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Chi viene licenziato ha diritto al TFR?

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(@paolo-remer)
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Quando e come deve essere pagata la liquidazione al lavoratore licenziato: le regole per i dipendenti di ogni categoria.

Quando il rapporto di lavoro si interrompe definitivamente per iniziativa del datore, si parla di licenziamento. E questo può avvenire per diversi motivi, da quelli disciplinari a quelli economici. Nella maggior parte dei casi il provvedimento datoriale è giustificato e legittimo, ma c’è comunque una importante domanda domanda da porsi: chi viene licenziato ha diritto al Tfr?

Come funziona il Tfr

Com’è noto, il Tfr – acronimo di «Trattamento di fine rapporto», detto anche liquidazione o buonuscita – è una quota di retribuzione che non viene pagata immediatamente al lavoratore dipendente, bensì viene accantonata nel corso del tempo a cura del datore di lavoro. Questa somma viene riversata annualmente in un apposito fondo (che può anche essere scelto dal lavoratore stesso), ed è soggetta ad una periodica rivalutazione monetaria per mantenere la somma adeguata all’incremento del costo della vita.

Quindi dopo alcuni anni o decenni l’ammontare del Tfr diventa consistente, anche se lo stipendio era basso: ogni anno viene calcolata una quota pari all’importo della retribuzione annuale divisa per 13,5, cioè poco meno di una mensilità di paga all’anno.

Spetta il Tfr dopo il licenziamento?

Di solito si pensa al licenziamento – che è la risoluzione definitiva del rapporto di lavoro dipendente subordinato – come ad una punizione, perché le sue conseguenze sono drastiche e severe: comportano la perdita dell’impiego, salvi i casi di ricorso da cui emerge l’illegittimità del provvedimento datoriale e viene disposta la reintegra nel posto o l’indennità risarcitoria.

Il lavoratore, però, in qualsiasi ipotesi di licenziamento – anche legittimo – ha sempre diritto a ricevere il Tfr maturato, così come avviene quando dà le dimissioni volontarie. Il datore di lavoro ha l’obbligo di corrispondere il Tfr in tutti i casi di risoluzione del rapporto, e non può sollevare obiezioni a seconda dei tipi di licenziamento impartito.

Così il Tfr spetta in ogni ipotesi di licenziamento, compreso quello per “giusta causa”, cioè senza preavviso e in tronco.

Il Tfr spetta al lavoratore indipendentemente dal motivo di licenziamento.

L’articolo 2120 del Codice civile stabilisce espressamente e senza eccezioni che: «In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto». L’unica decurtazione possibile è quella prevista nei casi di avvenuta anticipazione di una quota del Tfr, perché quella somma è già stata ricevuta e dunque va detratta dall’importo finale del Tfr da versare al momento di risoluzione definitiva del rapporto di lavoro.

Come ottenere il Tfr se si è licenziati

Per ottenere il Tfr in caso di licenziamento non occorre presentare un’apposita richiesta o istanza: la corresponsione deve essere automatica, perché, come abbiamo detto, si tratta di un vero e proprio diritto acquisito dal lavoratore durante il periodo di svolgimento del rapporto.

Il datore di lavoro dovrebbe erogare la somma dovuta al lavoratore licenziato entro 30 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (data che, in caso di licenziamento con periodo di preavviso, potrebbe essere posteriore a quella della comunicazione di licenziamento). Alcuni contratti collettivi prevedono un termine diverso e maggiore di 30 giorni: per saperne di più sui vari casi, leggi “Tempi liquidazione Tfr per licenziamento”.

Cosa fare se l’azienda non paga il Tfr

Se l’azienda non provvede spontaneamente al pagamento dell’importo dovuto, l’ormai ex dipendente può inviare – personalmente o con l’assistenza del sindacato o di un avvocato di fiducia – una lettera di sollecito con diffida. A questo punto, se l’azienda non risponde o non paga entro i termini intimati, e comunque l’inadempimento si protrae per oltre 60 giorni, il lavoratore licenziato può rivolgersi in via amministrativa alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, o direttamente al giudice, per ottenere – con l’assistenza necessaria di un avvocato – l’emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento dell’importo dovuto (più interessi e spese di procedura), al quale il datore deve ottemperare entro 40 giorni e salva opposizione motivata da proporre al giudice.

In questo modo il datore di lavoro inadempiente sarà esposto alle procedure di esecuzione forzata e, in particolare, al pignoramento dei suoi beni. Anche l’accordo concluso presso la Direzione del lavoro ha valore di titolo esecutivo, quindi equivale a una sentenza e se non rispettato può fondare le procedure esecutive. Tieni presente che la richiesta di pagamento del Tfr non preclude affatto la possibilità di impugnare il licenziamento per illegittimità davanti al giudice del lavoro.

In caso di scelta della via giudiziaria, il lavoratore deve munirsi delle buste paga (l’ultima delle quali deve riportare l’ammontare del Tfr quantificato dal datore) e possibilmente di un calcolo esatto della somma dovuta, elaborato da un consulente del lavoro o da un commercialista. Questi documenti servono per dimostrare l’entità e la consistenza del credito relativo al Tfr spettante al lavoratore licenziato.

C’è anche la possibilità di chiedere il risarcimento degli eventuali danni causati dal ritardo, avviando un’apposita causa o proponendo la domanda nel giudizio instaurato con l’opposizione proposta dal datore avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti. Per ulteriori informazioni leggi “Come ottenere il Tfr dopo il licenziamento: tempi e modi”.

 
Pubblicato : 25 Dicembre 2023 10:00