviso tra loro. Da ciò consegue che il regime della separazione dei beni è una forma di protezione del patrimonio in caso di rottura del legame matrimoniale.
Come proteggere il patrimonio durante una separazione o un divorzio?
La tutela del patrimonio durante una separazione o un divorzio può avvenire, indipendentemente dal regime patrimoniale scelto dai coniugi, trasferendo i beni immobili o altri diritti reali (come ad esempio il diritto di abitazione) direttamente ai figli, in quanto eredi legittimi. La richiesta di trasferimento agli eredi deve essere iscritta nel verbale dell’udienza di separazione o di divorzio e i coniugi possono anche scegliere il momento in cui rendere effettivo il trasferimento, soprattutto se si tratta di figli minorenni.
Se il trasferimento ha ad oggetto strumenti finanziari (ad esempio titoli), deve essere ratificato da un notaio a pena di nullità, tranne se non si tratta di una donazione di modico valore. Se ha ad oggetto un’impresa è possibile ricorrere alla donazione, in quanto il donante è ancora in vita, oppure a un patto di famiglia.
Nel primo caso il genitore/donante può trasferire la proprietà dell’azienda al figlio ma al momento della successione, ovvero quando egli muore, il valore dell’azienda deve essere aggiunto agli altri beni inseriti nell’asse ereditario per ricostruire l’intero ammontare della successione. In tal modo non vi è alcuna lesione dei diritti degli altri eredi legittimi.
In alternativa alla donazione è possibile ricorrere a un patto di famiglia [4], uno specifico contratto che deve essere sottoscritto da tutti i familiari eredi, quindi, anche dall’ex coniuge, dai nipoti, dai fratelli e dagli altri parenti prossimi. Con tale tipo di contratto il genitore/imprenditore anticipa la propria successione trasferendo la sua azienda ai figli così che non insorgano contestazioni in sede di eredità. In sostanza l’azienda esce dall’asse ereditario e gli altri membri della famiglia non potranno rivendicare più alcun diritto sulla stessa.
Se il trasferimento ha ad oggetto del denaro liquido, occorre rispettare la normativa antiriciclaggio la quale prevede che se la somma in contanti è superiore a 5.000 euro, devono essere utilizzati mezzi tracciabili [5].
Parte della giurisprudenza suggerisce al genitore/donante e al figlio/donatario di predisporre uno scambio di posta elettronica certificata (pec) o di raccomandate con ricevuta di ritorno al fine di certificare l’avvenuto trasferimento di denaro. In pratica il genitore/donante avvisa il figlio/donatario di avere effettuato la donazione specificando il mezzo utilizzato e l’importo; il figlio/donatario, una volta ricevuta la somma, risponde confermando di avere ottenuto la donazione.
Un altro strumento mediante il quale è possibile tutelare il patrimonio durante una separazione o un divorzio è il trust.
Il trust è un istituto giuridico con cui uno o più beni di proprietà di entrambi i coniugi o di uno solo di essi vengono trasferiti ad un altro soggetto per essere utilizzati a vantaggio di un terzo beneficiario (ad esempio i figli) o per il perseguimento di uno scopo specifico.
Il trust consente di tutelare il patrimonio familiare al fine di garantire la soddisfazione dei bisogni della famiglia ed evitare che successivamente alla separazione o al divorzio, uno o entrambi i coniugi dispongano dei beni familiari sottraendoli alle esigenze di vita dei figli. Nel trust possono confluire beni di ogni tipo quali ad esempio denaro, mobili, immobili, canoni di locazione, ecc.
Cosa succede se c’è il mutuo sulla casa familiare?
Nelle separazioni e nei divorzi se la casa familiare è gravata da mutuo possono insorgere controversie tra i coniugi relative alla titolarità del debito. In sostanza è possibile chiedersi chi tra i due deve continuare a pagarne la rate.
Il mutuo è un contratto autonomo sul quale non incidono le vicende familiari legate alla separazione o al divorzio dei coniugi. Poiché per la banca non assume rilievo chi resta ad abitare nella casa bensì chi ha stipulato il contratto di mutuo, è tale soggetto che rimane obbligato nei confronti dell’istituto credito.
Detto altrimenti se il mutuo è stato sottoscritto solo dal marito o solo dalla moglie, è quest’ultimo/a che deve continuare a versarne le rate; invece, se il mutuo è cointestato, il pagamento grava su entrambi i coniugi.
Le condizioni contrattuali rimangono le stesse, anche dopo la separazione o il divorzio; tuttavia, il giudice può intervenire per assicurare una maggiore tutela a uno dei coniugi o ai figli. Pertanto, è possibile decidere:
- per la surroga del mutuo, trasferendolo ad altro istituto di credito e passando da un mutuo cointestato ad un mutuo con un solo intestatario;
- di trasferire il mutuo;
- per l’accollo del mutuo cointestato a uno solo dei coniugi, il quale rimane titolare della casa.
Al genitore che si accolla il mutuo è consigliato stipulare un’assicurazione contro gravi imprevisti in modo da tutelare gli eredi, soprattutto se sono minori; in questo modo essi potranno disporre integralmente delle somme assicurate in quanto non soggette a pignoramenti, sequestri, tasse di successione, IRPEF.
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