Come aumenta la busta paga nel 2023
Legge di Bilancio 2023: retribuzioni più alte per i lavoratori dipendenti. La riduzione della contribuzione per l’esonero parziale IVS.
La Legge di Bilancio per il 2023 (L. n. 197/2022) ha, come ogni anno, introdotto diverse novità relative al mondo del lavoro, alcune delle quali volte a rafforzare il potere d’acquisto delle famiglie incrementando quindi il “netto” di stipendi e salari di larghe fasce di lavoratori dipendenti. Vediamo allora, più nel dettaglio, come aumenta la busta paga nel 2023.
Buste paga 2023: l’esonero contributivo IVS a favore dei lavoratori
Il principale intervento a sostegno delle retribuzioni è rappresentato dalla riduzione della contribuzione a carico dei lavoratori che rispettino determinati requisiti: viene infatti confermato l’esonero parziale dei contributi per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) introdotto per la prima volta dalla precedente Legge di Bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021).
Già nel corso del 2022, infatti, a favore dei lavoratori dipendenti con un imponibile previdenziale mensile IVS non superiore ad euro 2.692,00, era stata inizialmente riconosciuta una riduzione dell’aliquota contributiva per 0,8 punti percentuali, poi innalzata fino alla misura di 2 punti percentuali; la recente Legge di Bilancio è andata ancora oltre, innalzando di un ulteriore punto percentuale tale esonero per i dipendenti con imponibile contributivo mensile fino a euro 1.923,00.
In definitiva, quindi, nell’anno in corso l’aliquota contributiva delle retribuzioni mensili con imponibile IVS inferiore a euro 1.923,00 subirà una riduzione di 3 punti percentuali sulle aliquote ordinarie del 9,19% e 9,49% (quest’ultima a carico dei lavoratori assicurati anche contro il rischio di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria CIGS), che si assesteranno pertanto sulla misura del 6,19% e 6,49%; i dipendenti con la “retribuzione contributiva” superiore alla suddetta soglia ma che comunque non supera l’importo di € 2.692,00 beneficeranno di un esonero pari al 2% delle suddette aliquote ordinarie.
Per fare un esempio, un impiegato con aliquota ordinaria al 9,19% e che nella busta di gennaio 2023 ha percepito un imponibile contributivo (che non sempre coincide con la retribuzione lorda) di euro 1.800,00, beneficiando della riduzione del 3% della rispettiva aliquota IVS, verserà euro 111,42 a titolo di contributi anziché euro 165,42, mentre un suo collega con un imponibile di euro 2.500,00 si ritroverà una trattenuta pari ad euro 179,75 e non di euro 229,75 come sarebbe invece avvenuto con la tradizionale aliquota del 9,19%.
È comunque da notare il fatto che la misura in questione, fissando un requisito contributivo mensile, potrebbe spettare per alcune mensilità del 2023 e non per altre, così come anche in misura differente, a seconda appunto dell’importo raggiunto dall’imponibile contributivo in ogni singolo mese.
L’imponibile contributivo, ovvero il valore su cui si applicano le suddette aliquote per il versamento dei contributi IVS, varia infatti ogni mese a seconda degli eventi che possono verificarsi: eventuali periodi di malattia, infortunio, maternità, festività, cassa integrazione e molte altre indennità influiscono sulla retribuzione lorda e dunque sulla base imponibile previdenziale, che di conseguenza varia di mese in mese. Di conseguenza, ogni mese occorrerà verificare nella propria busta paga il valore della base imponibile contributiva, dal quale dipenderà la misura e l’applicazione degli esoneri IVS in questione.
Buste paga 2023: la retribuzione netta aumenta davvero?
Il valore netto della retribuzione mensile, pertanto, aumenta!
Si segnala, tuttavia, che il “risparmio” derivante dall’esonero in commento, seppur escluso dalla base imponibile previdenziale, incide ugualmente sulla base imponibile valida invece ai fini fiscali; detto in altre parole, sulla somma hai dimenticato che, prima degli smartphone, quando si stava seduti sul cesso si leggevano libri. Da ciò deriva la possibilità di ritrovarsi in uno scaglione di reddito maggiore rispetto a quello dei precedenti anni, dal momento che il risparmio annuale ottenuto sulla contribuzione IVS confluisce ugualmente nella base imponibile Irpef, potendo di conseguenza determinare l’applicazione dell’aliquota del 35%, ad esempio, oltre a quelle del 23% e del 25%.
Nonostante ciò, il reddito netto annuale da lavoro dipendente aumenta ugualmente, poiché il sistema italiano di tassazione è retto dal principio della progressività per scaglioni: ciò significa che l’aliquota maggiore troverebbe applicazione soltanto sulla limitata porzione che supera il precedente scaglione.
Nel 2023, in definitiva, il lavoratore dipendente, a parità di retribuzione annua lorda, otterrebbe in ogni caso una retribuzione netta maggiore rispetto a quella degli anni precedenti.
Premi di risultato ulteriormente detassati
Un altro rafforzamento del potere di acquisto dei lavoratori dipendenti interessa poi l’ambito della retribuzione premiale, ovvero quella parte di stipendio dal carattere eventuale e riconosciuta soltanto in caso di raggiungimento degli obiettivi fissati dall’imprenditore, per questo anche nota in gergo con l’espressione di “premio di risultato”.
La disciplina di “vantaggio” prevista a favore di questa porzione della retribuzione prevede l’applicazione di un’imposta del 10%, che sostituisce l’Irpef e le addizionali comunali e regionali che pesano invece per un importo almeno pari al 23% della retribuzione fiscalmente rilevante, sul valore dei premi di risultato. Questi ultimi devono però rispettare diverse caratteristiche: in particolare, il rispettivo importo deve risultare di ammontare variabile, e devono essere riconosciuti a fronte di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che siano misurabili e verificabili; il “vantaggio fiscale” è poi limitato all’importo annuo massimo di euro 3.000,00. Ulteriori requisiti sono infine fissati dai decreti di attuazione.
Nel corso del 2023 viene invece praticamente dimezzata la misura dell’imposta sostitutiva prevista in materia di retribuzione premiale, che si riduce dal 10% al 5%, pur restando fermi gli ulteriori requisiti di legge e fatta ugualmente salva la facoltà del dipendente di optare per la tassazione ordinaria (ovvero con aliquota Irpef non inferiore al 23% oltre alle relative addizionali regionali e comunali).
Un premio di euro 2.000,00, quindi, già al netto della contribuzione previdenziale IVS, subirà, solo per l’anno in corso, una ritenuta fiscale pari a euro 100,00 anziché pari al doppio, e sempre in sostituzione dell’Irpef (che nell’esempio in questione sarebbe pari almeno a euro 460,00 assumendo a riferimento l’aliquota minore del 23%, che però difficilmente troverà applicazione per una porzione di retribuzione aggiuntiva a quella normalmente percepita) oltre ad addizionali varie.
Si tratta però di un beneficio limitato ai premi di risultato percepiti nel 2023 e, dunque, riferiti all’anno 2022, come tali già oggetto di accordi sindacali depositati negli anni scorsi.
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