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Cassa integrazione: si può chiedere il risarcimento?

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(@mariano-acquaviva)
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Il lavoratore posto illegittimamente in cassa integrazione guadagni può chiedere al datore il risarcimento per danno alla professionalità?

La cassa integrazione sostiene economicamente i dipendenti che sono stati sospesi oppure che hanno subito una riduzione dell’orario di lavoro. Si tratta di una misura volta ad aiutare i dipendenti allorquando le aziende per cui lavorano si trovano in difficoltà produttive. Con il presente articolo ci occuperemo di una questione specifica: vedremo cioè se il lavoratore messo in cassa integrazione può chiedere il risarcimento dei danni.

La questione può sembrare paradossale visto che, come detto, la cassa integrazione funge da sostegno economico a favore dei dipendenti; potrebbe però accadere che il datore utilizzo lo strumento della CIG (Cassa integrazione guadagni) in maniera illegittima, solo per non pagare lo stipendio – o una parte di esso – al proprio dipendente. Approfondiamo l’argomento.

Cos’è la cassa integrazione?

La cassa integrazione guadagni è un sussidio economico statale che sostituisce o integra la retribuzione; essa è destinata ai dipendenti sospesi dal lavoro oppure che operano con orario ridotto a causa di difficoltà produttive dell’azienda.

Tipologie di cassa integrazione

La durata e le caratteristiche della cassa integrazione varia a seconda delle categorie di lavoratori a cui si rivolge.

Per la precisione, la legge prevede tre tipologie:

  • la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), destinata alle aziende industriali non edili e alle aziende industriali ed artigiane dell’edilizia e del settore lapideo che sospendono o riducono l’attività aziendale a causa di eventi temporanei e transitori, quali ad esempio la mancanza di commesse o le avversità atmosferiche. Può essere concessa per 13 settimane, più eventuali proroghe fino a 12 mesi; in determinate aree territoriali il limite è elevato a 24 mesi;
  • la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS), prevista solo per le aziende con più di 15 dipendenti appartenenti a determinati settori. Se ne ha diritto per eventi straordinari che costringono alla sospensione dell’attività produttiva, come la ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale, per crisi aziendale di particolare rilevanza sociale e in caso di procedure concorsuali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, ecc.);
  • la cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD), destinata ai lavoratori (compresi apprendisti, interinali e lavoratori a domicilio) di imprese escluse dalla Cassa Integrazione Guadagni ordinaria e straordinaria. La durata massima è pari a 12 mesi e l’ammontare del trattamento economico può arrivare fino all’80% della retribuzione.

Chi viene messo in cassa integrazione può chiedere il risarcimento?

Secondo la Corte di Cassazione (ord. n. 10267 del 16 aprile 2024), l’illegittima collocazione del lavoratore in cassa integrazione e la conseguente inattività dello stesso arrecano al dipendente un danno alla professionalità che deve essere ristorato, anche in via equitativa.

Per la Suprema Corte, dunque, il lavoratore illegittimamente posto in CIG, oltre all’integrazione della retribuzione, ha diritto a vedersi riconosciuto un separato risarcimento per danno alla professionalità.

L’esistenza di detto danno deriva direttamente dalla inattività forzata, stante che l’impossibilità di svolgere la prestazione professionale crea una doppia lesione.

In particolare, secondo la Corte di Cassazione, una tale situazione, da un lato lede all’immagine professionale e, dall’altro, cagiona un impoverimento del patrimonio professionale, rendendo conseguentemente più difficile la ricollocabilità del dipendente sul mercato del lavoro.

Sempre la Corte di Cassazione ha stabilito (ord. n. 37021 del 16 dicembre 2022) che, nell’ipotesi in cui il datore scelga discrezionalmente i dipendenti da mettere in cassa integrazione e non ponga in essere un’adeguata rotazione, il lavoratore sospeso ha diritto al risarcimento del danno.

A parere della Suprema Corte, in ipotesi di ricorso alla cassa integrazione per esigenze tecnico-organizzative connesse a una riorganizzazione interna, il datore non può scegliere arbitrariamente i dipendenti che intende sospendere.

In particolare, al datore non è riservata alcuna discrezionalità nella scelta, dovendo seguire dei criteri predeterminati in base ai quali individuare i singoli soggetti da sospendere in ragione delle esigenze sottese alla richiesta di cassa integrazione.

Secondo i giudici di legittimità, laddove non venga rispettata detta prescrizione e non sia attuata la cosiddetta clausola di rotazione – obbligatoria nella sola cassa integrazione straordinaria – il dipendente sospeso ha sempre diritto a far valere la responsabilità risarcitoria del datore per l’inadempimento di tale dovere.

Per la Corte di Cassazione, il datore di lavoro è sempre tenuto al principio di non discriminazione, correttezza e buona fede, anche quando deve scegliere i dipendenti da mettere in cassa integrazione; quando viola i criteri da adottare, può essere condannato al pagamento del risarcimento dei danni.

 
Pubblicato : 31 Agosto 2024 11:15