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Caduta su marciapiede sconnesso: risarcimento

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(@paolo-remer)
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Come ottenere il pagamento dei danni dall’Ente proprietario della strada pubblica; cosa bisogna provare in giudizio; quando la colpa è anche del pedone.

Molte strade italiane hanno una pessima manutenzione: ci sono buche, avvallamenti, crepe, tombini traballanti, griglie rotte, sconnessioni varie. Questo succede anche sui marciapiedi destinati al passaggio dei pedoni. Inciampare e cadere è facile. Occorre fare attenzione camminando, ma a volte la cautela non basta, se il pericolo è poco visibile. E cadendo ci si possono procurare serie lesioni personali, come fratture di gambe o braccia e distorsioni agli arti. Così in caso di caduta su marciapiede sconnesso, si pone il problema del risarcimento dei danni: vediamo a chi chiederlo e come ottenerlo.

I giudici si occupano spesso di queste vicende e ci sono sentenze che spiegano quando e perché la responsabilità della caduta deve essere attribuita all’Amministrazione pubblica, che dovrebbe provvedere alla cura ed alla manutenzione della strada, ad esempio, i Comuni per le strade cittadine. In altri casi, invece, i giudici negano il risarcimento, o ne riducono l’ammontare, quando c’è una condotta “colpevole” dell’infortunato, che per vari motivi ha contribuito al verificarsi dell’evento di danno, e dunque non va indennizzato in misura piena.

Risarcimento del pedone caduto: gli ostacoli

Ti diciamo subito che la negligenza del pedone può limitare o addirittura escludere il risarcimento. Spesso gli Enti proprietari delle strade fanno leva proprio su questo aspetto: contestano le richieste risarcitorie dei danneggiati sostenendo un loro difetto di attenzione e, dunque, attribuendo la colpa proprio al malcapitato che cadendo si è infortunato.

In parole povere, li rimproverano di non aver badato a dove hanno messo i piedi. E questo avviene specialmente se conoscevano il tratto di strada percorso, ad esempio perché abitano nelle vicinanze: dovevano essere a conoscenza della presenza di buche e sconnessioni del marciapiede, e se se ne sono dimenticati è colpa loro.

Quando c’è risarcimento per la caduta

Il problema per il pedone che cade e si infortuna è che, il più delle volte, il pericolo che lo ha fatto inciampare e cadere a terra non è visibile a chi percorre la strada: una buca anche piccola può essere profonda oppure coperta da fogliame o rifiuti gettati a terra; le asperità del marciapiede possono essere nascoste da una scarsa illuminazione nelle ore serali e notturne; la sconnessione può diventare percepibile – e dannosa – solo quando ci si mette un piede sopra.

La Cassazione [1] ha esaminato il caso di una donna che era inciampata in una mattonella sconnessa situata di fronte al Pronto Soccorso di un ospedale. I giudici di merito le avevano negato il risarcimento: non aveva provato che quell’insidia non fosse visibile e non era stata «diligente», bensì imprudente. La Cassazione ha, invece, accolto il suo ricorso: l’Asl dovrà risarcirla di tutti i danni provocati dalla caduta. Vediamo perché e quali sono i principi applicati alla vicenda e da tenere in considerazione in casi simili di caduta su marciapiede sconnesso per ottenere il risarcimento dei danni.

La responsabilità del Comune

L’articolo 2051 del Codice civile stabilisce così la responsabilità dell’Ente proprietario – per le strade urbane, il Comune – e anche del diverso soggetto gestore che viene incaricato della manutenzione delle strade (ad esempio, la ditta convenzionata per le riparazioni): «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».

Il principio generale è, quindi, quello secondo cui l’Ente proprietario del tratto di strada ove è avvenuta la caduta è responsabile dei danni provocati dalla cattiva o inadeguata manutenzione del marciapiede, perché è tenuto a custodirlo con diligenza e prudenza, prevenendo ed evitando il sorgere di situazioni di pericolo ed eliminando quelle già in essere.

Conservazione in buono stato, manutenzione, pulizia e avvisi in caso di pericolo, anche con l’eventuale transennamento dei punti rovinati in attesa della loro riparazione, sono obblighi del custode delle strade. Se non vengono rispettati, sorge la responsabilità risarcitoria per tutti i danni causati da buche stradali e sconnessioni del marciapiede, salvo il caso fortuito che fra poco esamineremo.

Caduta da marciapiede: come si dimostra il danno

La vittima di una caduta sul marciapiede deve dimostrare il fatto storico accaduto, cioè come avvenuta la caduta, e il danno subito, quindi deve spiegare qual è stato l’infortunio e quali sono le lesioni personali conseguenti.

Il danneggiato per farsi risarcire deve quindi esporre e ricostruire la dinamica – meglio se documentandola con foto, filmati di telecamere e testimoni che hanno assistito alla scena, o sono intervenuti subito dopo per prestare i soccorsi – e le lesioni riportate, producendo i referti medici che attestano l’inabilità temporanea o l’invalidità permanente e la documentazione delle spese sostenute per farmaci e cure riabilitative. Leggi anche come chiedere ed ottenere il risarcimento dei danni da caduta su marciapiede.

Quando il Comune non paga i danni

Il custode della strada e del marciapiede può esimersi dalla responsabilità solo se dimostra che il sinistro è avvenuto per caso fortuito, cioè per un motivo eccezionale e imprevedibile, come la condotta incauta, distratta o negligente del pedone che è inciampato ed è caduto a terra. Ad esempio, pensa a chi cammina sbadato guardando lo smartphone anziché la strada, o a chi corre sul marciapiede con uno skateboard.

L’incidente è considerato evitabile quando con ogni probabilità non sarebbe accaduto usando l’ordinaria diligenza: quando si percorre a piedi una strada pubblica occorre prestare sempre la necessaria attenzione. Se poi il pericolo era anche ben visibile e prevedibile, questo gioca contro il danneggiato: sarà più facile al proprietario della strada dimostrare che c’è stata scarsa diligenza, imprudenza o disattenzione del pedone.

Quando il Comune o il diverso Ente pubblico custode del tratto di strada interessato riesce a dimostrare ciò, otterrà la prova liberatoria e non sarà tenuto a risarcire il danno perché avrà spezzato il nesso di causa-effetto tra il marciapiede che ha in custodia e il danno occorso all’infortunato: la colpa della caduta è attribuibile al pedone incauto. Facciamo un esempio.

Marco esce di casa e va a scuola a piedi. Conosce bene la strada perché la fa tutti i giorni, ma stavolta la percorre distratto, perché sta facendo una videochiamata. Così non vede uno sbalzo di livello del marciapiede. Inciampa, cade e si infortuna al ginocchio, alla testa e al polso. La lesione più seria è una brutta slogatura con 25 giorni di prognosi. Però anche se il marciapiede era rotto niente risarcimento per Marco: il Comune non è responsabile, perché l’infortunio è stato causato esclusivamente dalla sua disattenzione.

Come essere risarciti per la caduta

Nel caso della donna caduta su un marciapiede davanti al Pronto Soccorso la Cassazione ha applicato questi criteri ed ha affermato che il caso fortuito non ricorre quando c’è soltanto un contributo di colpa della vittima che è stata incauta o disattenta e, dunque, negligente nel percorrere la strada: per escludere il risarcimento, occorre anche che quella condotta risulti così imprevedibile ed eccezionale da interrompere il nesso di causalità tra il marciapiede e il danno che la caduta ha prodotto.

Spieghiamolo meglio. Occorre chiedersi: la caduta sarebbe avvenuta se il marciapiede fosse stato regolare e ben mantenuto? Probabilmente no, ma questo non è ancora sufficiente per dire sì al risarcimento. Bisogna valutare la condotta del pedone: qui non conta tanto il fatto che la sconnessione del marciapiede fosse «insidiosa», cioè costituisse un pericolo nascosto, e che ciò risultasse percepibile ed evitabile dal danneggiato se fosse stato più attento; per escludere la responsabilità di chi ha il marciapiede in custodia occorre un’azione della vittima tale da integrare il caso fortuito e cioè – spiega il Collegio – «imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata».

Questo criterio aumenta parecchio la possibilità di essere risarciti. Di recente la Cassazione [4] ha ribadito il concetto, con riferimento al caso di un pedone caduto in una buca: il caso fortuito, essendo una prova liberatoria, va dimostrato da chi lo invoca, quindi, nel caso delle strade urbane, dal Comune. Solo così può esimersi dalla sua responsabilità risarcitoria per la violazione degli obblighi di custodia e tenuta del manto stradale – marciapiedi compresi – in buone condizioni.

Gino corre su un marciapiede a bordo del suo skateboard. Improvvisamente la ruota si incastra in una fessura del marciapiede, fuori livello di pochi centimetri rispetto al pavimento circostante. Gino viene sbalzato a terra e si infortuna gravemente. La sua azione è stata imprevedibile, eccezionale ed inconsueta; perciò sussiste il caso fortuito che esclude il risarcimento da parte del Comune proprietario della strada.

Risarcimento danni per caduta su marciapiede: quando spetta

Abbiamo visto che il custode della strada è esente da responsabilità risarcitoria soltanto quando la vittima ha tenuto una condotta negligente e tale da risultare imprevedibile. Perciò, la Cassazione [1] ha ritenuto che la caduta della donna in corrispondenza della sconnessione del marciapiede non fosse imprevedibile (è anzi un evento comune, tale da rientrare nel fatto notorio) e neppure imprevenibile, in quanto il custode avrebbe potuto «rimuovere il dislivello o, almeno, segnalarlo adeguatamente».

Ecco, dunque, quali sono stati gli obblighi violati dal Comune in qualità di custode della strada: non aver rimosso il pericolo, senza nemmeno segnalarlo ai pedoni. Così, la Suprema Corte ha ribaltato il verdetto della Corte d’Appello e ha riconosciuto l’Asl responsabile dei danni arrecati alla vittima dal marciapiede che aveva in custodia e avrebbe dovuto meglio manutenere.

Quando il risarcimento è ridotto

Ti ricordiamo che il concorso di colpa del danneggiato può rilevare ai fini della riduzione dell’ammontare dei danni risarcibili [3] in proporzione alla gravità della colpa stessa, da accertare in giudizio: quanto maggiore risulterà la percentuale di colpa, tanto minore sarà l’importo liquidato.

Quindi, il criterio della colpa – che come abbiamo visto non è da solo sufficiente ad escludere il caso fortuito e, dunque, la responsabilità risarcitoria dell’Ente proprietario – torna in vita quando si tratta di stabilire in concreto l’ammontare dei danni spettante alla persona che è caduta sul marciapiede.

Leggi anche: “Risarcimento danni caduta marciapiede: ultime sentenze“.

 
Pubblicato : 27 Maggio 2023 12:39