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Come non pagare le tasse e rimanere in regola?

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(@paolo-remer)
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Metodi e strategie utili per evitare accertamenti fiscali, cartelle esattoriali, sanzioni tributarie, iscrizioni ipotecarie e pignoramenti dei beni.

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, recita solennemente l’articolo 53 della Costituzione. Perciò pagare le tasse è un dovere (tant’è che oltre certe soglie di evasione scatta anche il reato), ma non è un obbligo ineludibile: ci sono molte esenzioni previste dalla normativa fiscale ed anche alcune sanatorie, con possibilità di regolarizzazione postuma dei tributi non pagati e dei redditi evasi. Senza dover aspettare i prossimi ed eventuali condoni, vediamo in concreto come non pagare le tasse e rimanere in regola: si può fare in modo lecito, usando determinati accorgimenti che ti spiegheremo.

Ti premettiamo che cercare di rendersi invisibili al Fisco occultando i propri redditi e proventi imponibili non è una buona idea, perché se si viene scoperti si è considerati evasori totali, e allora scatta l’accertamento induttivo, con recupero integrale a tassazione delle somme presuntivamente evase e addebito delle pesanti sanzioni previste in questi casi. Esistono, invece, dei metodi e strategie perfettamente legali e molto più proficui per raggiungere l’obiettivo.

Rateizzare i debiti tributari

I debiti tributari accumulati si possono dilazionare in “comode rate mensili”, fino a un massimo di 120 rate per i contribuenti in difficoltà economica. Ma tutti possono accedere, automaticamente, alla rateizzazione fino a 72 rate mensili di pari importo (con un minimo di 50 euro ciascuna), senza necessità di dover dimostrare alcun requisito: basta presentare l’istanza ad Agenzia Entrate Riscossione. E questo vale non solo per imposte e tasse, ma anche per i contributi previdenziali, le multe stradali ed altre sanzioni amministrative.

L’effetto pratico è che la presentazione della domanda, con il versamento della prima rata entro 30 giorni, blocca le procedure esecutive instaurate dall’Agente di riscossione, come i pignoramenti di conti correnti, stipendi e pensioni, ed anche quelle cautelari, come i fermi amministrativi sui veicoli. Attenzione: una volta ottenuta la rateazione, bisogna pagare le rate puntualmente, altrimenti, se si arriva a più di 5 rate (anche non consecutive) non versate, si decade dal beneficio, e le procedure esecutive riprendono efficacia. Per saperne di più, leggi come rateizzare le cartelle esattoriali.

Mantenere il debito sotto soglia

Il Fisco può pignorare anche gli immobili del debitore, per riscuotere il dovuto, ma subisce un’importante limitazione rispetto ai creditori privati, come le banche: la prima casa del debitore – intendendo per tale la sua abitazione principale, quella in cui si ha la residenza e la dimora effettiva – può essere pignorata soltanto se il debito complessivo è superiore a 120mila euro, e se il valore di tutti gli immobili di proprietà del debitore supera tale cifra. Non deve, però, trattarsi di immobili di lusso, ville o castelli (categorie catastali A/1, A/8 e A/9): per essi non valgono i suddetti iimiti.

Perciò, per evitare il pignoramento immobiliare della casa in cui si vive è sufficiente mantenere sempre il proprio debito sotto soglia, entro il limite di 120mila euro e non oltre. Attenzione: la prima casa deve essere anche l’unica casa del debitore fiscale, nel senso che se egli risulta proprietario di altri immobili, anche ad uso non abitativo (come gli uffici) o per quote, il Fisco può pignorarli tutti, senza alcun limite. Quindi se hai parecchi debiti fiscali e sei anche proprietario di diversi immobili, ti conviene liberarti al più presto di quelli “superflui” prima che venga iscritta ipoteca su tutti: così facendo salverai almeno la prima casa.

Evitare l’ipoteca fiscale

Se poi vuoi stare ancor più tranquillo, devi sapere che l’ipoteca (che precede il pignoramento) sugli immobili non può essere iscritta se il debito fiscale accumulato non supera i 20mila euro (tranne che per gli immobili di lusso, le ville e i castelli, su cui può essere iscritta ipoteca anche per valori inferiori), e in ogni caso il Fisco deve preavvisarti prima di farlo, inviandoti un apposito atto chiamato preavviso di iscrizione ipotecaria, altrimenti l’iscrizione è nulla.

Uomo avvisato, mezzo salvato: l’ipoteca fiscale – se riguarda la prima casa – rimane “virtuale” fino a quando il debito complessivo non raggiunge i 120mila euro, perciò fino a quella soglia non può tradursi nel pignoramento. Comunque anche in questo caso per evitare in partenza che i tuoi immobili vengano ipotecati puoi pagare una parte di quanto richiesto, o rateizzarla, in modo da rimanere entro la soglia di esenzione dall’iscrizione ipotecaria.

In questo modo potrai, se vuoi, anche vendere i tuoi immobili liberi da vincoli: altrimenti sarebbe difficile trovare un acquirente disposto a pagare il prezzo di mercato per un immobile gravato dall’ipoteca fiscale, e saresti costretto a vendere sottocosto. Per maggiori dettagli, leggi “Ipoteca, pignoramento e fermo Agenzia Entrate Riscossione: limiti da rispettare“.

Selezionare i debiti da pagare

Se i debiti si sono accumulati e non riesci a pagarli tutti e per intero, come fare? Nella selezione dalla lista, cerca di pagare prima i debiti fiscali più antichi e scaduti da tempo, perché sono quelli che producono gli interessi più elevati, a meno che non siano caduti in prescrizione (10 anni per i tributi statali, come l’Irpef e l’Iva, 5 per quelli locali, come Imu e Tari, 3 per il bollo auto): in tal caso non dovrai pagare più nulla.

Ma la prescrizione delle tasse non pagate non scatta automaticamente: devi eccepirla tu, in modo formale – impugnando l’atto impositivo o esattoriale del tributo – altrimenti gli Enti impositori e gli Agenti di riscossione continueranno sempre a chiederti quei soldi. Tieni presente che ogni richiesta dell’Amministrazione finanziaria (ad esempio, un’intimazione di pagamento) interrompe il decorso dei termini di prescrizione e li fa ripartire da capo, ma spesso le notifiche non arrivano in tempo, quindi fai bene i tuoi conteggi per verificare.

Se aderisci alla rottamazione, non farlo in blocco, bensì presenta istanze separate: così ognuna di esse avrà il suo piano, e, se non riesci a versare tutte le rate programmate, decadrai solo da quelle che hai deciso di non pagare, mentre per le altre conserverai i benefici, primo fra tutti l’abbattimento integrale delle sanzioni.

Usufruire del minimo vitale

Stipendi e pensioni accreditati in conto corrente non possono essere pignorati oltre il cosiddetto minimo vitale: è una cifra garantita per legge, che serve a mantenere inalterata la soglia di sussistenza. In altre parole, in caso di debiti fiscali non pagati il Fisco potrà pignorare soltanto l’eccedenza. Precisamente, l’importo al di sotto del quale non si può scendere è attualmente pari a 1.509,81 euro, cioè il triplo dell’assegno sociale, che nel 2023 è pari a 503,27 euro.

Quanto detto vale per le giacenze presenti sul conto al momento del pignoramento. Per gli accrediti successivi, invece, il Fisco ti può pignorare soltanto un decimo del tuo stipendio, se non supera i 2.500 euro; se è compreso fra 2.500 e 5.000 euro, può pignorare un settimo, e si può arrivare ad un quinto del totale se la cifra mensile è superiore a 5.000 euro. Se si tratta di pensione c’è un limite minimo di impignorabilità pari a 1.000 euro (o comunque del doppio dell’assegno sociale, se superiore), perciò se la tua pensione è più bassa non rischi nulla, altrimenti ti verrà pignorato un quinto dell’eccedenza). Leggi come proteggere il conto corrente dal pignoramento.

Sfruttare le tolleranze sui ritardi

Alcune scadenze fiscali, come ad esempio i versamenti delle rate di rottamazione o saldo e stralcio, prevedono 5 giorni di tolleranza rispetto al termine fissato per eseguire il versamento. Per le rateizzazioni, la tolleranza è di 7 giorni rispetto alla scadenza di ciascuna rata e il versamento non si considera omesso se non si raggiunge il termine di pagamento della rata successiva. Inoltre i termini che scadono in giorno festivo o prefestivo sono prorogati al primo giorno lavorativo seguente.

Significa che hai un po’ di tempo in più per pagare senza subire sanzioni, e questo è molto utile a imprenditori, commercianti, artigiani e professionisti in momentanea crisi di liquidità, e talvolta anche ai lavoratori dipendenti e pensionati che hanno lo stesso problema e non riescono a fare i versamenti entro la prima scadenza.

Ma anche se sfori la scadenza e la tolleranza, non devi preoccuparti troppo: puoi ricorrere al ravvedimento operoso, una sorta di sanatoria preventiva o, se si vuole, di un “premio” per chi paga spontaneamente, senza aspettare l’arrivo dell’accertamento fiscale e della cartella esattoriale. Le sanzioni sono ridotte in proporzione alla durata del ritardo: nei primi giorni si paga soltanto un decimo del minimo.

Anche la dichiarazione dei redditi non presentata entro i termini, se viene inviata entro i 90 giorni dalla scadenza si considera soltanto ritardata, e non omessa: quindi fino a quel momento per il Fisco non sei (ancora) un evasore.

Tagliare gli acconti Irpef

Gli acconti Irpef vengono determinati in base al saldo dell’anno precedente, ma su richiesta del contribuente si possono calcolare anche con il metodo previsionale: vale a dire che, se quest’anno prevedi di incassare di meno, puoi comunicarlo all’Agenzia delle Entrate e ridurre la somma che devi versare in acconto. Questo ti consentirà di risparmiare diverse migliaia di euro all’anno.

La tua previsione di minori introiti rispetto all’anno precedente però deve essere ragionevole e fondata (ad esempio, sei un esercente che sta avendo una diminuzione del giro di affari, o un lavoratore a termine con contratto in scadenza e che non sarà rinnovato), altrimenti dovrai pagare il dovuto con sanzioni del 30% e interessi sulle somme non puntualmente versate.

Esistono altri metodi simili e ugualmente efficaci per abbassare in partenza l’importo delle imposte dovute, prima che vengano liquidate e accertate: per conoscerli tutti leggi “Risparmiare sulle tasse: trucchi e consigli per ridurre il carico fiscale“.

Investire per risparmiare sulle tasse

Se fai dei versamenti in un fondo di previdenza complementare destinato a costruire la tua pensione integrativa, puoi dedurre dall’Irpef fino a 5.164,57 euro ogni anno (su base mensile, 430,38 euro). In questo modo il tuo reddito imponibile scenderà e le aliquote d’imposta saranno inferiori.

Anche se avevi già subìto le trattenute Irpef in busta paga, potrai recuperare la differenza versata in più con il credito d’imposta. La dichiarazione dei redditi consente questa possibilità e gli importi versati nei fondi e piani pensione risultano già nella precompilata. Per i dettagli leggi “Come ottenere un risparmio Irpef con la pensione integrativa“.

Esistono poi molte altre agevolazioni fiscali per i risparmiatori, come la possibilità di compensare le minusvalenze registrate sulla compravendita dei titoli azionari con le future plusvalenze, l’investimento nelle startup innovative, che ti consente di risparmiare fino a 300mila euro su ogni milione, o i Pir (Piani individuali di risparmio), che puoi utilizzare per ridurre la tua base imponibile e dunque le imposte da pagare.

Andare all’estero

Se ti trasferisci all’estero, puoi evitare di pagare le tasse in Italia, e sfruttare il regime fiscale più favorevole dello Stato di destinazione. Questo risultato, però, è possibile solo se ti iscrivi all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) e vivi effettivamente nella nuova residenza straniera per almeno 184 giorni all’anno, cioè più della metà dell’anno solare. Ti spieghiamo tutta la procedura negli articoli “Come cancellarsi dal fisco italiano” e “Come trasferirsi all’estero per pagare meno tasse“.

Saldo e stralcio dei debiti fiscali

Se sei fortemente indebitato e non riesci a pagare il dovuto, puoi fare il saldo e stralcio dei debiti fiscali. La procedura di esdebitazione si svolge in tribunale e richiede l’intervento di un Occ (Organismo di composizione della crisi) che elabora un piano di rientro tenendo conto delle condizioni economiche del debitore. A seconda dei casi, si può ottenere una consistente riduzione dell’ammontare dovuto, e il giudice, dopo aver valutato la “meritevolezza” del debitore, può omologare il piano anche senza il consenso dell’Agenzia delle Entrate (che verrà comunque interpellata). Per ulteriori informazioni leggi l’articolo “Sovraindebitamento: come uscire dalla crisi“.

 
Pubblicato : 18 Giugno 2023 07:30