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Cartella di pagamento mai ricevuta: cosa fare?

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(@paolo-remer)
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Come opporsi ad Agenzia Entrate Riscossione se manca la notifica o non c’è la prova; quando l’estratto di ruolo non basta per fare ricorso.

Sono piuttosto frequenti i casi di contribuenti che si accorgono di avere debiti con l’agente della riscossione nel momento in cui ricevono un’intimazione di pagamento, un preavviso di fermo, un’ipoteca o un pignoramento. Tutto questo avviene senza aver mai ricevuto la precedente, e obbligatoria, cartella esattoriale. Succede anche di scoprire, dall’estratto di ruolo di Agenzia Entrate Riscossione, di avere ulteriori morosità rispetto a quelle notificate. 

Se si scopre una cartella di pagamento mai ricevuta, cosa fare? In tutti questi casi, è possibile far ricorso al giudice per cancellare gli importi iscritti a ruolo ma che non erano stati correttamente comunicati mediante la notifica della cartella. A quel punto, spetterà all’esattore fornire la prova contraria: se il contribuente sostiene di non aver mai ricevuto quella cartella, l’agente di riscossione dovrà esibire gli originali degli avvisi di ricevimento postale, o la relazione di notifica del messo notificatore. 

Ma chi non è tecnico del settore avrà capito ben poco da queste brevi e sintetiche parole. Cerchiamo allora di fare il punto della situazione con una breve e semplice guida, in cui ti spieghiamo come comportarsi se non hai mai ricevuto la cartella esattoriale ma nonostante ciò stai subendo un’esecuzione forzata o comunque temi che l’agente di riscossione possa intraprenderla.

Qui di seguito ti spiegheremo entro quanto tempo agire, quali sono cioè i termini per fare ricorso, a quale autorità rivolgersi e, soprattutto, quali contestazioni sollevare per sgravare la propria posizione da un debito ignoto. Ma procediamo con ordine.

Avvisi e intimazioni di pagamento non preceduti dalla cartella

Prima di qualsiasi atto esecutivo, l’agente della riscossione (che, per i tributi dello Stato, è Agenzia Entrate Riscossione) deve notificare una cartella esattoriale che è il famoso «titolo esecutivo» che legittima il pignoramento. Con la parola titolo esecutivo si intende un documento ufficiale che certifica il credito, avente valore di prova certa.

In alcuni casi, però, al posto della cartella il contribuente riceve il cosiddetto avviso di presa in carico: questo succede quando l’Agenzia delle Entrate aveva precedentemente inviato un accertamento fiscale, che dal 2010 è immediatamente esecutivo, cioè è dotato della stessa efficacia della cartella. Quindi l’avviso di accertamento esecutivo basta da solo a fondare la pretesa di riscossione, senza necessità di farlo seguire anche dalla cartella.

L’avviso di presa in carico non è altro che una comunicazione con cui l’esattore informa il contribuente di aver ricevuto mandato a procedere nei suoi confronti per riscuotere gli importi ivi indicati. In questo modo, il debitore è messo nella condizione di poter pagare subito. Il pignoramento deve, però, essere avviato entro massimo un anno dalla notifica della cartella. Se scade questo termine, l’esattore deve inviare al contribuente un nuovo avviso: è la cosiddetta intimazione di pagamento. 

Può però succedere che il contribuente riceva solo l’intimazione di pagamento e non la cartella, magari perché quest’ultima non era mai partita oppure è stata notificata a un indirizzo sbagliato. Potrebbe anche succedere che il contribuente riceva un preavviso di fermo o di ipoteca o, addirittura, un atto di pignoramento senza aver, neanche in questo caso, ricevuto la precedente cartella.

In questi casi, il debitore può presentare opposizione al giudice (rispettivamente contro l’intimazione, il preavviso o il pignoramento) per far cancellare il debito. Solo così si libererà dalla pendenza, nel momento in cui il giudice annullerà l’atto impositivo, o di riscossione, che era basato sull’erroneo presupposto di una cartella in realtà mai notificata al debitore.

Termini di opposizione cartella di pagamento non ricevuta

Il termine di opposizione entro cui bisogna presentare ricorso al giudice avverso questi atti di intimazione di pagamento, preavviso di fermo o di ipoteca, o pignoramento è: 

  • 60 giorni contro intimazioni di pagamento e preavvisi riferiti a imposte, tasse e tributi di qualsiasi genere. Il ricorso va presentato alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (che ha sostituito la Commissione Tributaria Provinciale);
  • 40 giorni contro intimazioni di pagamento e preavvisi di iscrizione riferiti a contributi Inps e Inail. Il ricorso va presentato al tribunale ordinario, sezione Lavoro;
  • 30 giorni contro intimazioni di pagamento e preavvisi riferiti a sanzioni amministrative e multe stradali. Il ricorso va presentato al Giudice di Pace;
  • 20 giorni contro atti di pignoramento; il ricorso va presentato al giudice civile competente per l’esecuzione (mobiliare o immobiliare), ma, se si tratta di tributi e il contribuente sostiene di non aver ricevuto mai in precedenza alcun atto impositivo, la competenza è del giudice tributario, in quanto il pignoramento costituisce il primo atto con cui l’amministrazione finanziaria procede al recupero del proprio credito.

Estratto di ruolo in cui compaiono cartelle mai ricevute

La seconda ipotesi in cui può trovarsi il contribuente è quella di scoprire delle cartelle esattoriali a proprio carico dall’estratto di ruolo della propria posizione debitoria (è un documento che si può ottenere in qualsiasi momento dall’agente di riscossione, allo sportello o per via telematica). Ebbene, in questo caso fino al 2021 ci si può opporre, senza termini di decadenza, quindi il ricorso poteva essere presentato in qualsiasi momento, come aveva sancito anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 2015.

Poi tutto è cambiato: alla fine del 2021, una legge [1] ha espressamente stabilito che «l’estratto di ruolo non è impugnabile», salvo che nelle seguenti – e tassative – ipotesi, in cui rimane ancora possibile impugnare il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata:

  • quando il debitore che agisce in giudizio dimostra che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto;
  • quando l’iscrizione a ruolo impedisce il pagamento delle somme dovute al ricorrente da soggetti pubblici, in quanto le Pubbliche Amministrazioni non possono pagare se risultano debiti iscritti a ruolo per un ammontare superiore a 5.000 euro, e devono obbligatoriamente compiere questa verifica prima di liquidare la somma al loro creditore;
  • quando la presenza dell’iscrizione a ruolo e delle cartelle su cui l’iscrizione si fonda implicano la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione.

Se non si rientra in una di queste tre situazioni, il contribuente che si accorge dall’estratto di ruolo della presenza di cartelle mai notificate è costretto, in sostanza, a rimanere in stand by, perché non può più impugnare l’estratto di ruolo in sé, ma deve aspettare l’arrivo di uno dei successivi atti di riscossione esattoriale. A quel punto potrà far valere l’omessa notifica della cartella, e quindi l’assenza di un presupposto fondamentale per l’emanazione di questi atti successivi e conseguenti, che dovranno essere annullati.

Omessa notifica della cartella: come sollevare l’eccezione

Solo in tali ipotesi, quindi, presentando ricorso e sollevando dinanzi al giudice l’eccezione di omessa notifica della cartella menzionata nell’estratto di ruolo, in assenza di prova contraria da parte dell’amministrazione sulla corretta effettuazione della notifica stessa, si otterrà la cancellazione del debito. Facciamo un esempio concreto.

Un’impresa, prima di avviare la partecipazione ad un bando per un appalto pubblico, rileva dall’estratto di ruolo la sussistenza di debiti tributari e contributivi per cartelle che in realtà non erano mai state notificate, ma che adesso pregiudicano tale partecipazione. L’impresa non potrà impugnare l’estratto, bensì il ruolo e le relative cartelle, sollevando l’eccezione della loro omessa notifica. In caso di urgenza, ad esempio in prossimità dei termini di scadenza del bando, l’impresa potrà richiedere al giudice la sospensiva, cioè la sospensione provvisoria dell’atto impugnato, per evitare un danno grave e irreparabile.

Prima di fare ricorso è possibile anche presentare una istanza in autotutela da indirizzare sia all’esattore che all’ente titolare del credito. Attenzione però: laddove siano previsti dei termini per il deposito del ricorso (v. sopra), l’istanza in autotutela non li sospende. Poiché l’amministrazione non è obbligata a rispondere all’istanza del contribuente, quest’ultimo dovrà far attenzione a non far scadere i termini per l’azione giudiziale. Diversamente, rimarrà sprovvisto di ogni difesa.

Come si fornisce la prova della notifica della cartella

Una volta che il contribuente decide di fare ricorso, a questi spetterà sollevare semplicemente l’eccezione di omessa notifica. Spetta, invece, all’esattore fornire la prova contraria. In particolare, l’agente della riscossione è tenuto a provare la notifica della cartella mediante produzione dei relativi documenti: nel caso di notifica con raccomandata, il relativo avviso di ricevimento oppure, nel caso di notifica tramite il messo comunale, attraverso la cosiddetta «relazione di notifica».

Ciò vale anche se sono trascorsi più di cinque anni dall’adempimento: infatti esiste una norma [2] che obbliga l’esattore a conservare per cinque anni le matrici delle notifiche, ma ciò solo per rispondere alla domanda del contribuente che ne chieda l’esibizione dinanzi all’ufficio. Se, però, la documentazione è necessaria per vincere l’eccezione processuale, non esistono limiti di tempo. In buona sostanza, non esistono termini massimi per la produzione delle ricevute di notifica se devono essere esibite dinanzi al giudice.

Anche secondo la Cassazione [3] il concessionario è comunque tenuto, indipendentemente dal suddetto obbligo di conservazione nel quinquennio, a fornire in giudizio la prova della notificazione della cartella. Del resto, è precipuo interesse dell’esattore conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi nel quinquennio e in presenza di rapporti giuridici non definiti, la copia della cartella oltre cinque anni per tutto il periodo in cui il credito non sia stato recuperato in modo da conservarne prova documentale ostensibile. 

Approfondimenti

Per ulteriori informazioni, leggi “Come cancellare una cartella esattoriale mai ricevuta“.

 
Pubblicato : 14 Aprile 2023 17:16