Come obbligare un condomino a pagare le spese?
Cosa succede se non si pagano le spese condominiali ordinarie e straordinarie e quali poteri ha l’amministratore per riscuotere i crediti del condominio.
Chi non paga le spese condominiali può subire il procedimento di riscossione dei crediti che inizia con la lettera di diffida (seppur non obbligatoria) e termina con il pignoramento dei beni, finanche lo stesso appartamento. Ad azionarlo è l’amministratore che, per legge, deve agire contro i morosi entro massimo sei mesi dall’approvazione del bilancio consuntivo e del piano di riparto da parte dell’assemblea. All’amministratore la legge riconosce poteri speciali per recuperare i crediti, finanche sospendere le forniture dell’acqua e del gas nei confronti del debitore. Vediamo dunque, più nel dettaglio, come obbligare un condomino a pagare le spese condominiali rimanendo, ovviamente, nell’ambito del lecito ossia di quanto previsto dalla legge.
Quanto tempo si ha a disposizione per pagare le spese condominiali?
Nessuna norma stabilisce un termine minimo per pagare le spese condominiali. In verità è un debito che scade automaticamente ogni mese, anche senza bisogno di una richiesta formale dell’amministratore. Esso infatti nasce con l’approvazione del piano di riparto da parte dell’assemblea ed è solo per comodità, e per venire incontro alle esigenze dei condomini, che la riscossione avviene mensilmente.
La giurisprudenza ritiene che la diffida inviata di norma dall’amministratore o dall’avvocato prima di attivare la procedura di riscossione non sia obbligatoria.
Quando ci si può rifiutare di pagare le spese condominiali?
Si può contestare la richiesta di spese condominiali innanzitutto quando la delibera di approvazione del piano di riparto è stata impugnata e la vertenza pende dinanzi al giudice.
Ci sono 30 giorni per contestare la delibera, che decorrono dall’assemblea stessa per i dissenzienti e gli astenuti, e dalla comunicazione del verbale per gli assenti.
In alcuni casi, però, è sempre possibile impugnare la delibera, anche quando sono decorsi i 30 giorni: ciò avviene per i vizi più gravi, quelli che implicano nullità (si pensi ai casi in cui l’assemblea decida a semplice maggioranza, e non all’unanimità, la variazione dei criteri di ripartizione delle spese, non attenendosi ai millesimi).
Un altro caso per non pagare le spese condominiali è quando siano state approvate spese voluttuarie per innovazioni di particolare valore economico il cui uso può essere separato tra i condomini (ad esempio un capo da tennis). Di tanto abbiamo già parlato in Lavori condominiali inutili: sono costretto a pagare?
Ci sono poi le opere di manutenzione straordinaria: per tutte queste la delibera di approvazione della spesa è nulla se, con essa stessa, l’assemblea non delibera l’istituzione di un apposito fondo di accantonamento delle quote che ciascun condomino deve versare, peraltro in anticipo rispetto all’esecuzione dei lavori.
Cosa succede se un condomino non può pagare le spese?
Se uno dei condomini non può pagare le spese, siano esse ordinarie o straordinarie (il procedimento è il medesimo) si attiva la procedura di riscossione del credito. Le fasi sono le seguenti:
- l’amministratore deve agire contro il moroso entro massimo 6 mesi dall’approvazione del rendiconto;
- l’amministratore nomina un avvocato di propria fiducia affinché avvii le azioni giudiziarie, senza bisogno della previa autorizzazione dell’assemblea;
- l’avvocato deposita dinanzi al giudice un ricorso per decreto ingiuntivo in cui chiede l’emissione di un ordine di pagamento nei confronti del condomino. Questo ordine sarà “provvisoriamente esecutivo” ossia imporrà il pagamento immediato senza alcun beneficio del termine. È possibile chiedere il decreto ingiuntivo anche se l’assemblea non ha approvato il bilancio consuntivo, con l’unica differenza che, in questo caso, il decreto ingiuntivo non sarà provvisoriamente esecutivo e il debitore avrà 40 giorni di tempo per pagare;
- se il condomino non paga neanche dopo la notifica del decreto ingiuntivo, e nello stesso tempo non propone opposizione a mezzo del proprio avvocato, l’avvocato del condominio intraprende le azioni esecutive, ossia il pignoramento dei beni del debitore. È lo stesso condominio a scegliere quali beni pignorare come: il conto corrente, lo stipendio, la pensione, il canone d’affitto eventualmente riscosso da terzi, l’appartamento in condominio, ecc.
Come costringere una persona a pagare le spese condominiali?
L’amministratore ha anche un “super potere” che gli consente di obbligare il condomino a pagare le spese. Egli può infatti, se la morosità persiste da oltre sei mesi, disporre la sospensione dal godimento dei servizi condominiali suscettibili di uso separato, come l’acqua, l’ascensore, il riscaldamento, l’utilizzo delle strutture condominiali come il campo da tennis, la piscina, ecc. A disporlo è l’articolo 63, terzo comma, delle disposizioni di attuazione al codice civile. La norma consente all’amministratore di agire autonomamente, senza previa autorizzazione né dell’assemblea, né del giudice. Ma si è profilato un problema con riferimento ai beni di prima necessità come appunto l’acqua o il gas (sempre che il condominio non abbia un impianto autonomo) e si è detto che non si possa privare l’individuo di tali utilità. Così, per risolvere ogni possibile problema derivante da eventuali contestazioni, alcuni amministratori sono soliti, prima di effettuare il “distacco” delle utenze del moroso, ricorrere al tribunale e farsi autorizzare dal giudice.
Proprio di recente il tribunale di Palermo [1] ha ribadito tali concetti: l’amministratore è in grado di chiedere e ottenere dal giudice l’autorizzazione a interrompere simultaneamente i servizi essenziali di natura condominiale suscettibili di uso separato (ascensore, antenna, servizio idrico) di cui usufruisce il condòmino moroso.
Per l’accoglimento della domanda del condominio, il tribunale siciliano ha apprezzato, in particolare, la presenza dei due requisiti oggettivi richiesti dal legislatore: la morosità maturata oltre sei mesi e la natura di possibile godimento separato dei servizi comuni. Che tradotto in termini più semplici significa che l’interruzione dell’uso nei confronti di un condomino non deve recare pregiudizio all’uso da parte degli altri, come succede appunto nel caso di un ascensore dotato di schede magnetiche consegnate solo a chi è in regola con i pagamenti, di un cancello elettrico per l’accesso al cortile le cui chiavi sono negate ai morosi, la chiusura dei tubi dell’acqua e del riscaldamento.
La pronuncia in commento ha rammentato che la giurisprudenza di merito da tempo ormai riconosce il diritto del condominio di ottenere giudiziariamente l’autorizzazione a sospendere i residenti inadempienti dalla fruizione dei servizi comuni di riscaldamento, acqua e gas, in quanto ritenuti beni non intangibili e, perciò suscettibili di sospensione cautelare. Lo stesso dicasi per l’utilizzo del cavo dell’antenna televisiva centralizzata.
Pertanto non c’è alcuna compressione del diritto alla salute in capo al moroso con l’autorizzazione del giudice, dal momento che questi può sempre accedere autonomamente ad altre fonti di erogazione idrica e televisiva esterne all’edificio condominiale, in assenza di divieti o imposizioni.
Anche la limitazione dell’ascensore è stata considerata perfettamente legittima, ben lungi dall’integrare un atto ritorsivo finalizzato a impedire al condomino di raggiungere il proprio appartamento, cui quest’ultimo «perverrà utilizzando le scale sintantoché non avrà assolto il suo debito con il condominio».
La sentenza lascia intuire che l’inibizione dall’uso dell’ascensore potrebbe essere vietata solo se il moroso dà prova che, in famiglia, vive una persona con handicap che non le consente di fare le scale a piedi.
Il Tribunale palermitano ha autorizzato l’amministratore a disporre la sospensione dei servizi essenziali, in via simultanea, tramite il ricorso a propri tecnici, «incaricati alla chiusura temporanea delle valvole o serrature delle tubazioni idriche, dei cavi televisivi, ovvero mediante l’interruzione delle relative connessioni ovvero, qualora queste ultime si trovino all’interno dell’appartamento di proprietà della resistente, mediante intercettazione e chiusura delle tubazioni alloggiate nelle parti comuni o comunque mediante tutti gli interventi tecnici che si renderanno necessari a tali fini».
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