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Colloqui con i detenuti: si possono fare in videochiamata?

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(@mariano-acquaviva)
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Quanti incontri con i familiari sono concessi a chi sta in carcere? Cos’è il carcere duro? È possibile sostituire il colloquio con un videocollegamento?

Anche chi si trova in carcere per aver commesso un reato conserva alcuni diritti fondamentali, come ad esempio quello ad avere periodici colloqui con i propri familiari e con quanti desiderino fargli visita. Tanto è chiaramente affermato sia dalla legge che dalla Carta dei diritti dei detenuti, la quale in effetti richiama ciò che stabilisce l’ordinamento giuridico. Con questo articolo ci soffermeremo su un aspetto in particolare: vedremo cioè se i colloqui con i detenuti si possono fare in videochiamata.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il problema, affrontando peraltro il caso particolare del condannato che si trova al 41-bis in regime di carcere duro. Vediamo qual è stato il parere della Suprema Corte.

Colloqui in carcere: come funzionano?

Chi si trova in carcere ha il diritto di avere colloqui con familiari e amici.

Per la precisione, la legge [1] dice che i colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo, a vista e non auditivo, del personale di custodia.

Ciò significa che le guardie possono guardare lo sviluppo del colloquio ma non ascoltare la conversazione, che resta quindi privata.

I locali destinati ai colloqui con i familiari sono collocati preferibilmente in prossimità dell’ingresso dell’istituto, così da evitare che l’ospite debba percorrere l’intero penitenziario per raggiungere la sala.

Ogni detenuto in regime ordinario ha diritto a sei colloqui al mese, ciascuno per un massimo di un’ora e con non più di 3 persone per volta.

Il detenuto ha pure diritto a colloqui telefonici con i familiari e conviventi, e in casi particolari (per accertati motivi) con persone diverse; tali colloqui sono concessi una volta a settimana per la durata massima di 10 minuti ciascuno, nonché al rientro in istituto dal permesso o dalla licenza.

Colloqui in videochiamata: sono ammessi?

Grazie allo sviluppo dei mezzi tecnologici e a causa della pandemia da Covid-19, la possibilità di ricorrere alle videochiamate in sostituzione dei colloqui in presenza è oramai pacificamente riconosciuta, nonostante un orientamento giurisprudenziale inizialmente contrario [2].

La svolta si è avuta con una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 2019 [3], con cui è stato ammesso, in via sperimentalmente e solo per il circuito della media sicurezza (cioè, per i detenuti “normali” ritenuti non particolarmente pericolosi), l’utilizzo della piattaforma Skype for business per l’esecuzione di videochiamate in sostituzione dei colloqui in presenza.

L’emergenza Covid ha poi spinto il legislatore a intervenire con un provvedimento [4] che, di fatto, ha esteso la possibilità di ricorrere alle videochiamate tutte le volte che lo richiedesse l’interessato o fosse indispensabile per la salvaguardia della salute.

Sulla scia di tali disposizioni, in numerose realtà penitenziarie è stato autorizzato, in alternativa rispetto all’utilizzo della piattaforma Skype for business, lo svolgimento di videochiamate mediante WhatsApp, talvolta attivato per mezzo di apparecchi di telefonia mobile acquistati dall’Amministrazione penitenziaria.

Allo stato attuale, quindi, possiamo affermare che i colloqui in videochiamata sono senz’altro ammessi, in sostituzione di quelli “in presenza”, purché il penitenziario abbia i mezzi per assicurare gli stessi (cellulari, computer o tablet, oltre ovviamente alla connessione internet), anche in ragione del numero dei detenuti.

Carcere duro: i colloqui si possono fare in videochiamata?

Le cose sono diverse per il cosiddetto “carcere duro” previsto per coloro che si sono macchiati di crimini particolarmente gravi (associazione per delinquere, violenza sessuale di gruppo, ecc.).

Si tratta di un regime carcerario particolarmente severo che, tra le altre cose, limita anche il diritto ai colloqui, i quali possono svolgersi solamente una volta al mese, con familiari o conviventi, in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti.

Ebbene, per i detenuti che si trovano in regime di carcere duro è prevista la possibilità di ricorrere alla videochiamata in sostituzione dell’unico colloquio mensile solo nei casi in cui sia assolutamente impossibile che l’incontro possa avvenire in presenza.

In altre parole, mentre i detenuti in regime ordinario possono sostituire i colloqui con le videochiamate ogni volta che lo chiedano e che sia consentito dalle tecnologie messe a disposizione del penitenziario, il videocollegamento per chi si trova al 41-bis rappresenta l’eccezione, giustificata solamente dal ricorrere di condizioni straordinarie che non consentono l’incontro in presenza, ad esempio in caso di malattia del detenuto o del visitatore, oppure per via dell’emergenza pandemica.

A tali conclusioni è giunta recentemente anche la Corte di Cassazione [5], secondo cui è possibile l’esecuzione dei colloqui periodici, telefonici o visivi, con strumenti di videocollegamento anche nei casi di detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41-bis, in presenza però di situazioni di fatto tali da integrare condizioni di impossibilità o di gravissima difficoltà a effettuare i colloqui con modalità regolamentari.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto quindi legittimo limitare il ricorso alle videochiamate solamente alle ipotesi in cui il familiare, non potendo raggiungere il penitenziario per via del temporaneo divieto di spostamento vigente durante l’emergenza pandemica da Covid-19, non aveva altro modo di relazionarsi con il detenuto se non ricorrendo agli strumenti di videocollegamento.

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Pubblicato : 3 Gennaio 2023 13:00