Azienda familiare: escamotage per pagare meno tasse
Tutti i vantaggi fiscali dell’impresa familiare: come il reddito si divide tra i membri in modo da abbassare scaglioni ed aliquote Irpef e realizzare un risparmio d’imposta.
La corretta pianificazione fiscale passa innanzitutto attraverso la scelta del regime d’impresa migliore in relazione alla situazione del contribuente (o della compagine, se si tratta di impresa esercitata in forma collettiva e societaria) ed alla natura dell’attività esercitata. Tra le varie opzioni disponibili c’è anche quella – spesso ingiustamente tralasciata – dell’azienda familiare, che offre diversi escamotage per pagare meno tasse, tutti perfettamente legittimi: infatti il regime fiscale è più favorevole grazie alla presenza di diverse agevolazioni ed incentivi per i membri della famiglia che decidono di avviare un’attività imprenditoriale insieme in questa forma, anziché costituire una società o assumere alcuni parenti come lavoratori dipendenti.
Azienda familiare: cos’è e com’è composta
L’azienda familiare è nata nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia, che ha introdotto l’art. 230 bis del Codice civile in favore di chi «presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare», e perciò «partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essa, nonché agli incrementi dell’azienda, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato».
I membri dell’azienda familiare si qualificano come collaboratori, non dipendenti e nemmeno soci, in quanto questa tipologia costituisce una “terza via” tra il lavoro dipendente subordinato e la partecipazione nelle società: chi fa parte dell’impresa familiare non può essere né socio né dipendente di essa.
Possono fare parte dell’azienda familiare (che, di norma, viene iscritta nel Registro delle imprese in forma di ditta individuale) il coniuge del titolare, i suoi parenti entro il terzo grado (quindi i figli o discendenti, i fratelli, gli zii e nipoti, i nonni e bisnonni) e gli affini entro il secondo (suoceri, cognati, generi, nuore): è una cerchia familiare piuttosto “vicina”, che esclude i parenti meno stretti ed anche quelli che cessano di esserlo, come nel caso di divorzio.
Azienda familiare: come si pagano meno tasse
Il primo vantaggio fiscale dell’azienda familiare è la possibilità di suddividere il reddito tra il titolare ed i suoi collaboratori: precisamente, al primo spetta non meno del 51% dell’ammontare complessivo prodotto dall’attività, mentre a tutti gli altri può essere imputato «per trasparenza» fino al 49% del reddito rimanente, commisurato alla rispettiva quota di partecipazione agli utili [1].
È evidente che, “giocando” entro i limiti consentiti da queste quote di ripartizione, i vari membri dell’azienda familiare possono ottenere un notevole risparmio d’imposta, grazie al noto meccanismo degli scaglioni Irpef che prevede aliquote crescenti e progressive all’aumentare del reddito: ripartendolo fra più persone, la tassazione sarà notevolmente inferiore. Facciamo un esempio con un calcolo.
Se un’azienda familiare ha guadagnato 200mila euro in un anno, e il 49% di tale cifra (poco meno di 100mila euro) viene diviso fra 5 parenti e collaboratori nell’impresa al 20% ciascuno, l’Irpef da pagare sarà, al massimo, del 23% per ognuno sulla propria quota di imputazione dei redditi, mentre l’intero ammontare, se non fosse così ripartito, sarebbe soggetto all’aliquota del 43% per la parte eccedente i 50mila euro. Quindi così facendo si risparmiano quasi 20mila euro di tasse in un anno.
Azienda familiare: come si suddivide il reddito
Per ottenere questo risultato, però, le quote di attribuzione dei redditi ai vari componenti dell’impresa familiare non possono essere stabilite a posteriori, ma devono risultare in partenza, dall’atto costitutivo dell’impresa familiare, o da una scrittura privata autenticata e con data certa antecedente all’inizio dell’anno di imposta considerato.
In ogni caso, nell’attribuzione delle quote di partecipazione nell’azienda familiare – che vanno indicate ogni anno nella dichiarazione dei redditi – va rispettata la proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato da ciascun collaboratore, come dispone la norma del Codice civile che abbiamo esaminato; e l’apporto fornito deve essere anche prevalente rispetto ad altre eventuali attività lavorative autonomamente svolte dai membri dell’azienda familiare.
Mentre i redditi, come abbiamo visto, si ripartiscono, le eventuali perdite di esercizio dell’attività esercitata in forma di azienda familiare rimangono sempre imputabili al titolare, che risponde illimitatamente con il proprio patrimonio di tutte le obbligazioni assunte, e non si estendono ai collaboratori, che quindi non potranno dedurle o detrarle.
Azienda familiare: come risparmiare sui contributi
Una conseguenza diretta del frazionamento dei redditi dell’azienda familiare tra il titolare ed i collaboratori è la possibilità di risparmiare sui contributi previdenziali da versare all’Inps: il titolare ne beneficia soprattutto quando la suddivisione con i collaboratori si avvicina ai massimi (dunque al 49%) e a lui rimane da pagare soltanto poco più della metà di quanto avrebbe dovuto versare se non avesse avuto la collaborazione dei familiari nell’impresa in base alle rispettive quote di partecipazione.
Attualmente, però, questo vantaggio è attenuato dalla previsione di un minimale fisso di contributi previdenziali che gli artigiani ed i commercianti sono tenuti a versare ogni anno, in base a soglie prestabilite e inderogabili. In altri settori, invece, i collaboratori dell’azienda familiare possono fruire dell’esenzione contributiva prevista per le prestazioni di natura occasionale, se non superano il limite di 90 giorni di lavoro nell’anno e comunque di 720 ore [2].
Rimane fermo in ogni caso l’obbligo di iscrizione dei familiari collaboratori all’assicurazione Inail, tranne nel caso di prestazioni sporadiche e meramente «accidentali», che non superano le 10 giornate lavorative complessive nell’anno [3].
Azienda familiare: chi ottiene i maggiori vantaggi fiscali?
L’effetto combinato dei vantaggi fiscali e contributivi che abbiamo esaminato fa sì che l’azienda familiare conviene di più a chi ritrae da essa redditi medio-alti, ed è in grado di inserire nella compagine quanti più parenti ed affini possibili (zii, suoceri, nipoti, cognati, nonni, ecc.) tra i quali potrà frazionare gli utili prodotti in modo da abbattere le rispettive aliquote Irpef.
Viceversa, la convenienza dell’azienda familiare è minima nel caso di guadagni annui bassi (orientativamente, al di sotto dei 50mila euro complessivi), e viene meno del tutto per coloro che rientrano nella no tax area, ossia beneficiano già in partenza della completa esenzione fiscale per redditi non superiori ad 8.500 euro annui a persona.
Azienda familiare in regime forfettario: quale convenienza?
Tieni presente che anche l’impresa familiare può rientrare nel regime forfettario, se ne ricorrono i presupposti (dal 1° gennaio 2023 la soglia di ricavi e compensi è stata elevata da 65mila ad 85mila euro annui): è quindi possibile ottenere l’applicazione dell’imposta sostitutiva, una flat tax ad aliquota del 15%, che scende al 5% nei primi 5 anni di attività. Anche qui c’è un risparmio fiscale notevole rispetto al regime ordinario, che parte con una tassazione ad aliquota del 23% ed arriva sino al 43% per la parte di reddito superiore a 50mila euro annui.
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