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Come deve essere approvato il regolamento di condominio?

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(@angelo-greco)
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Che differenza c’è tra un regolamento condominiale approvato all’unanimità e uno a maggioranza? Che significa regolamento contrattuale? Quali sono le clausole nelle del regolamento?

Spesso ci si chiede come deve essere approvato il regolamento di condominio: in altri termini qual è la maggioranza che bisogna raggiungere in assemblea per costituire il regolamento condominiale?

La legge richiede, di norma, la maggioranza dei presenti in assemblea che rappresentino almeno metà dei millesimi. Devono dunque sussistere entrambi i requisiti per poter ritenere valida l’approvazione del regolamento.

Spesso però succede che per l’approvazione del regolamento venga richiesta l’unanimità. Perché? Quando è necessaria l’unanimità e quando è sufficiente la semplice maggioranza? Cerchiamo di comprenderlo meglio qui di seguito.

Quando il regolamento può essere approvato a maggioranza?

La prima parte dell’articolo 1138 stabilisce che la formazione del regolamento è obbligatoria quando i condòmini sono più di dieci.

Il regolamento approvato a maggioranza può disciplinare:

  • l’uso delle cose comuni;
  • la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino;
  • la tutela del decoro dell’edificio;
  • l’amministrazione.

Per quanto riguarda l’uso delle parti comuni, il regolamento può stabilire le regole per il loro godimento, rispettando i diritti dei condomini e la natura stessa del bene comune, senza alterarne l’uso originario o la destinazione (Cass. sent. n° 16902/2023).

Ad esempio, l’assemblea può rivedere l’allocazione dei posti auto, ma non è autorizzata ad imporre un divieto di parcheggio. Analogamente, può regolare l’uso di servizi come la piscina o la lavanderia, ma non può chiudere la piscina senza valide ragioni o proibire di stendere i panni in un’area tradizionalmente utilizzata per tale scopo.

Riguardo alla distribuzione delle spese, il regolamento deve definire con precisione le modalità di ripartizione, rispettando quanto stabilito dagli articoli 1123 e successivi del Codice Civile.

Per esempio, in assenza di un sistema di contabilizzazione, è possibile optare per uno dei tre metodi consentiti (superfici radianti, volumi riscaldati o un criterio combinato), ma non si può introdurre un metodo completamente nuovo.

In relazione al mantenimento del decoro dell’edificio, il regolamento può determinare le modalità e i tempi di utilizzo delle aree comuni, evitando però di imporre divieti eccessivi.

Un esempio riguarda gli orari per stendere la biancheria, una pratica che oggi tende ad essere regolamentata in modo meno invasivo e più discreto.

Perché viene richiesta l’unanimità per l’approvazione del regolamento condominiale?

Molte norme del codice civile sul condominio si applicano “salvo patto contrario”. Con questa dizione il codice intende riservare alla volontà unanime dei condomini la possibilità di derogare al codice civile. Succede ad esempio con i criteri di ripartizione delle spese condominiali che, di norma, si ripartiscono secondo millesimi “salvo patto contrario” ossia salvo che l’unanimità disponga diversamente.

Un altro esempio è l’elencazione dei beni comuni, contenuta nell’articolo 1117 del codice civile che include tetto, lastrico solare, cortile, scale, androne, ecc. salvo che vi sia un accordo diverso.

Ecco perché il regolamento viene spesso approvato all’unanimità: per poter derogare la legge.

Ma c’è anche un’altra ragione per cui spesso si richiede un regolamento unanime: solo questo infatti può contenere limiti alle proprietà individuali. Tali sono, ad esempio, il divieto di modificare la destinazione d’uso degli appartamenti, i divieti di frazionamento o accorpamento degli appartamenti, il divieto di realizzazione di verande e chiusura dei balconi con vetrate o, più in generale, di modificare l’estetica del palazzo, il divieto di posizionare vasi sulle finestre o sui balconi, la definizione di orari entro cui è necessario il massimo silenzio in condominio, ecc.

Si stanno diffondendo dubbi sulla efficacia di clausole che incidono fortemente sul valore delle proprietà e sulla possibilità di svolgere attività economiche rilevanti: si pensi alle clausole che vietano di trasformare gli uffici in abitazione, o viceversa.

Cos’è un regolamento contrattuale?

Quando approvato all’unanimità, il regolamento si definisce contrattuale. Il regolamento contrattuale si può realizzare in due diversi modi:

  • con votazione in assemblea da parte di tutti i condomini;
  • con allegazione ai singoli atti di vendita. In questo caso l’unanimità si realizza in momenti e luoghi diversi tra loro.

Nulla però esclude che patti limitativi delle proprietà individuali o diverse ripartizioni delle spese avvengano con un contratto sottoscritto da tutti i condomini, anche in momenti tra loro diversi.

Per chi valgono le clausole del regolamento di condominio?

Il regolamento di condominio vincola non solo i condomini che l’approvano ma anche i successivi titolari delle unità immobiliari, a seguito di cessioni.

In sostanza, chi entra a far parte della compagine dei condòmini è tenuto a rispettare il regolamento assembleare vigente, nell’ambito delle materie espressamente previste.

Tuttavia, l’efficacia del regolamento contrattuale nei confronti dei successivi condomini – posta la sua maggiore incidenza sulle proprietà individuali e comuni – è subordinata alla sua annotazione nei pubblici registri immobiliari o alla sua allegazione all’atto di compravendita o di donazione.

La mancata trascrizione non rende nulla la clausola, ma la rende inopponibile ai nuovi condòmini che non la abbiano accettata e quindi può condurre a conseguenze esiziali per la disciplina che gli interessati si erano data.

Quando sono nulle le clausole del regolamento di condominio?

Il regolamento condominiale non può riservare la nomina dell’amministratore al costruttore: tale prassi è considerata invalida. Questo perché contravviene all’articolo 1129 del Codice Civile che riserva inderogabilmente la scelta dell’amministratore all’assemblea a maggioranza dei presenti che rappresenti almeno 500 millesimi.

La Corte di Cassazione, nella sentenza numero 13011 del 24 maggio 2013, ha chiarito che l’articolo 1138, quarto comma, del Codice Civile impedisce qualsiasi modifica al regolamento che vada contro la normativa, inclusa quella che attribuisce all’assemblea dei condomini la facoltà di nominare l’amministratore e definire la durata del suo mandato. Di conseguenza, è considerata nulla una clausola che designi un soggetto specifico come amministratore per un periodo indefinito, sottraendo all’assemblea il suo diritto di scelta.

Inoltre, per quanto riguarda i termini per contestare le decisioni dell’assemblea, sono assolutamente invalide le clausole che stabiliscono termini inferiori a quelli previsti dall’articolo 1137 del Codice Civile. La Cassazione, con la sentenza 19714 del 21 settembre 2020, ha sancito che è nulla la clausola di un regolamento condominiale che prevede un termine di decadenza di quindici giorni per sollevare un’impugnazione giudiziaria contro le delibere dell’assemblea, dato che l’ultimo comma dell’articolo 1138 del Codice Civile vieta modifiche alle disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali stabilite dall’articolo 1137 del Codice Civile.

 
Pubblicato : 30 Novembre 2023 09:15