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Assegno mantenimento: vale il reddito lordo o netto?

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(@paolo-remer)
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Come si calcola il vero reddito dell’obbligato a pagare l’ex coniuge? Si prende a riferimento la cifra prima o dopo le trattenute fiscali? Ecco la soluzione.

Dal 2023 è diventato possibile presentare un’unica domanda di separazione e divorzio insieme, per accelerare i tempi e ridurre i costi della procedura. Alla domanda bisogna allegare sempre le dichiarazioni dei redditi di entrambi i coniugi negli ultimi 3 anni: la capacità reddituale delle parti è determinante per stabilire l’entità e l’importo dell’assegno di mantenimento, che di solito viene riconosciuto al coniuge meno abbiente e va versato con periodicità mensile dal coniuge più “ricco”. Ma in questo fondamentale calcolo vale il reddito lordo o il netto?

È molto importante saperlo, perché la differenza tra le due cifre è notevole: mediamente, almeno un terzo dell’importo annuale se ne va in Irpef e relative addizionali (regionale e comunale). Le aliquote Irpef crescono progressivamente rispetto al reddito. Ad esempio, la parte di reddito eccedente i 50mila euro annui subisce un prelievo fiscale del 43%. I lavoratori dipendenti subiscono le trattenute in busta paga, quindi vedono soltanto la cifra netta, mentre gli autonomi, così come gli imprenditori  e i commercianti, devono versare da sé gli acconti e i saldi d’imposta. In entrambi i casi, l’importo che si percepisce in concreto è molto più basso rispetto al lordo, che quando si fanno i conti in tasca appare soltanto una cifra figurativa.

Ma le ex mogli non vogliono sentire ragioni e non gli importa molto quanto gli ex mariti pagano di tasse: vogliono che l’assegno di mantenimento venga determinato in base al reddito lordo annuo complessivo. Però calcolarlo in questo modo significherebbe pagare almeno un terzo in più e così impoverire eccessivamente il coniuge obbligato. Prima di litigare senza raggiungere un accordo e arrivare davanti al giudice con questa divergenza, è bene sapere subito se per l’assegno di mantenimento vale il reddito lordo o il netto.

La Cassazione si è occupata di questi aspetti ed ha fissato importanti principi, ma non sono gli stessi in caso di separazione e di divorzio: c’è una profonda differenza di regime tra i due casi.

Assegno di mantenimento: quando spetta 

L’assegno di mantenimento stabilito a seguito della separazione coniugale e l’assegno che lo sostituisce quando arriva il divorzio sono profondamente diversi e ciò non dipende soltanto dal momento in cui vengono decretati. La differenza, cioè, non è solo formale, ma sostanziale: cambia del tutto il metodo di determinazione della cifra e, prima ancora, la spettanza dell’emolumento stesso.

La Cassazione, con due fondamentali sentenze [1] emanate tra il 2017 e il 2018, ha detto addio assegno di mantenimento a chi può mantenersi da solo: nella separazione coniugale, ai fini della determinazione dell’assegno, non rileva la semplice differenza di reddito tra i due ex coniugi, che è solo un presupposto, ma conta il fatto che il richiedente non sia in grado di procurarsi un proprio reddito e che ciò avvenga per cause incolpevoli, come una malattia invalidante o l’età avanzata.

Così, ad esempio, niente assegno all’ex moglie se è in grado di lavorare; altrimenti otterrebbe una rendita parassitaria, per il solo fatto di essersi separata. Ma se l’assegno spetta, l’importo dovrà garantire al beneficiario un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Perciò, durante la separazione, i redditi ed il patrimonio dell’obbligato incidono molto nella determinazione dell’ammontare dell’assegno.

Quando finisce il mantenimento

C’è da dire che, con la nuova possibilità di proporre nello stesso ricorso la domanda di separazione e quella di divorzio (leggi qui come fare), la durata dell’assegno di mantenimento spettante al coniuge che non è in grado di sostentarsi autonomamente è destinata a ridursi parecchio: 6 mesi nella separazione consensuale e un anno per quella giudiziale, dopodiché interviene il divorzio e  le regole cambiano.

Quando si giunge al momento del divorzio il criterio del mantenimento del precedente tenore di vita non vale più: è necessario soltanto garantire l’autosufficienza economica del coniuge più debole, cioè di colui, o colei, che non ha la capacità di mantenersi da sé senza il sostegno dell’ex partner. E ciò avviene a prescindere dalla maggiore ricchezza di chi deve erogare l’assegno divorzile (a meno che il beneficiario non dimostri di aver contribuito, con il suo apporto nel corso degli anni, all’accrescimento patrimoniale del partner, nel qual caso l’assegno divorzile gli spetta a compensazione dei sacrifici fatti nel corso degli anni rinunciando alla propria autorealizzazione personale).

Dunque il coniuge che vuole beneficiare dell’assegno divorzile dovrà dimostrare, come afferma la Cassazione, l’inadeguatezza dei propri mezzi economici o «l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive», ma non potrà più basarsi, come avveniva in fase di separazione, sulla sproporzione tra i rispettivi redditi per ottenere un importo maggiore o per mantenere la cifra del precedente assegno di mantenimento.

Quando l’importo del mantenimento può cambiare

Con la riforma del 2023, le parti che intendono separarsi e divorziare devono illustrare subito le loro rispettive condizioni economiche e patrimoniali, in modo da mettere il giudice in condizione di stabilire la cifra dovuta per il mantenimento dell’ex coniuge economicamente più debole.

Però in seguito a tale decisione le cose potrebbero cambiare: pensiamo a un ex marito obbligato a versare l’assegno che perde il lavoro, o a una ex moglie che intraprende una nuova relazione o ottiene una cospicua eredità. In tali situazioni, la valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti (che potrebbero essere migliorate, o peggiorate, per uno dei due ex partner o per entrambi) avrà sicuramente rilievo per un’eventuale modifica dell’importo, o anche per l’annullamento dell’assegno precedentemente stabilito, se sono sopravvenuti rilevanti fatti nuovi rispetto alla determinazione originaria dell’importo (per approfondire leggi “Riduzione assegno mantenimento: quando“).

Come si calcola il mantenimento in base al reddito

Con una recente pronuncia, la Cassazione [2] è intervenuta sul metodo di calcolo dell’assegno di mantenimento in base al reddito del coniuge tenuto a versarlo, ed ha affermato che l’importo va calcolato in base al suo reddito netto, non a quello lordo. Ma attenzione: questo criterio vale solo per il mantenimento del coniuge separato, mentre per la determinazione dell’assegno divorzile rileva soltanto, come abbiamo detto poco fa, la comparazione delle condizioni economiche delle parti.

L’assegno di mantenimento è parametrato al reddito netto

La Suprema Corte è perentoria: «la valutazione delle capacità economiche del coniuge obbligato, ai fini del riconoscimento della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge, deve essere operata sul reddito netto e non già su quello lordo», poiché è fermo il principio – dettato dal buon senso, prima che dalle norme giuridiche – secondo il quale «in costanza di matrimonio la famiglia fa affidamento sul reddito netto e ad esso rapporta ogni possibilità di spesa».

Per l’assegno di divorzio, invece, non vale lo stesso criterio: per la Cassazione l’adeguatezza dei redditi, che rileva ai fini della conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, è «un parametro estraneo alla fissazione dell’assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa». Qui rileva , dunque, «unicamente la comparazione tra le rispettive condizioni economiche delle parti», cioè vanno presi in considerazione molti elementi in più rispetto al reddito, lordo o netto, attribuito e percepito in busta paga. Si pensi, ad esempio, al valore economico che può avere l’assegnazione della casa coniugale, che incide sul mantenimento in quanto fa risparmiare parecchio al beneficiario dell’abitazione, che spesso vi permane molti anni.

Conclusioni

In definitiva, nella separazione coniugale per determinare l’importo dell’assegno di mantenimento si prende a riferimento il reddito netto, in quanto conta il budget su cui, durante il matrimonio, si rapportavano tutte le spese familiari della coppia; nel divorzio, invece, va comparata a livello più ampio – e ben oltre il valore reddito annuo, lordo o netto che sia – la complessiva situazione economica e patrimoniale attuale delle due parti, ormai definitivamente divise, e perciò ci sono molti elementi in più da considerare.

Per altre informazioni leggi anche l’articolo “Quanto devo pagare di mantenimento?“.

 
Pubblicato : 31 Ottobre 2023 17:17