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Bocciato il salario minimo: le soluzioni per difendere lo stipendio

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(@angelo-greco)
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L’opposizione al Governo critica duramente la decisione di respingere la proposta del salario minimo legale, esprimendo preoccupazione per i lavoratori.

La questione del salario minimo legale, un tema centrale nel dibattito sulle condizioni lavorative in Italia, ha recentemente scatenato un acceso confronto a Montecitorio. La decisione del Parlamento dirigettare la proposta di introdurre un salario minimo legale di 9 euro l’ora ha suscitato forti reazioni da parte dell’opposizione.

Il voto contrario

Nonostante l’ampio sostegno delle opposizioni, la Camera ha respinto l’iniziativa di introdurre un salario minimo. La proposta, supportata da partiti come PD, M5s, Verdi/Sinistra, Più Europa, e Azione di Carlo Calenda, mirava a stabilire un parametro di retribuzione oraria minima. Tuttavia, Italia Viva di Matteo Renzi non ha aderito a questa visione.

Le reazioni all’opposizione al Governo non si sono fatte attendere. Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, ha etichettato la decisione come un “atto di pirateria politica”. Anche la segretaria del PD, Elly Schlein, ha espresso forte critica, collegando l’evento allo scenario politico guidato da Giorgia Meloni.

L’alternativa del centrodestra

In alternativa al salario minimo, l’emendamento del centrodestra, che affida al governo il compito di tradurre in legge il principio della “retribuzione equa” basato sul rafforzamento della contrattazione collettiva. Questa scelta ha ricevuto il supporto di “saggi” del Cnel.

In particolare oggi, la Camera voterà due deleghe al Governo, da esercitarsi entro sei mesi.

Nella prima delega c’è l’individuazione, per ciascuna categoria, dei contratti collettivi più applicati – in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti – prevedendo che «il trattamento economico complessivo minimo del contratto più applicato sia la condizione economica minima da riconoscere a tutti i lavoratori nella stessa categoria». I trattamenti economici di questi contratti andranno estesi ai «lavoratori non raggiunti da alcuna contrattazione collettiva, applicando il contratto della categoria più affine».

Con la seconda delega si prevede l’emanazione da parte del governo di uno o più decreti legislativi per «perfezionare la disciplina dei controlli e sviluppare un’informazione pubblica e trasparente in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva».

Il ruolo della Cassazione

Di fatto il salario minimo in Italia è garantito dai minimi sindacali previsti dai contratti collettivi nazionali seppure, a volte, sono proprio questi a prevedere stipendi da fame. Per questo è scesa in campo la Cassazione con diverse sentenze in cui è stato affermato che il giudice può disapplicare il CCNL laddove preveda un salario minimo troppo basso, in constato con il principio di adeguatezza previsto dall’art. 36 Costituzione.  Se guardiamo alle recenti sentenze della Corte di Cassazione, in particolare alla sentenza n. 28320/2023 e alla n. 27711/2023 scopriamo un trend interpretativo secondo cui il giudice può sindacare la retribuzione minima stabilita da un CCNL e ritenerla inadeguata. Questo, basandosi sul principio costituzionale sancito dall’articolo 36 che garantisce una retribuzione “sufficiente” e “proporzionata”. Il giudice del lavoro, se ravvede una retribuzione eccessivamente bassa, anche se prevista dal CCNL, può intervenire e adeguare la somma percepita alle esigenze primarie del prestatore. Non è possibile, ad esempio – precisa la Cassazione (sentenza n. 28320/23) pagare 5,49 euro l’ora a chi svolge (peraltro) lavoro notturno perché si tratta si una somma ai limiti della soglia di povertà.

 
Pubblicato : 6 Dicembre 2023 06:45