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Amministratore di fatto: cosa rischia?

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(@paolo-remer)
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 La responsabilità civile e penale di colui che effettivamente gestisca la società è la stessa di colui che ha il ruolo di amministratore ufficiale ma in realtà è solo un prestanome.

Prestanome, testa di paglia, uomo di legno: burattini a parte, a grandi linee tutti sanno chi è il “parafulmine” che svolge il ruolo di amministratore senza esserlo davvero, mentre in realtà chi comanda è un diverso soggetto, cioè l’amministratore di fatto. Il vero problema sorge quando si tratta di attribuirgli le sue responsabilità civili e penali, ad esempio per appropriazioni indebite, frodi commerciali o illeciti fiscali. Cosa rischia l’amministratore di fatto, visto che non è lui l’organo che ricopre formalmente la carica?

Amministratore di fatto: il fenomeno

In una situazione fisiologica e perfettamente legale la figura dell’amministratore di diritto coincide con quella dell’amministratore di fatto: è il medesimo soggetto, legittimamente nominato dall’assemblea dei soci, che in forza dell’incarico ricevuto si occupa di amministrare la società in tutti i suoi vari aspetti: stipulare contratti, eseguire i pagamenti, elaborare le strategie produttive e di sviluppo commerciale e così via (tenendo presente che nelle aziende di maggiori dimensioni spesso non opera un amministratore unico, bensì un consiglio di amministrazione).

Invece in molte società che operano al di fuori degli schemi legali si crea volutamente un’artificiosa scissione tra l’amministratore formale – colui che appare come tale, e risulta presente nel Registro delle imprese – e l’amministratore di fatto: questo soggetto non compare ufficialmente (potremmo dire che “sta dietro”), ma in realtà è colui che decide tutto ciò che conta nell’azienda e dunque ha effettivamente in mano le redini della gestione.

Chi opera nel mondo imprenditoriale e commerciale sa bene che spesse volte la società con cui ha a che fare è “intestata” ad un certo soggetto, ma in realtà “appartiene” ad un altro, che è il suo vero titolare e proprietario. Ed è con lui che bisogna trattare e fare i conti. Quindi sia i dipendenti, sia i fornitori, sia i clienti ed anche gli estranei che possono entrare casualmente in contatto con l’impresa (ad esempio, per un risarcimento danni) devono sapere come comportarsi in tali casi.

Amministratore di fatto: chi è?

Dagli elementi che ti abbiamo anticipato risulta evidente che l’amministratore di fatto ha un essenziale ruolo ombra: è il soggetto che non ha ricevuto un incarico ufficiale, ma nonostante ciò gestisce effettivamente la società, al posto dell’amministratore di diritto – il prestanome di cui parlavamo all’inizio – e che ha soltanto un ruolo formale: tutte le decisioni importanti vengono prese dall’amministratore di fatto, e poi ratificate dal prestanome che figura nella carica.

Amministratore di fatto: quali responsabilità ha?

Una volta accertata la presenza in una società di un amministratore di fatto, egli risponde di tutte le sue condotte (azioni ed omissioni) al pari dell’amministratore di diritto e insieme ad esso, salvi i soli casi di violazioni specifiche commesse da ciascuno.

Questa responsabilità dell’amministratore di fatto gli viene attribuita direttamente dalla legge [1], sia nei confronti dei soci e della società stessa, sia verso i creditori sociali ed i terzi. L’art. 2392 del Codice civile dispone che «gli amministratori» – che vengono menzionati semplicemente come tali, quindi senza distinzione tra coloro che lo sono diritto e coloro che operano di fatto – «sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri».

I successivi articoli del Codice civile [2] precisano l’analoga responsabilità degli amministratori – anche quelli di fatto, come abbiamo appena visto – nei confronti dei soci, dei creditori sociali e dei terzi: tutti hanno diritto ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalle condotte illecite compiute dagli amministratori, di diritto o di fatto che siano.

Amministratore di fatto: come riconoscerlo?

La giurisprudenza più recente, per individuare in quali casi ricorre la figura dell’amministratore di fatto e si ravvisa la sua conseguente responsabilità, adotta un criterio sostanziale, che è senza dubbio preferibile, avendo la società per prima violato il criterio formale, quando ha deciso di comunicare ufficialmente l’affidamento dell’amministrazione a un soggetto che è soltanto un mero prestanome.

L’ultima sentenza della Corte di Cassazione sull’argomento [3] riconosce la qualità di amministratore di fatto a chi risulta avere concreti poteri direttivi e di gestione della società, nonché un ruolo di controllo dell’operato degli altri soggetti formalmente coinvolti nell’amministrazione.

Questo significa che non bisogna tanto provare lo svuotamento dei poteri dell’amministratore di diritto, cioè del prestanome, quanto dimostrare l’ampiezza e l’incidenza delle attività svolte dall’amministratore di fatto. In sostanza, chi si ingerisce nella gestione della società senza avere un valido titolo giuridico per farlo – e, in particolare, non essendo stato eletto dall’assemblea dei soci per ricoprire tale carica – diventa automaticamente responsabile di tutte le violazioni commesse nell’ambito dell’attività di amministrazione effettivamente esercitata, insieme a colui che figura come amministratore di diritto.

Amministratore di fatto: gli indici rivelatori

La nuova sentenza della Cassazione [2] individua anche alcuni indici rivelatori, in presenza dei quali si può ravvisare la presenza di un amministratore di fatto. Sono i seguenti:

  • la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria (che, come abbiamo detto, è il requisito essenziale);
  • la presenza di una società che viene «eterodiretta» da soggetti che non rivestono la qualifica dei suoi amministratori di diritto (spesso ciò avviene anche in sinergia con costoro, che non si oppongono alle ingerenze altrui);
  • la «generalizzata identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi»: potremmo dire che è amministratore di fatto colui che viene riconosciuto come tale da chi è inserito nella società o ha rapporti con essa;
  • l’intervento nella «declinazione delle strategie d’impresa e nelle fasi nevralgiche dell’ente economico»: in ciò si manifesta il tenere il timone, o le redini, dell’azienda, in modo da governarla per farle perseguire determinati scopi.

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Pubblicato : 15 Novembre 2022 15:30