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Come impugnare un licenziamento orale: guida e termine

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(@angelo-greco)
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Il licenziamento non scritto è nullo e non produce effetti: per chiedere la reintegra non c’è un termine.

La legge italiana stabilisce un’apposita procedura per l’intimazione del licenziamento. Procedura che presuppone sempre un atto scritto consegnato al lavoratore con raccomandata, Pec o lettera a mani. Ma cosa succede se la risoluzione del rapporto di lavoro avviene di fatto, ossia senza alcuna comunicazione se non quella verbale? Qui di seguito offriremo una guida su come impugnare un licenziamento orale, il termine e la procedura da rispettare. Ma proseguiamo con ordine.

È valido un licenziamento verbale?

Il più delle volte, il licenziamento avviene verbalmente quando il rapporto di lavoro è irregolare, ossia in nero. Proprio al fine di non lasciare traccia del collegamento tra lavoratore e azienda, il datore comunica il recesso in modo informale.

Al licenziamento verbale viene equiparato anche quello di cui non vi sia prova del ricevimento della comunicazione (si pensi all’ipotesi in cui la stessa viene spedita a un indirizzo non corretto o quando venga smarrito l’avviso di ricevimento).

La legge impone l’obbligo di rispettare la forma scritta del licenziamento. Il licenziamento orale è nullo: si considera cioè privo di effetti. Pertanto il dipendente avrà diritto a ottenere:

  • la reintegra sul posto di lavoro;
  • il pagamento degli stipendi arretrati, maturati dalla data del licenziamento a quella della reintegra.

Come contestare un licenziamento verbale?

Di regola, la legge stabilisce un termine di 60 giorni per impugnare il licenziamento. Prima che esso scada, il dipendente deve spedire una raccomandata a/r o una PEC al datore con cui gli comunica la volontà di opporsi alla risoluzione del rapporto di lavoro. Non è necessario, almeno in questa fase, comunicare i motivi e le ragioni per cui si ritiene illegittimo detto provvedimento.

Ci si è chiesto cosa succede nel caso di licenziamento verbale, visto che non c’è una comunicazione scritta da cui far partire il decorso di detto termine. Secondo la Cassazione (sentenza del 2 marzo 1999 n. 1757), l’obbligo per il lavoratore di contestare il licenziamento entro un periodo perentorio di 60 giorni si applica solo a quello comunicato per iscritto, non anche ai casi di licenziamento orale, come ribadito in diverse occasioni dalla giurisprudenza (Cassazione 12 ottobre 2018 n. 25561; 20 maggio 2016 n. 10547; 9 novembre 2015 n. 22825) e dallo stesso Ministero del Lavoro (Risposta a Interpello del Ministero del 25 marzo 2014 n. 12).

La procedura di contestazione del licenziamento verbale

Nei casi di licenziamento orale, il lavoratore è autorizzato a intraprendere direttamente l’azione giudiziale per far dichiarare dal giudice l’invalidità dello stesso, senza la necessità della preliminare lettera di contestazione inviata all’azienda nei 60 giorni.

Dunque la procedura prevede il deposito di un ricorso al Tribunale ordinario, sezione lavoro, a mezzo di un proprio avvocato.

Il termine di prescrizione per tali azioni è fissato in 5 anni dalla conclusione del rapporto di lavoro.

Come infatti chiarito dalla giurisprudenza (cfr. Tribunale Napoli sent. n. 2205/2023), la mancata osservanza del requisito formale incide non solo sulla validità del recesso (che è inefficace per espressa previsione della citata norma), ma altresì sui termini decadenziali, che si espandono dai 60 giorni a 5 anni.

Inoltre secondo la Cassazione (sent. n. 9108/2021), il lavoratore che impugni il licenziamento deducendone l’intimazione senza l’osservanza della forma scritta ha l’onere di provare che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà del datore, seppure manifestata con comportamenti concludenti. Non è infatti sufficiente la prova della mera cessazione dell’esecuzione della prestazione lavorativa.

La difesa del datore di lavoro

Spetta al datore di lavoro, nel corso del giudizio, dimostrare la regolarità della procedura di licenziamento, ad esempio fornendo la prova dell’invio della raccomandata e il relativo avviso di giacenza mai ritirato dal dipendente.

Un esempio chiarificatore può essere il seguente: un dipendente sostiene di essere stato licenziato verbalmente senza alcuna comunicazione formale. Di fronte a tale affermazione, spetterà al datore di lavoro, che contesta l’accaduto e sostiene di aver concluso il rapporto lavorativo attraverso un atto formale debitamente comunicato, dimostrare la presenza di tutti i requisiti necessari a conferire validità e efficacia all’atto di recesso che afferma di aver correttamente eseguito (Cassazione 4 ottobre 2019 n. 24874; 15 marzo 2016 n. 5061).

 
Pubblicato : 27 Marzo 2024 10:00