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Assegno di mantenimento all’ex moglie laureata

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(@raffaella-mari)
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Ha diritto all’assegno di mantenimento la donna con un titolo professionale ma lontana dal mercato del lavoro: la sentenza della Cassazione.

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un’ex moglie, laureata in giurisprudenza ma lontana dal mercato del lavoro per anni, a percepire un assegno di mantenimento mensile. Nonostante l’opposizione dell’ex marito e il titolo di studio della donna, i giudici hanno ritenuto palese la posizione di debolezza economica dell’ex moglie e le scarse possibilità di trovare un’occupazione. In questo articolo, analizzeremo la sentenza [1] e i motivi alla base della decisione in base alla quale spetta l’assegno di mantenimento all’ex moglie laureata. Ma procediamo con ordine.

I principi e le regole generali sul mantenimento

Un tempo, chi voleva ottenere gli alimenti in seguito a una separazione o al divorzio doveva semplicemente dimostrare la disparità di reddito con l’ex coniuge. Tale requisito, pur continuando ad essere necessario, oggi non è più sufficiente. A seguito della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione del 2018 [2], l’assegno di mantenimento può essere riconosciuto solo a patto di dimostrare di non essere in grado di mantenersi da solo per ragioni indipendenti dalla propria volontà come una disabilità, uno stato di disoccupazione unito all’età avanzata ma soprattutto il fatto di aver sacrificato le proprie ambizioni lavorative per dedicarsi alla famiglia così consentendo all’ex coniuge di concentrarsi sul lavoro (e, in ragione di ciò, incrementare il proprio patrimonio). Quest’ultima decisione, tipica della casalinga (anche “part-time”) deve comunque essere condivisa con il coniuge. La donna che non voglia lavorare per una scelta propria non ha diritto al mantenimento; vi ha diritto invece se tale decisione è stata assunta di comune accordo col marito. 

Detto con altre parole della stessa Cassazione [3], l’assegno divorzile spetta solo se si prova di non avere sufficienti mezzi di sostentamento oltre l’impossibilità di procurarseli.

La situazione dell’ex moglie disoccupata ma laureata

La giurisprudenza ha quindi rivalutato il concetto di potenzialità reddituale ossia capacità di rendersi autonomi: quando sussiste tale capacità, anche l’ex coniuge disoccupato non può rivendicare il mantenimento. E difatti – afferma la Cassazione – il matrimonio non è una “assicurazione a vita”: sicché, se si è nella possibilità di lavorare bisogna farlo, anche a costo di accettare offerte non in linea con le proprie ambizioni. 

Non pochi giudici peraltro hanno escluso il diritto al mantenimento per la moglie titolare già di un contratto di lavoro part-time potendo chiedere la conversione del contratto in full-time.

Torniamo ora alla vicenda analizzata dalla Cassazione.

Durante gli anni del matrimonio, la donna si è dedicata alla famiglia e alla gestione amministrativa dell’attività professionale del marito. Dopo la separazione, ha conseguito una laurea in giurisprudenza, ma secondo i giudici, questo titolo di studio non è sufficiente per mettere in discussione la sua scarsa solidità economica e le ridotte opportunità di lavoro. La donna è anche proprietaria di due unità immobiliari, ma una è la sua abitazione e l’altra non produce reddito.

L’opposizione dell’ex marito

L’uomo ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’ex moglie si sia colpevolmente posta in una situazione di precarietà economica. Ha affermato che la scelta di non lavorare era legata a scelte personali e non a esigenze della famiglia e che i parametri patrimoniali della donna sono legati quasi esclusivamente alla sua scelta di non esercitare alcuna professione.

La sentenza della Cassazione

I giudici di Cassazione hanno respinto le osservazioni dell’uomo, confermando il diritto dell’ex moglie a percepire un assegno divorzile di 1.400 euro al mese. Hanno ritenuto che la donna abbia fornito giustificazioni adeguate per l’assenza di una sua attività lavorativa e che la sua incapacità lavorativa sia incolpevole.

L’importanza delle scelte coniugali condivise

Un elemento chiave della sentenza è il riferimento alle scelte coniugali condivise tra i due ex coniugi. Durante il matrimonio, i coniugi avevano deciso insieme che la moglie si occupasse della gestione familiare e di alcune incombenze di supporto all’attività professionale del marito. Questo ha contribuito alla formazione del patrimonio comune e, secondo i giudici, giustifica la necessità di un assegno divorzile.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione conferma l’importanza di considerare le scelte coniugali condivise e i sacrifici fatti da un coniuge per il bene della famiglia al momento di stabilire un assegno di mantenimento. In questo caso, nonostante il titolo di studio dell’ex moglie e le osservazioni dell’ex marito, i giudici hanno ritenuto che la posizione di debolezza economica della donna e le scarse

 
Pubblicato : 22 Marzo 2023 10:00